LE NUOVE "SCHEGGE" DI EDIO FELICE SCHIAVONE
E’ appena giunta in libreria una nuova silloge poetica di Edio Felice Schiavone, dal titolo “Schegge. Io e il mio tempo” (Levante Editori, Bari, pp. 154, euro 15). Più precisamente, come viene sottolineato nell’originale copertina, disegnata dalla figlia Lucia, e sul frontespizio, si tratta della seconda parte dell’opera, dallo stesso titolo, pubblicata dalla Bastogi nel 2007. Un discorso che continua, insomma, quello di Schiavone, nato a Torremaggiore nel 1927 e a lungo primario di pediatria, fino al momento in cui ha potuto dedicarsi a tempo pieno al suo amore per i versi.
Oggi Schiavone, le cui opere sono state incluse in varie antologie, nazionali e regionali, risiede a Santo Spirito, alle porte di Bari, ma non di rado partecipa ad incontri e a manifestazioni poetiche nel Foggiano, dove conta amici ed estimatori.
La sua prima silloge risale al lontano 1961 ed è rimasta quasi isolata, fino alla seconda parte degli anni Ottanta, quand’è apparso “Io e il mio Sud”. Da allora, la sorgente poetica continua a scorrere in modo copioso, offrendo versi di qualità, come hanno sottolineato in modo concorde i critici che hanno firmato le numerose pagine introduttive del volume, Neuro Bonifazi, Antonio Coppola, Antonio Crecchia, Angelo Lippo e Grazia Stella Elia. Cinque prefatori, insomma, per un volume che dimostra come in Schiavone la poesia nasce da una vitalità necessità, da un bisogno di confrontarsi con se stesso e con il mondo.
Di qui la varietà delle liriche, affidate ad un verso chiaro e limpido, ma anche capace di impennate di sdegno e di commozione. Poesia che è civile, per molti versi, nel bollare i nemici della nazione e delle sue antiche tradizioni, come nella composizione iniziale, “All’Italia, ballata di passione”, nel rinfacciare a chi di dovere egoismi e superficialità. Ma la vena di Schiavone sa essere anche molto delicata, riflettendo su un animale o sui più deboli, per poi andare ai temi esistenziali, al lamento per l’ineluttabile trascorrere del tempo, al desiderio di salvare qualcosa del retaggio umano, strappandolo per quanto è possibile all’insidia del Nulla (si pensi a “14 febbraio 1936” o a “Ovunque…”.
La giostra dell’esistenza non accenna a fermarsi, con le sue guerre, le sue
sofferenze, le sue ingiustizie, e su questo Schiavone non si fa illusioni, se lo
stesso Padre Eterno, in una lirica, appare pentito di aver creato l’uomo,
dandogli accesso alle strade della vita. In questo marasma, però, risplende
ancora la lampada soave della poesia, alla quale dedica tra l’altro una lirica,
chiamandola “Verità senza rughe./ Bastone, amico solido, soave/ appoggio nelle
brevi/ longeve fughe di sopravvivenza”. La parola denuncia il male, il dilagare
dei nuovi barbari, ma allevia anche le piaghe. A Schiavone l’augurio di
continuare a solcare ancora a lungo e in modo proficuo il mare della propria
interiorità e del suo e nostro tempo.