UN LIBRO SULLA FESTA DI SANT'ANTONIO ABATE
Da qualche anno a San Severo si celebra con notevole risalto la festa di
Sant’Antonio Abate, che cade il 17 gennaio. E’ una ricorrenza che evoca subito
il ricordo della civiltà contadina e degli animali, di cui il santo è il
protettore.
Legata a questo rinnovato interesse è la pubblicazione di un interessante
lavoro, intitolato “Sacro e profano. Sant’Antonio Abate ed il maiale” (Grenzi,
Foggia, p. 79, euro 10). L’autrice è Marina Niro, sanseverese, laureata a
Trieste in Scienze e Tecniche dell’Interculturalità e a Venezia in Antropologia
culturale, etnolinguistica ed etnologia. Dai suoi titoli emerge già il taglio
che dà alla ricerca, che punta a ricostruire l’origine del culto di Sant’Antonio
Abate, il suo significato e le sue manifestazioni, in particolare nell’ambito
dell’Alto Tavoliere, come del resto ricorda il sottotitolo, “Tradizioni, sagre e
folclore di San Severo e dintorni”.
Il libro ha un taglio positivamente divulgativo, e dunque si presta ad essere
letto anche dai non addetti ai lavori, articolato com’è in brevi capitoli.
La prefazione è stata scritta da Roberto Pasquandrea, in qualità di Commissario
straordinario dell’Arciconfraternita di Sant’Antonio Abate di San Severo, che ha
tra l’altro sottolineato la forza del legame tra la città e il santo.
Va ricordato che il santo patrono degli animali è uno dei personaggi principali
dei primi secoli della Chiesa. Nato nell’Alto Egitto, nel 251, ha vissuto per
oltre un secolo, spegnendosi nel suo eremo nel 357. Un padre del deserto,
insomma, dalla vita austera e spesso tentata dal demonio.
E il maiale, sempre presente nell’iconografia cattolica? Niro ricorda i nessi
con antiche divinità pagane, ed in particolare con Lug, divinità celtica, di
solito raffigurata come un giovane con in braccio un cinghiale, poi, per
l’appunto, trasformatosi in un più rassicurante e domestico maiale.
La festa di Sant’Antonio Abate si collega al carnevale e ai riti della
rinascita, diventando un momento particolarmente gravido di significati. A San
Severo, la festa, con i suoi bagordi, conosce dei momenti difficili all’inizio
del Novecento, poi risorge, decade ancora, fino all’ultima rinascita odierna,
che ha visto molti animali ricevere la rituale benedizione e sfilare per le vie
della città.
Tra orecchiette con sugo di salsiccia, “pagnottelle” di Sant’Antonio e alberi
della cuccagna, la città ha ritrovato un appuntamento denso di antichi
significati, che l’autrice ha ricordato senza inutili fronzoli.
Da notare la presenza nel volume di una parte dedicata più specificamente al maiale, ed in particolare al maiale nero dauno, una razza autoctona che è rinata grazie agli sforzi del CNR di Lesina. Di qui lo sviluppo di appositi allevamenti, che cercano di conciliare lo sviluppo del territorio con il recupero del passato. Anche questo aspetto non viene dunque trascurato nel libro in questione, in cui il sacro e il profano coesistono in modo naturale, senza stonature.