UNA LEZIONE DA RICORDARE
ROBERTO COTA, SAN SEVERO E LA PUGLIA
La vittoria nelle ultime elezioni di Roberto Cota, diventato presidente della Regione Piemonte a soli 42 anni, ha fatto molto discutere, per comprensibili motivi. Era un’affermazione tutt’altro che certa, a differenza di quella dell’altro esponente leghista, Zaia, anch’egli classe 1968.
Ma nella nostra regione, anzi, nella nostra provincia, le
attenzioni si sono subito rivolte alle origini pugliesi di Cota. Se ne parlava
da tempo, almeno da quando era diventato il capogruppo alla Camera del suo
partito, ma è logico che il grande pubblico se ne sia accorto solo adesso: il
padre del neo-presidente è un avvocato di San Severo, accasatosi con una
piemontese doc e mai più ritornato nella sua città natale. Una vera e propria
sorpresa, come ripetono decine di siti telematici e articoli come quello apparso
su “Il Riformista” il 2 aprile scorso.
Ma, a pensarci bene, qual è la novità? Di leghisti meridionali ce ne sono ormai tanti, a partire dalla brindisina Rosy Mauro, nata a San Pietro Vernotico e attualmente vice-presidente del Senato. Il fenomeno è semplice. Si tratta del vecchio desiderio di integrazione, che porta tanti meridionali a diventare più realisti del re, ossia a sposare le idee più intransigenti. Questa gente vuole sentirsi padana a tutti gli effetti, lasciandosi alle spalle i vecchi cartelli sulle case che non si affittavano ai meridionali e ai negri, le valigie di cartone dei genitori, i quartieri ghetto, i pregiudizi sui terroni. Il tempo delle rivoluzioni è finito, ora bisogna difendere le frontiere dall’arrivo degli irregolari.
Ovviamente, ogni persona ha la sua storia e il caso di Cota, in particolare, è alquanto diverso. Siamo di fronte, in fondo, ad un’assoluta indifferenza (chiamiamola così) verso le proprie origini, perlomeno verso le origini del ceppo paterno. Lui si sente settentrionale, e lo dichiara continuamente. Fazzolettino verde, foto ricordo con Bossi a fianco e spada levata di Alberto da Giussano, pronta a colpire i nuovi nemici, anche se vivono dalle parti del Sud, da dov’è partito il padre. Esistono evidentemente delle persone che non avvertono il bisogno di conoscere certi luoghi fondamentali per la propria vita. Noi ci saremmo comportati in modo ben diverso, ma il mondo è bello perché è vario.
Il punto è che qualcuno ha addirittura espresso il desiderio di ricevere in pompa magna Cota a San Severo, nella sede del Comune, magari con il sindaco con la fascia e la banda in piazza. E a questo punto ci sentiamo punti nel vivo. Noi meridionali siamo tolleranti, aperti, ma talvolta anche stupidi ed autolesionisti. Perché mai dovremmo invitarlo ufficialmente in città, ammesso che voglia venire da noi? Cosa ci sarebbe da festeggiare, forse la fine del suo quarantennale, volontario esilio dalla Puglia? Questa soggezione verso i potenti, di qualsiasi specie, ha sempre danneggiato il Meridione, portandolo al vittimismo, al fatalismo, ad uno sciocco opportunismo che non ha mai dato frutti concreti.
Lo sappiamo: il Sud ha dato i
natali a tanti personaggi famosi, anche più noti di Cota e del papà avvocato. La
gente del Piemonte voleva delle novità e lo ha votato; evidentemente aveva le
sue ragioni per preferirlo alla laica e conservatrice Bresso. Ma per il resto,
Cota pensi a governare il Piemonte e resti a casa sua. Con il Sud non ha nulla a
che fare. La sua storia, però, può
insegnarci molto. Ai nostri politici, alcuni dei quali vergognosamente rieletti
malgrado scandali e inefficienze, può insegnare l’amore per il territorio, il
desiderio di lottare per