LA GALLERIA ELLENISTICA DI MICHELE COCO

 

 

Michele Coco ha da poco pubblicato il suo ultimo lavoro, la raccolta di liriche “Galleria minima”, inserita come secondo titolo nella collana “Poesis” della casa editrice di Foggia “Sentieri Meridiani”, che si avvale di un prestigioso comitato scientifico, composto da Ghjacumu Thiers, Luis Alberto de Cuenca, Emilio Coco e Salvatore Ritrovato (pp. 70, euro 10).

Coco, nato a San Marco in Lamis, già preside nei licei, ha al suo attivo numerosi titoli, che spaziano in vari ambiti, dalla poesia alla saggistica. Particolarmente note sono le sue traduzioni, specie dal greco e dal latino, ma il Nostro non disdegna anche di cimentarsi con le letterature moderne.

In “Galleria minima”  troviamo il succo delle sue multiformi attività letterarie. Infatti le liriche sono le sue, ma gli spunti provengono dal mondo antico, ed in particolare dal periodo ellenistico, che per il preside garganico possiede degli straordinari fermenti di attualità. Anzi, è il periodo per eccellenza. Di qui quel tono leggero e scanzonato, di qui l’innocente e viva sensualità, di qui, insomma, l’idea di letteratura come “lusus”, come gioco sublime, riservato a chi ha letto e compreso molto.

Dopo la limpida introduzione, affidata a Cristanziano Serricchio, ci imbattiamo in 41 brevi composizioni, più una breve traduzione dalla “Medea” di Seneca, un epitalamio sistemato a mo’ di appendice in coda all’opera.

Le composizioni sono disposte seguendo l’ordine alfabetico del protagonista, tratto dalla mitologia classica, da Adone a Didone, da Euridice a Venere. Coco si è per lo più ispirato a opere d’arte, i cui autori vengono esplicitamente citati, traendo spunto anche da testi significativi, come le “Metamorfosi” di Ovidio, così care agli autori del Medioevo, e di cui spesso si ritrovano gli echi, e “Le nozze di Cadmo e Armonia”, di Calasso. A noi viene in mente anche “La Galeria” del Marino, in cui si celebra il connubio tra parola e immagine.

Di certo, l’arte di Michele Coco nasce da un vasto retroterra culturale, che però giunge al lettore già ampiamente filtrato e decantato. La sfuggente e giocosa semplicità dei versi è dunque il risultato finale, il frutto di un’opzione che non deve ingannare. La poesia nasce dalla poesia, traendo le proprie suggestioni da un mondo di miti in cui si aggira Zeus con i suoi travestimenti, finalizzati alla conquista amorosa di una bella donna, in cui la passione si libera senza troppi freni, non senza dei risvolti di violenza e di morte. E’ un universo caro agli artisti di sempre, che viene assunto con piena consapevolezza ai giorni nostri, nei quali la gente non chiede più ai poeti di cambiare la realtà, ma è pur sempre pronta a godere la bellezza di un particolare, di una descrizione, di un dettaglio. E Coco non delude il lettore, mostrando una grande forza di penetrazione e un gusto sicuro, oltre che uno squisito dominio dell’armamentario metrica e ritmico, basato in particolare su versi brevi, come il settenario.

Tra le sue eroine, due spiccano su tutte, la dolce Calipso, amata da Ulisse, e la formosa Giunone dipinta dal Tintoretto, che non meritava un fedifrago e scriteriato marito come Zeus, come ricorda il poeta (“Preferito io avrei/ il seno tuo abbondante,/ le cosce generose,/ la rosa profumata/ del tuo pube,/ i fianchi tuoi possenti/ e immensi come il mare”) .

 

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