LE "PICCOLE POESIE" DI RENATO GRECO
E’ da poco apparso in libreria, per i tipi della casa editrice
foggiana Sentieri Meridiani, una corposa silloge di versi di Renato Greco,
intitolata “Piccole poesie” (pp. 195, euro 16, pref. di Cristanziano Serricchio).
L’autore, nato ad Ariano Irpino, nell’Avellinese, risiede da tempo a Modugno,
nel Barese. Laureato in legge, si è occupato a lungo, prima della pensione, di
marketing nella grande industria privata.
Quello che colpisce subito di Greco è la sua fluente vena
poetica. Al suo attivo, infatti, dal 1989 in poi, egli ha una quarantina di
volumi, alcuni pubblicati per i tipi della Vallisa di Bari, della Bastogi di
Foggia e della Besa di Nardò. Ovviamente la poesia non si valuta a peso, ma è
certo che Greco riesce a trovare molti spunti per la sua ispirazione,
prendendoli dalle fonti più disparate.
Le liriche racchiuse nell’ultimo volume sono tutte recenti,
visto che sono state composte nel 2009, da gennaio a luglio, come ci riferisce
lo stesso autore nella nota introduttiva, sottolineando la sua intenzione di
continuare il colloquio artistico con il lettore, mostrando gli sviluppi
ulteriori della sua vena.
Nella prefazione, Serricchio ricorda la sua consuetudine con i
libri, la sua cultura, il suo amore per la poesia, che riesce a dar vita a
momenti ispirati, in cui salgono in primo piano le esperienze, i sentimenti e le
riflessioni di un uomo del nostro tempo.
Le liriche di Greco, divise in tre sezioni, sono colloquiali,
aperte all’interlocutore, con una forma che ha qualche caduta nel prosastico, ma
riesce anche ad offrire delle belle folgorazioni liriche, in cui tematiche
apparentemente scontate assumono un aspetto nuovo ed originale. E’ il caso, ad
esempio, della lirica d’apertura, “Sonno”, riprodotta anche in quarta di
copertina, che presenta una data ancora più recente delle altre, visto che ci
porta agli inizi del 2010: “Nel sonno in cui entriamo, oscura assenza/ e
temporanea sosta delle sfide/ che il giorno pone innanzi ai nostri passi,/
cerchiamo forse la ripresa, il segno/ d’una beatitudine costante,/ quasi una
madre che ci stringa a sé/ e ci protegga fra le sue braccia/ e sul suo seno è
dolce per le labbra/ schiuse nel buio quel sapore antico/ che ci sappia
acquietare e in noi placare/ le cupe d’amarezza onde inesauste”.
Il mondo è pieno di dolore, di ingiustizie, e la storia e la
cronaca offrono molti spunti al poeta, come in “Nel Congo si muore” o “Nelle
cantine”, quest’ultima ispirata dai lontani ricordi della seconda guerra
mondiale, quando la gente cercava come poteva di evitare i tragici bombardamenti
aerei.
Talvolta in primo piano sale la noia esistenziale, descritta
nel suo temibile stillicidio, come in “Vicenda del giorno immobile”, che termina
con questa quartina: “Questo è stato il risultato di un giorno/ qualunque dei
miei giorni più immobili/ dove non ho dovuto batter ciglio/ al mio consumarmi
nel silenzio”.
In questo quadro, si comprende benissimo il ruolo positivo,
vivificante, della poesia, che offre una speranza, una via di fuga alla sterile
registrazione degli errori dell’uomo. La ricerca della poesia, si legge in
“Passaggio a nord-ovest”, è “un vecchio modo/ di viaggiare ottimizzando mezzi e
forze,/ il più economico e diretto/ senza muoversi di un millimetro”. Si tratta
di affermazioni chiare e dirette, che danno ragione della lunga ed intensa
ricerca di questo autore e giustificano la sua volontà di continuare a
pubblicare sillogi.