SAN SEVERO, 1901

L’EDITORIALE DELLA RIVISTA “LA VITA”

 

Il brano che segue apparve il primo febbraio 1901. E’ l’editoriale di presentazione dei giovani giornalisti de “La Vita”.

L’articolo, che viene firmato collettivamente da “La Redazione”, contiene ancora molte idee attuali, a partire dalla necessità di superare il gretto individualismo di tanti uomini di cultura, veri o presunti. Il lavoro di squadra è fondamentale, ed è l’unico che porta a risultati duraturi e di prestigio. “Il concetto compiuto della vita umana è nella socialità”, si legge, riprendendo celebri definizioni che risalgono al mondo greco.

Gli amici della rivista sono pochi e disinteressati, ricchi di un entusiasmo che ai nostri occhi appare davvero invidiabile. Da una parte c’è l’incoscienza della giovinezza, dall’altra la fiducia nel futuro ereditata dal positivismo (“convinti che la scienza migliori la vita e non ne disperda le attrattive”) e rafforzata dall’inizio di un nuovo secolo.

Il Novecento è accompagnato da grandi speranze, che in parte si realizzeranno; ma arriveranno anche due guerre mondiali, con tutti i loro orrori, che richiederanno un costo altissimo. La Puglia cesserà di essere la regione sitibonda per eccellenza e la cultura si diffonderà, ma gli eventi bruceranno anche tanti entusiasmi, consegnandoci più tristi e più stanchi al nuovo millennio, quello nel quale viviamo.

Forse siamo vecchi, e ce ne accorgiamo perché non abbiamo la forza di ridere senza una punta di amarezza, perché sappiamo che i piatti della bilancia restano pur sempre in equilibrio. Un motivo in più, questo, per rileggere e meditare il brano di Gervasio, D’Anzeo e Fraccacreta. 

Pochi di numero e senza brama di allori ci presentiamo noi, non distinti l’uno dall’altro, ma riuniti e fusi insieme, nel nome di “Redazione”. Perché noi vogliamo esprimere in tale guisa l’unità compatta e concorde delle aspirazioni e delle speranze, affrontando il giudizio dei lettori.

  Forti d’idee operose e d’ideali attivi, convinti che la scienza migliori la vita e non ne disperda le attrattive, come non contamina la verginità della Natura, entusiasti della Bellezza, che impronta l’arte ed è fonte inesauribile di gaudii, noi vogliamo trasfondere nel nostro foglio le convinzioni, i sentimenti, le gioie, i pensieri nostri, affinché s’incontrino nelle convinzioni, nei sentimenti, nelle gioie, nei pensieri dei lettori e si paragonino, si studino, si affratellino. Dobbiamo insomma non ciascuno per noi, anzi tutt’insieme svolgere le nostre forze ed attività per affinarle e migliorarle, intesi a render l’esistenza a noi bella ed ai venturi prepararla più bella ancora.

  In altri tempi avremmo significato il nostro compito col nome allegorico di “Convito”, ma oggi nol possiamo, perché, sebbene il vocabolo sia rimasto nella purezza della sua forma classica incorrotto, non pertanto se n’è troppo materializzato il senso, riducendolo a denotare il banchetto, dove occhi lucidi e cervelli ingorgati dal soverchio cibo rigurgitante da epe rimpinzate non intendono di Arte e di Bellezza, anche se a posta convocati.

Ci muove un sentimento di orgoglio, che, siamo certi, diverrà principio attivo in tutti come ora è in noi. Ed è di voler affermare una buona volta che la cultura dell’intelletto è pregiata e diffusa nella nostra regione e quivi potrà fiorire, se di timidezza gl’intelletti si spoglieranno poiché di loro forze sien fatti consapevoli. Pertanto chiamiamo alla vita gl’ingegni, che si stanno nascosi, incoraggiandoli a venir fuori, a costo di passar noi, deboli forze, per temerarii.

Isolato lavorio di menti chiuse in sé stesse non giova. L’esistenza di ciascuno trova sfogo, compimento, equilibrio nella comunicazione tra individuo e individuo. Il concetto compiuto della vita umana è nella socialità, appunto.

Vita sentiamo fervere nel nostro spirito, e vita vogliamo si agiti feconda nello spirito di tutti, raccolta in poderosa infi­nita forza miglioratrice dei nostri destini.

Perciò, amabili lettori, vi chiamiamo a compagni e collaboratori, non a discepoli nostri. Nei quindicinali incontri noi ci scambieremo il grido incitatore della speranza e della fede, come i cavalieri ricordati da Lucrezio si scambiavano, correndo, le fiaccole della vita. Così mostreremo che il nostro diletto, riunendoci, non sarà effimero e vacuo sentimento egoistico, ma letizia d’un bene augurato e preparato agli avvenire. Tutto ciò che operiamo in vantaggio dell’universale e del futuro trascende la meschinità della vita usuale e ci esalta innanzi a noi medesimi. Fortunati coloro i quali oltre alla volontà di operare in siffatto modo ne hanno anche le forze!

Il nascere con l’anno che apre il nuovo secolo, propizia la nostra «VITA», perché l’armonizza col nuovo ordine di cose aspettato, quasi fatalmente, da tutti, e l’addita come la cronaca fedele del nuovo e continuo sviluppo intellettuale della nostra regione, sicché, nata modesta, fiorisca col suo rifiorire.

Sia la fortuna benevola e secondi amica i nostri propositi!

 

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