VIAGGI LETTERARI
La pianura è uno spazio aperto, che attira gente dalle zone montuose e collinari, ma che è anche proteso verso i lontani orizzonti, che fa avvertire, con le sue strade rettilinee, il bisogno o la tentazione della fuga, della ricerca di qualcosa di nuovo o di meglio.
Il Tavoliere delle Puglie, per estensione la seconda pianura d’Italia, è sempre stato una zona di passaggio, una terra attraversata per secoli dai tratturi che la collegavano con l’Abruzzo, spostando ciclicamente uomini ed animali, fino alle leggi ottocentesche che hanno cambiato il volto della zona.
Il nuovo mondo sarà segnato da scontri, lotte e tensioni e il fenomeno dell’emigrazione culminerà nell’esodo del secondo dopoguerra verso le città industriali del Nord, che ha trasformato i braccianti in operai. La rapida distruzione della civiltà contadina lasciava il passo ad un mondo più agiato, ma anche più complesso e povero di riferimenti ideali.
Nel Novecento la pianura acquisterà un peso sempre maggiore, rispetto alle altre parti della provincia, condannate ad una lunga decadenza, e un nuovo mezzo di comunicazione diventerà un punto di riferimento obbligato, amato o odiato, desiderato o temuto: il treno.
Il mostro di ferro conduce ovviamente al Nord, al di sopra della Puglia, ma talvolta favorisce anche l’incontro di gente appartenente a realtà diverse, con la sua capacità e il suo desiderio di integrarsi o, al contrario, con il suo distacco che trasforma il treno che scende in una sorta di condanna.
C’è spesso un convoglio che parte o che arriva, che resta fisso nella memoria, quando per la prima volta contiene le proverbiali valigie di cartone dell’emigrante o, al contrario, i libri dell’intellettuale costretto ad insegnare al Sud, dove ci sono i leoni e il sole picchia forte.
E la partenza porta fatalmente con sé il ritorno, che può concretizzarsi in occasioni memorabili, destinate a rimanere un unicum, o ricorrenti. Ogni uomo reagisce a suo modo e non sempre è facile capire, tanto meno giudicare; se poi si tratta di intellettuali e di scrittori, che sono, sia ben chiaro, il punto focale della nostra analisi, fatalmente il quadro si complica.
In questa sezione del nostro libro abbiamo voluto unire, sotto il titolo comune di Viaggi letterari, cinque brani in prosa, che presentano un nesso tematico, rappresentato dal tema del viaggio, che mette in relazione il protagonista con il mondo della pianura e con i suoi abitanti.
Le opere esemplificano, con un notevole risultato letterario, casi diversi, a partire da quello del politico forestiero, campano, per la precisione, che viene a visitare due centri della pianura per congedarsi definitivamente da essi, dopo nove anni di rappresentanza politica.
Stiamo parlando, ovviamente, di Francesco De Sanctis, il celebre autore della Storia della letteratura italiana, che dal 1866 al 1875 è il deputato del collegio che gravita intorno a San Severo e che nell’ultimo capitolo del Viaggio elettorale racconta il momento del congedo definitivo.
Una pagina ricca di significato, che chiude il fortunato libro edito nel 1876.
Con il secondo brano siamo in pieno Novecento, intorno al 1930. Mario Carli, l’ormai noto futurista, è nato a San Severo, nei pressi della stazione, da un padre ferroviere romagnolo e da una madre di Conversano. Ha il viaggio nel sangue. Sanseverese per caso, resta pochi anni, poi percorre altrove le tappe della sua carriera giornalistica e letteraria.
Il brano, che abbiamo chiamato In viaggio per la Capitanata, ricostruisce il suo ritorno nella città natale, nel 1930, che resterà isolato. E’ un abbraccio momentaneo, ma gioioso, pieno di ammirazione e di complimenti.
Restando negli anni Trenta, ci imbattiamo nel racconto, del tutto inedito, di Umberto Fraccacreta, uno scrittore finora conosciuto solo per le sue opere in versi, che gli valsero a suo tempo l’appellativo di poeta del Tavoliere.
Egli è il pugliese che si ritrova a vivere nella sua terra nativa, ma è anche amante dei viaggi e possiede dei vasti orizzonti mentali, agli antipodi del provincialismo.
Ne Le inseparabili ci parla di un treno che porta in un centro della pianura un capotreno laziale e sua figlia Maria, che si legherà di amicizia con una coetanea del luogo, dando mostra, però, di un carattere e di comportamenti che la distingueranno nell’ambito della comunità.
Con Un treno, un paese, di Vittorio Marchese, arriviamo agli anni Sessanta. Al centro della narrazione c’è il ritorno ricorrente del protagonista, che ha lasciato la provincia per la città, nel luogo dei propri affetti e delle proprie memorie, alla ricerca delle proprie radici.
Si tratta di pagine dominate da un vivo amore per il luogo natale, in cui tutto assume una valenza simbolica, dando, nel contempo, voce alle impressioni e ai sentimenti di tanti altri uomini, ritrovatisi, per i motivi più disparati, a vivere altrove, che non hanno mai dimenticato il luogo dove hanno aperto gli occhi sul mondo e che attendono ancora, in modo più o meno consapevole, qualcosa.
Infine, il racconto Sud, apparso in una silloge di qualche anno fa, di Emanuele Italia. Nato a Camerino ma trasferitosi per motivi di lavoro in Puglia, dov’è rimasto anche dopo la pensione, egli ci mostra il risvolto dell’estraneità, della difficoltà di calarsi in un contesto dominato da usi e tradizioni che sembrano lontanissimi dai propri, almeno al primo impatto; questa distanza con il mondo della pianura, però, diventa la manifestazione di una più generale crisi in cui si dibatte l’uomo moderno.
Il nesso tematico unisce, dunque, cinque opere ben diverse, che riflettono posizioni e comportamenti a volte antitetici, e comunque vari, così come diversi sono tra sé gli autori, che abbiamo presentato disponendoli in ordine cronologico. Ma in tutti e cinque i lavori ritroviamo una fertile vena letteraria, scorgiamo il frutto di un’ispirazione e di una perizia artistica che si sono posati su di una pianura e di un paese, per lo più non apertamente nominati, che ci sono familiari, anzi, appartengono alla nostra anima.