A CINQUE ANNI DALLA SCOMPARSA DI PASQUALE SOCCIO
QUANDO I LIBRI PARLANO PER L’UOMO
Sono passati ormai cinque anni da quel giorno di febbraio in cui Pasquale Soccio ha fisicamente lasciato la scena di questo mondo, a 94 anni. Era un evento ampiamente preventivato, che ha posto termine ad un’operosa e lunga giornata esistenziale.
Dopo la sua scomparsa si è parlato a lungo delle sue opere e del suo magistero culturale, con delle rievocazioni che in alcuni casi sono state meticolose e puntuali, oltre che preziose.
Oggi, nell’anno di grazia 2006, al di là delle celebrazioni di prassi, non possiamo esimerci dal rispondere ad una domanda che ci sembra rilevante: esiste un posto dove lo spirito del preside Soccio si avverte con particolare forza? C’è un luogo materiale dove tutto parla con forza di lui? C’è il liceo Bonghi di Lucera, certo, dove ha trascorso tanti anni, c’è la sua casa di Foggia, dove accoglieva amici ed intellettuali, ma c’è un luogo che ci sembra ancor più legato alla memoria di Soccio: ci riferiamo all’ampia sala inclusa nel complesso della Biblioteca comunale di San Marco in Lamis.
E’ qui che lo spirito del preside si avverte più che mai vivo, e tale resterà ancora a lungo, a dispetto dell’inesorabile avvicendarsi degli uomini sulla scena del mondo, e il motivo è presto detto: qui sono stati portati i libri del preside.
Per molti i libri sono degli inutili soprammobili, degli oggetti voluminosi e fastidiosi, di cui liberarsi appena possibile. I tomi finiscono così nei garage, negli scantinati, talvolta vengono persino regalati o venduti a prezzi simbolici, pur di liberarsene. Pochi, purtroppo, si rendono conto che i libri sono una proiezione della persona, quasi una parte di sé, una sorta di protesi che in alcuni casi riesce a sopravvivere persino alla scomparsa del proprietario. E questo è sicuramente il caso di Pasquale Soccio, che con la sua perspicacia ha guardato lontano, facendo sì che i suoi testi fossero raccolti e ordinati, in modo da rimanere uno strumento a disposizione del prossimo.
Oggi quei libri, in avanzato stato di catalogazione, grazie ad un apposito progetto, e prossimi alla fruizione diretta, come abbiamo ricordato in altre occasioni, parlano a tutti dell’amore per la cultura del Nostro, della sua passione, della sua precisione.
Davanti a questi tomi i tanti che hanno avuto il piacere di conoscerlo non potranno non ricordare con quanto zelo egli abbia raccolto volumi filosofici, storici, letterari, persino scientifici, coprendo un ampio spettro di interessi.
Nella nostra epoca le basi della conoscenza sono sempre più fragili, malgrado l’apparenza. Molti studiosi non hanno alcuna confidenza con gli strumenti fondamentali, con i testi sacri della disciplina, per non parlare delle riviste. I più si fermano ai manuali, ai riassunti, ma se si osserva la libreria di Soccio ci si imbatte in collane di classici, in enciclopedie, in summe, in repertori critici, che si affiancano ai tanti testi specialistici, alle prime raccolte di opere poetiche, ad esempio, ai volumi che rispondono alle mille curiosità culturali dell’uomo.
Ci sono, insomma, tutti i ferri del mestiere della vecchia, solida cultura umanistica, forse elitaria nel suo orgoglio, ma animata da un profondo amore per la conoscenza. Mostrare ai giovani quegli scaffali ricchi di opere ponderose e mirate è un’esperienza che vale più di molte ore di lezione: è un modo per sottolineare il valore del metodo, della tenacia, della passione.
Quei volumi non cessano di insegnare qualcosa anche a noi, ricordandoci l’esistenza di qualche sussidio ancora di grande importanza o, più in generale, additandoci l’esempio di una fede nella civiltà del libro che continua ad avere un suo immutato fascino.
I libri parlano, non c’è che dire, anche senza aprirli, e raccontano tutto del loro proprietario. Se poi si tratta di uno scrittore, non c’è modo migliore per penetrare nello spirito dei suoi lavori che osservare la sua biblioteca. Qualche anno fa ci è capitato di studiare il Fondo Fraccacreta, conservato nella biblioteca di San Severo, che racchiude i volumi del poeta Umberto e dei suoi familiari.
Quei testi, quasi cinquemila, raccontano la storia di una famiglia dotta, che amava sinceramente la conoscenza, senza fronzoli e sfarzi. Non ci sono libri d’antiquariato, ma in compenso sono presenti tanti volumi che rivelano la frequentazione delle letterature moderne e classiche, gustate nelle lingue originali. I testi in tedesco si accompagnano naturalmente a quelli in latino, e chi legge le poesie di Umberto non può non tenerne conto.
Lo stesso avviene per la biblioteca di Pasquale Soccio. Chi si confronta con i saggi filosofici o storici del preside non può dimenticarsi dei tanti volumi presenti negli scaffali della sua libreria, tutti studiati e assimilati, benché conservati con cura, e lo stesso vale per le pagine di Gargano segreto, che sembrano offrire al lettore il succo di tante opere di autori locali e non, di figli devoti della Puglia e di viaggiatori forestieri.
Il gusto del dettaglio e della citazione dotta, poi, trova un altro chiaro riflesso nella gran mole di documenti cartacei che si affianca ai volumi. Si tratta, ad esempio, di ritagli di giornale che conservano un articolo che aveva particolarmente colpito il preside, di notizie erudite su luoghi e personaggi, di recensioni su testi che Soccio aveva letto o aveva in animo di consultare. Tutto questo materiale, accuratamente conservato, è alla base di certe precisazioni, di certe distinzioni fatte con un gusto sicuro, di alcune note ingegnose ed accurate.
Per questo motivo, dunque, è la biblioteca dove sono conservati i suoi testi il luogo dove oggi, anno di grazia 2006, bisogna recarsi per ritrovare con maggiore intensità lo spirito di Pasquale Soccio, di questo personaggio così tipicamente umanistico e insieme così complesso, che ha saputo diventare un punto di riferimento per la cultura della nostra terra, a dispetto del passare del tempo e delle mode.