LIBRI DI STORIA "TRUCCATI"

QUANTE BUGIE SULL'UNITA' D'ITALIA!

          

           I testi di storia che propongono una lettura delle vicende del Risorgimento e dell’Unità d’Italia ben diversa rispetto a quella solita, retorica ed agiografica, stanno diventando sempre più numerosi. Interi scaffali di libreria ospitano i volumi che danno delle contro-letture di tali eventi, raccontando storie di violenze e di ferocia, di saccheggi e di soprusi. Sono libri che hanno un apprezzabile successo, come anche i convegni dedicati a questi argomenti, spesso affollati di gente che esce sbalordita, dopo aver appreso verità scomode e inquietanti, emerse con fatica dall’oblio del tempo.

            La verità si sta facendo pian piano strada, e questa volta non sarà facile fermarla. Ma quanto di queste scomode rivelazioni arriva sui libri di scuola, sui testi che utilizzano ogni giorno i nostri studenti? La risposta è facile: quasi nulla.

            Questi volumi rappresentano un monumento alla storia imbalsamata e scritta dai vincitori, piegata a fini che non è esagerato definire ignobili. Tutti pensosi e adamantini, i nostri padri del Risorgimento, da Vittorio Emanuele a Cavour, anche se quando parlavano del meridione usavano espressioni irriferibili. I sudisti, poi, sono tutti irriconoscenti e ignoranti, ingrati, nel loro non accettare il grande dono dell’unità. Ma il vero problema non è l’unità, quanto invece il modo in cui è stata fatta e realizzata, facendo pagare un prezzo altissimo proprio agli ex sudditi del Regno delle Due Sicilie.

            Nella casta degli storici regna sovrano il conformismo, specie tra quelli accademici, che temono di sporcare la propria reputazione parlando del massacro di Pontelandolfo o del forte di Fenestrelle, in provincia di Torino. Non è un caso, del resto, se molti di questi volumi di contro-lettura sono opera di storici appassionati, ma non di professione. Gli storici ufficiali, invece, non hanno tempo per queste quisquilie e sfornano manuali e lavori che sembrano fatti con la carta copiativa, riduttivi e mediocri. Quando poi sono chiamati in causa direttamente, liquidano le questioni con una sconcertante sufficienza. Eppure i documenti si stanno accumulando, le tessere del mosaico che si voleva far scomparire stanno riaffiorando in gran quantità, dunque non è più tempo di censure e di squallidi silenzi.

            Sarebbe il caso che parlando di storia, questa materia così importante e insieme così inutile, gli addetti ai lavori lasciassero da parte le loro interessate cautele, i loro supini conformismi, i loro interessi di bottega, per alzare finalmente il velo su fatti di centocinquant’anni fa. Nessuno vuole giocare allo sfascio, ma l’idea della minorità del Sud, che sembra diventata quasi un assioma per molti, compresi tanti meridionali, è il frutto di un processo iniziato proprio nel 1860, quando Garibaldi viene dalle nostre parti a porre termine al più grande stato dell’Italia dell’epoca. Un evento traumatico, che ha prodotto delle notevoli conseguenze, iniziando una discussione, quella della questione meridionale, che si trascina stancamente ancora oggi, anzi, oggi viene persino subordinata a quella settentrionale.

            E i fatti denunciati da tanti studiosi meridionali, i libri di Alianello, le cronache dei massacri, le storie di massiccia emigrazione, che hanno fiaccato una zona che andava dalla Sicilia all’Abruzzo? La nostra storia è ricca di pagine lasciate in bianco o rimosse. Qualcuno pensava che la censura fosse limitata solo a vicende più recenti nel tempo; ed invece i tentacoli dei censori vanno ancora più a fondo, coinvolgendo la nostra esistenza quotidiana. Tutto nasce da lì. E i libri ufficiali di storia farebbero bene ad adeguarsi. Meglio tardi che mai.

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