NORD CONTRO SUD
MA ROBERTO COTA NON E' DI SAN SEVERO... MENO MALE!
Nei giorni scorsi in tanti si sono meravigliati delle parole del governatore del
Piemonte, il leghista Roberto Cota, il quale ha annunciato il proposito di
concedere in futuro borse di studio solo ai suoi corregionali, discriminando gli
altri, soprattutto i meridionali. Lo stesso Cota, però, sa bene che sarà dura
spuntarla, per intuibili motivi. Noi, comunque, ci siamo meravigliati della
meraviglia di molti, che pensano che alla fine la politica si riduca sempre a
tarallucci e vino, a chiacchiere gattopardesche, a discussioni sterili. I
governatori si cambiano tanto per cambiare e uno vale l’altro, la radicale di
sinistra Bresso come il leghista Cota. Tanto, poi, in tempo di crisi, per
continuare a vivere come prima, basta fare dei debiti: in seguito si vedrà. E
allora ben vengano i nuovi eroi, che oggi sono gli ex fascisti con famiglie
imbarazzanti, gli industriali super ricchi e i giudici che da un giorno
all’altro scendono in politica, come se niente fosse. Al confronto di questa
gente, persino i leghisti fanno un figurone.
Ma la meraviglia maggiore deriva dalle parole di quanti ricordano che
Cota è di origini meridionali. E’ un’obiezione debole, debolissima, sulla quale
vale la pena di spendere qualche parola.
Intanto, Cota non è affatto un meridionale, per nascita e per cultura.
Sul suo sito, contrariamente a quanto si è detto e scritto, non ci sono affatto
riferimenti al Sud. Forse la notizia delle sue origini è stata fatta filtrare
strumentalmente proprio dai leghisti, nel corso dell’ultima campagna elettorale,
per tranquillizzare i più inquieti tra i tantissimi piemontesi d’origine
meridionale. In ogni caso, Cota, classe 1968, è nato a Novara e parla con un
accento sfacciatamente nordista.
Il filo rosso con la Puglia, come si sa, è rappresentato dal padre, sanseverese,
che ha lasciato la terra nativa e si è poi stabilito in Piemonte. Sui motivi di
questo distacco, visto che si tratta di un borghese e non del solito operaio
finito in fabbrica, le notizie non sono univoche, in verità, e accanto alla
“vulgata” che parla di un distacco pacifico, altri a San Severo accennano ad una
rottura tutt’altro che pacifica con la città dei campanili, e per certi versi
obbligata. E’ un’ipotesi verosimile, che aiuta a comprendere la sostanziale
estraneità di Cota nei confronti della Puglia. Non ci risulta che il governatore
piemontese sia mai venuto in città, anche solo per curiosità o per turismo, pur
avendo qui dei parenti.
Gli emigrati di prima generazione, come appunto il padre di Cota, sono di
solito quelli più attaccati alle radici, quelli che in casa parlano talvolta in
dialetto e non di rado decidono di tornare indietro al momento della pensione.
Nel caso in questione, non c’è nulla di tutto questo. Una chiusura netta e
probabilmente risentita. E’ logico che la seconda generazione sia diventata
perfettamente nordista, anzi, leghista.
Si è scritto a lungo anche dei propositi dell’Amministrazione Comunale di
San Severo di invitare Cota a San Severo. Speriamo che questo invito non sia mai
partito, ma un fatto è certo: Cota non è uno dei nostri e la sua estraneità al
mondo meridionale va rispettata senza i soliti stupidi e servili atteggiamenti
di subordinazione del Meridione. Semplicemente, lui non c’entra niente con noi,
e lo ha ricordato con quella proposta, invitando, da buon leghista, tutti i
giovani universitari a studiare nelle proprie regioni (è questo il succo…).
Certo, la ricetta migliore è sempre quella di conoscersi meglio, come ha
ricordato il bel film “Benvenuti al Sud”, nel quale la leghista moglie di Bisio
alla fine impara molte cose. Il fatto è che Cota, proprio per queste sue
origini, ritiene di conoscerci bene, tanto quanto basta per volerci tenere
lontano dai confini della sua regione, dove del resto sono già in tantissimi.
Anzi, non è un’esagerazione dire che i piemontesi doc non esistono più,
“contaminati” dall’ondata emigratoria che tra gli anni Cinquanta e Sessanta ha
svuotato le nostre città. Lì c’era la Fiat, c’erano le fabbriche, e tanti
contadini meridionali si sono inventati giocoforza una nuova esistenza. Ci sono
più terroni a Torino che a casa nostra. Nelle altre province piemontesi, formate
da centri più piccoli, la situazione cambia un po’, e non a caso la colorazione
politica diventa più favorevole al centro-destra, al contrario della rossa
Torino, come si è visto nelle elezioni degli ultimi anni. In generale, però, il
quadro non cambia del tutto. Ovunque, i figli degli emigrati si sono integrati,
hanno assunto le leve del potere, maturando un atteggiamento che unisce gli
antichi risentimenti alla volgare propaganda di chi ritiene di poter chiudere il
mondo dentro degli stretti confini. Un miscuglio di posizioni che va dalla
riproposizione dei soliti pregiudizi fino alla ricerca di una purezza culturale
piemontese difficile da ritrovare, dopo tanti rimescolamenti.
Alla fine, nessuno può meravigliarsi se i leghisti spesso hanno origini
meridionali. Pensiamo a Rosa Mauro, vicepresidente del Senato, nata a san Pietro
Vernotico, nel Brindisino, nel 1962. Ma anche Bossi, si sa, ha una moglie
siciliana. E allora? Quelli che hanno detto che la prossima generazione di
leghisti sarà formata dai figli degli extracomunitari appena diventati cittadini
italiani, hanno pienamente ragione. Avremo degli italiani di colore che useranno
parole di disprezzo verso i nuovi “negri”.
Cota, per ritornare al tema, crede di conoscerci e non frequenta le
nostre parti. Noi lo sappiamo e gli auguriamo una buona permanenza nella sua
terra, fermo restando che se vuole da noi non troverà mai dogane e pregiudizi.
Gradiremmo, però, nei Meridionali un maggiore orgoglio del proprio mondo. Anni
di propaganda e di discriminazioni nordiste hanno creato in noi un’abitudine
alla remissività, quasi la consapevolezza di essere inferiori ai nordisti. Non è
affatto così. Siamo diversi da loro, certo, come testimonia il cammino storico,
ma questo non significa nulla. E’ giusto che ognuno abbia (in modo ragionevole,
s’intende) il suo orgoglioso senso di appartenenza.
Una foto di San Severo negli anni Sessanta
Cota non vuole studenti meridionali al Nord? L’unica risposta intelligente
dovrebbe venire dai rappresentanti politici del Sud, dai governatori delle
regione meridionali, e consiste nel rendere più efficienti le università del
Sud, nel creare atenei d’eccellenza, dove non ci sia spazio per baronati e
mafiosi, ma per chi vuole studiare e migliorare. Uno scatto d’orgoglio è
perfettamente possibile, anzi, necessario, ma per fare questo servono dei fatti
concreti e una classe politica che purtroppo al Sud è spesso impresentabile e
schiava di vecchie logiche.
Anche la classe politica del Nord ha i suoi difetti, ovviamente, ma Cota,
con tutti i suoi limiti, esprime una posizione, porta avanti delle idee di
identità e di tutela del territorio, e non lo cambieremmo, ad esempio, col
Bassolino del disastro campano o con un Lombardo, che in Sicilia mette intorno a
sé accozzaglie di partiti di destra, sinistra e centro, impegnati solo a
dividersi il potere, all’ombra dei poteri illegali. Le comunità devono
finalmente responsabilizzarsi e pagare le conseguenze, nel bene come nel male,
delle proprie scelte. Se gli ospedali siciliani sono quello che sono, ci sarà
pure un motivo!
Ecco, allora, che le università del Sud, a partire da quella di Foggia,
quella del nostro territorio, devono diventare il centro delle attenzioni di
tutti, con i fatti. Perché i nostri figli devono ancora spostarsi al Nord?
Perché in altre regioni ci sono più borse di studio che in Puglia? Perché i
nostri migliori ragazzi vengono assorbiti dalle aziende settentrionali? I
leghisti non vogliono i delinquenti e gli irregolari, e fanno bene, ma i
meridionali intelligenti li assumono subito, e fanno altrettanto bene. E noi
fino a quando ci lasceremo saccheggiare da questi signori che prendono e non
ringraziano nemmeno, anzi, ci fanno sentire persino degli ospiti indesiderati?
Noi paghiamo gli studi dei nostri ragazzi, loro si godono i frutti,
ringraziandoci con un epiteto ingiurioso.
I conti non tornano. Cota, in fondo, visto dal punto di vista piemontese,
è un buon governatore, e non a caso anche su certi quotidiani nordisti, come il
“Corriere della Sera”, si leggono giudizi lusinghieri su di lui. Sta lavorando
per arginare gli effetti della crisi che anche da quelle parti si fa sentire,
sta allacciando rapporti, e andrebbe lasciato lavorare.
Da lui non possiamo e dobbiamo attenderci favori ai meridionali.
Semplicemente, dobbiamo imparare a non chiederli più, rifiutando le vecchie
logiche di sempre, il clientelismo, i faccendieri della politica che promettono
posti e assunzioni, il partito della spesa che sogna elargizioni a pioggia, i
loschi trasformisti buoni per ogni stagione. Per fare questo c’è bisogno di
cultura, da una parte, e di una classe politica presentabile. Prima lo
comprendiamo, meglio è. Ma per piacere, smettiamola con l’atteggiamento di chi
si vede sempre subordinato agli altri e cerca solidarietà o, peggio, pietà dagli
altri. La storia dovrebbe averci insegnato un po’ di cosettine sui liberatori
stranieri di ogni epoca, da quelli francesi a quelli piemontesi.