"I GRANDI ITALIANI D'AMERICA" DI JOSEPH TUSIANI        

 

         E’ stato pubblicato di recente, in edizione non venale, un interessante lavoro di Joseph Tusiani, intitolato “I grandi italiani d’America” (a cura di Cosma Siani, Edizioni Lampyris, Castelluccio dei Sauri, pp. 138).  

         Tusiani è un nome troppo noto, specie nella nostra regione, per avvertire la necessità di spendere molte parole di presentazione. Ci basta ricordare che è nato nel 1924 a San Marco in Lamis, dove ritorna puntualmente ogni anno, e che nel secondo dopoguerra si è trasferito negli Stati Uniti, dove ha a lungo insegnato nelle università del Nuovo Mondo.

         Nell’ambito della sua produzione occupa un ruolo centrale l’attività di traduttore, che lo ha reso un prezioso mediatore tra la grande cultura italiana e i potenziali fruitori statunitensi. In questo ruolo di mediatore e divulgatore si inserisce alla perfezione anche il lavoro da poco edito, per la prima volta, grazie all’impegno del Centro Studi Diomede di Castelluccio dei Sauri e al contributo economico della Regione Puglia.     

         La storia di questo libro ci viene raccontata, nella prefazione, da un altro nome di spicco dell’intellettualità garganica, Cosma Siani, docente universitario e autore di molte pubblicazioni. Siani, tra l’altro, è considerato il massimo studioso di Tusiani, al quale ha dedicato negli anni vari scritti. Di qui la puntuale conoscenza dell’argomento, che spicca nella prefazione, “Tusiani dall’emigrazione all’etnicità”, nella quale si delinea con precisione anche il contesto storico e sociale nel quale nasce il libro.

         Siamo negli anni Settanta del secolo scorso, e precisamente nel 1976, quando gli studi etnici italoamericani conoscono un positivo sviluppo. L’America è stata un sogno per tanti italiani, ma anche una condanna e un purgatorio, se non persino un inferno, viste le discriminazioni e le difficoltà incontrate. Gli italiani, è bene ricordarlo, erano considerati inferiori persino ai cinesi, che già occupavano una poco invidiabile posizione nella scala sociale, e la marcia per la conquista della dignità fu lunga e dura.

         Negli anni Settanta, pertanto, mancava ancora una chiara consapevolezza del ruolo svolto dagli italiani a favore degli States, e Tusiani coglie al balzo la possibilità di presentare, dagli schermi di “Canale 47”, una rete televisiva italiana allora esistente a New York, dei brevi ma pregnanti ritratti di italoamericani che si sono distinti nei diversi ambiti. I ritratti andati in onda, in brevi trasmissioni di 10 minuti l’una, furono 14 e tra coloro che lessero i testi di Tusiani ci fu anche Luciano Pavarotti, che si occupò, non a caso, di Enrico Caruso.

         Ma lo scrittore di San Marco in Lamis mise insieme un numero ben più alto di schede, con l’intento di pubblicarle. L’appuntamento con la stampa, però, venne rimandato di ben 35 anni, fino a quando, per l’appunto, il libro è stato mandato in libreria con l’impeccabile cura di Siani.

         Ecco, dunque, i 47 ritratti che si leggono in “I grandi italiani d’America”. Si tratta di nomi eccellenti, da Cristoforo Colombo a Rodolfo Valentino, da Joe Petrosino a Fiorello La Guardia, ma in altri casi si tratta di personaggi noti solo agli addetti ai lavori, che rappresentano una piacevole scoperta per il lettore.

         Tusiani si rivolge soprattutto ai suoi connazionali, esortandoli ad abbandonare certi inutili complessi d’inferiorità, per sviluppare, al contrario, l’orgoglio di chi ha ottenuto delle preziose opportunità dagli abitanti del Nuovo Mondo, ma ha dato anche molto in cambio. Il bilancio, dunque, si può chiudere almeno in parità.
         Le singole schede, per quanto brevi, non si risolvono in un semplice elenco di fatti e date. L’autore infatti pone non di rado l’accento su qualche dettaglio, su qualche particolare illuminante, lamentando spesso le discriminazioni subite da questi suoi illustri connazionali, che la storiografia ufficiale statunitense ha spesso oscurato, giungendo persino al punto di nascondere le loro origini italiane.

         Emblematico, tra gli altri, ci sembra il caso del fiorentino Antonio Meucci, il padre del telefono, che venne defraudato della sua scoperta da Alexander Grahan Bell. Ancor oggi negli States ritengono comunemente che questa gloria spetti a Bell, anche se ci sono stati alcuni pronunciamenti ufficiali a favore di Meucci, classica figura di italiano fantasioso e avventuroso, geniale e insieme abituato a convivere con la povertà.

         Italiani di valore, insomma, ce ne furono a iosa, pronti anche a morire per lottare contro la mafia, come il celebre Joe Petrosino.

         Questi contributi, nel complesso, rivelano delle finalità divulgative che negli anni Settanta erano molto utili, ma anche oggi, in verità, la loro lettura appare interessante e gradevole, permettendo a quanti ignorano del tutto questo aspetto dell’operosità italiana di farsi un’idea di massima. Per chi vuole approfondire il tema, poi, non mancano dei suggerimenti bibliografici, che completano quest’album di famiglia sospeso tra Italia e Nuovo Mondo, un incontro fertile figlio di quel grande genovese che nel lontano 1492 rivoluzionò la conoscenza del nostro pianeta.

        

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