NE' LEGHISTA NE' MERIDIONALISTA FURBASTRO
PER CHI VOTEREBBE OGGI DANTE ALIGHIERI?
Ma
Dante Alighieri oggi per chi avrebbe votato? A questa domanda, tutti i presenti
in sala hanno avuto un sussulto di interesse. Il riferimento è alla relazione
che il prof. Domenico Cofano, dantista e ordinario di letteratura italiana
nell’Università di Foggia, ha tenuto nei giorni scorsi ad un’attenta platea di
studenti e docenti. Si è trattato, ovviamente, di un gioco intellettuale, vista
la distanza cronologica, ma il successo della Lega al Nord nelle ultime
regionali ha reso ancora più di stringente attualità quella domanda, alla quale
il relatore ha dato una sola risposta: l’unica cosa certa è che non avrebbe
votato per la Lega!
Finora il padre della nostra lingua è rimasto al di fuori delle discussioni e delle critiche, anzi, è rimasto al di sopra. Ma fino a quando? I grandi nomi del Risorgimento sono già caduti sotto la scure del regionalismo, e così Garibaldi ha subito critiche atroci da Nord come da Sud, per non parlare dei Savoia e di Cavour. Ladri, furbi, profittatori: il catalogo delle accuse è lungo e l’anniversario del 2011, che segnerà il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, offrirà altre occasioni. Tra l’altro, non a caso, al Sud c’è un rinnovato interesse per la storia dei Borboni, per il brigantaggio e, in generale, per il periodo anteriore alla conquista sabauda, che per qualcuno era tutto tenebre, mentre aveva pregi e difetti, come tutte le epoche.
Ma Dante? Finora la sua stessa grandezza lo ha tenuto al
riparo dalle polemiche. Terminato lo stupido attacco dei sessantottini e dei
loro epigoni, quelli che quando andavamo a scuola volevano sostituire la
Commedia con i romanzi contemporanei, la vastità e la complessità del pensiero
dell’italiano del secondo millennio hanno sconcertato e insieme placato i
possibili detrattori. Dante è un uomo fortemente legato al mondo municipale,
alla sua adorata Firenze, sognata chissà quante volte nel periodo dell’esilio,
ma anche un artista che matura a sua spese, girando di corte in corte, un ideale
ambizioso e profondamente sentito, quello di riportare il mondo ai suoi
principi, attraverso l’arte. Un grande rinnovatore della letteratura, della
politica e della religione, che lascia una sua potente testimonianza, patrimonio
di tutta l’umanità. La Commedia è il messaggio di un uomo convinto che nessuno
possa salvarsi da solo, nemmeno la sua Firenze, che soffre per il disordine
esistente nel mondo. Restaurati i principi generali della fede e della politica,
anche la sua città, come tutte le altre, ritroverà quell’armonia perduta,
cancellando il sangue delle guerre civili. In questa sua vastità di orizzonti,
indubbiamente, ha ragione Cofano nel ritenere che oggi non sarebbe stato un
leghista.
Fervente cattolico, ma contrario alle ingerenze della
Chiesa nella vita politica; conservatore intelligente, persuaso degli effetti
perniciosi prodotti dalle ricchezze e dal rilassamento morale, ma mai gretto e
reazionario; vicino alla lingua del popolo, che sceglie con perspicacia, ma
sempre persuaso della sua altissima dignità di letterato, interpretando un modo
di essere tipico degli intellettuali del suo tempo. La sua, insomma, è una
tempra di missionario laico, di quelli che sposano la loro missione, con gli
occhi ben aperti sul mondo e sui suoi problemi, abile nel parlare, ma anche
ottimo testimone delle sue idee, fatto, questo, davvero raro, come insegna la
celebre lettera all’amico fiorentino.
Per questa complessità di posizioni, riesce davvero
difficile etichettarlo secondo le categorie politiche dei giorni nostri. Di
certo, Dante non sarebbe un leghista, visto che pensava che i problemi si
risolvono solo avendo una visione globale della realtà, ma non sarebbe neanche
uno di quei meridionali che continuano ad illudersi di poter risolvere i
problemi personali con il clientelismo e la corruzione, disinteressandosi del
funzionamento della intera società. In fondo, anche questo è un atteggiamento
leghista.