LE "PICCOLE PATRIE" DI SALVATORE RITROVATO
Salvatore Ritrovato ha dato alle stampe un libro sicuramente accattivante, a
partire dal titolo: si tratta di “Piccole patrie”, edito dalla Stilo di Bari
(pp. 167, euro 15), come dodicesimo titolo della collana “Officina”, diretta da
Daniele Pegorari.
Ritrovato, classe 1967, è nato a San Giovanni Rotondo, ma attualmente
vive ad Urbino, dove insegna all’università Letteratura italiana. Ha al suo
attivo numerose pubblicazioni, tra cui alcune come poeta, ed è il caso della
recente silloge “Cono d’ombra”, un ispirato reportage legato ad un viaggio in
Bosnia. In “Piccole patrie”, invece, il Nostro veste i panni del critico, dello
studioso che ha dedicato non poche attenzioni alla letteratura della Puglia, e
più specificamente del Gargano, come viene chiarito dal sottotitolo, “Il Gargano
e altri Sud letterari”.
Nella premessa, l’autore ricorda di aver ripreso alcuni scritti composti
nell’ultimo decennio, qualcuno apparso in prima edizione proprio sulle pagine de
“L’Attacco”. Valutazioni e sondaggi critici che gli hanno permesso, messi
insieme, di disegnare un itinerario che trova il suo centro sullo Sperone. Un
viaggio nella conoscenza che è per forza di cose provvisorio, come tutte le
opere che non hanno paura di confrontarsi con la contemporaneità, con gli autori
che negli ultimi decenni hanno pubblicato testi interessanti, partendo dalla
loro esperienza di garganici e, più latamente, di pugliesi.
Ritrovato mostra di avere le idee molte chiare, sottolineando che il
Gargano è una provincia “da intendere non come un’isola letteraria
autosufficiente, bensì come un tesoro di esperienze in vari modi intrecciate e
finalmente […] ritessute su una scala internazionale più vasta, nella quale il
Gargano non ha più un ruolo contemplativo (in quanto oggetto della letteratura
di viaggio), ma attivo”.
Non c’è nessun provincialismo, insomma, in queste pagine, nelle quali scorrono nomi come Claudio Damiani, Emilio e Michele Coco, Sergio D’Amaro e Cristanziano Serricchio, per citarne qualcuno.
Gli scritti che formano “Piccole patrie” sono divisi in due parti. Nella prima
ci sono i due saggi più ampi, dedicati, rispettivamente, a Padre Michelangelo
Manicone e a Francesco Paolo Borazio. Due figure particolari, ma molto
significative, specie Manicone, che ha legato il suo nome alla “Fisica appula”.
Ritrovato ci offre tra l’altro alcune acute osservazioni sul lessico di questo
frate francescano nato a Vico nel 1745, dotato di una non comune apertura
mentale, in rapporto ai tempi in cui è vissuto.
Sicura e convincente è anche l’analisi del poemetto dialettale del
sammarchese Francesco Paolo Borazio, intitolato “Lu Trajone”, ossia “Il
dragone”, composto nel 1949 e pubblicato nel 1977. Al centro c’è un terribile
dragone, che terrorizza la comunità di San Marco in Lamis, ma che in realtà non
esiste. Un’opera giustamente rivalutata e studiata, negli ultimi decenni.
Nella seconda parte, invece, troviamo in generale gli scritti più legati
all’attualità, alla letteratura e alla critica che si producono nella nostra
epoca. Lo studio del presente può essere insidioso, se si pretende troppo o si
arrischiano giudizi, ma è senza dubbio stimolante e affascinante, se condotto
con equilibrio, come nel caso di Ritrovato, pensando che questo flusso vitale ci
coinvolge direttamente, che anche noi ci muoviamo nella stessa corrente.
Il critico garganico rivela un approccio preciso e dal taglio chirurgico,
mai generico e di circostanza. Si leggano, ad esempio, le pagine dedicate a
Serricchio (“La poesia senza età di Cristanziano Serricchio”) o a Claudio
Damiani (“Claudio Damiani e la miniera della poesia”). Quest’ultimo, nativo di
San Giovanni Rotondo, ha vissuto alcuni anni della sua infanzia in un villaggio
legato alla miniera di bauxite posta alle pendici del Gargano, di cui il padre
era il direttore. Un’esperienza che non a caso ritorna nella raccolta “La
miniera”, del 1997, di cui Ritrovato offre un’attenta chiave di lettura, senza
tralasciare le informazioni sulla vera e propria miniera di bauxite, rimasta in
funzione fino al 1973, quando la lunga crisi del settore portò alla sua chiusura
definitiva.
In alcune pagine non mancano toni più commossi ed autobiografici, come in
“A proposito della cultura della vita. Un pensiero per Michele Coco”, che si
apre con queste parole: “Caro Michele, da qualche tempo l’autostrada che da San
Giovanni mi porta a Nord, e tre o quattro volte l’anno percorro in macchina, mi
sembra in salita”. La scomparsa di un maestro, come il poeta e traduttore Coco,
morto nel 2008 per il solito male inguaribile della nostra epoca, apre il varco
ad una serie di dense riflessioni sulla vita e sulla morte, portando poi il
critico ad una rilettura dei libri di Coco, con il loro sano edonismo e il loro
amore per una classicità potentemente attuale.
Quelli che abbiamo ricordato sono solo alcuni dei percorsi di lettura
contenuti nel volume, che non trascura la produzione dialettale (“Il dialetto
garganico esce dall’ombra” e “Il vernacolo perduto. Due episodi”) né rinuncia ad
allargare gli orizzonti, coinvolgendo nella sua analisi autori del Tavoliere o
del Barese, come Lino Angiuli.
Un libro importante, insomma, questo di Ritrovato, che si inserisce in un
fertile filone di studi sulla letteratura pugliese, dimostrando una volta di più
la ricchezza e la vivacità di questo mondo di autori, tutti, chi più chi meno,
degni di considerazione e di ricognizione.