IL PENSIERO NONVIOLENTO
In cosa consiste il pensiero nonviolento? Apparentemente si tratta di una domanda semplice, ma, in realtà, il quesito è molto più impegnativo di quanto possa sembrare. Per questo motivo, per andare più a fondo nella questione, è stato da poco pubblicato un testo di Antonio Vigilante, intitolato Il pensiero nonviolento. Una introduzione (Edizioni del Rosone, 2004, pag. 238, euro 15).
L’autore, nato a Foggia nel 1971, ha già dedicato altri lavori all’argomento, tra cui uno studio sul filosofo perugino Aldo Capitini, apparso nel 1999, al quale va affiancata la cura di alcuni scritti di Lev Tolstoi, nel volume Sulla follia. Scritti sulla crisi del mondo moderno.
L’ultimo suo lavoro, lo diciamo subito, rivela la serietà dell’impegno del Vigilante, che dimostra di aver letto ed assimilato numerosi scritti sulle tematiche nonviolente e sugli ambiti dottrinali limitrofi, che riesce a presentare con buone doti di chiarezza e di precisione. Da una parte siamo di fronte ad un libro impegnativo, che richiede attenzione, ma è pur vero, dall’altra, che l’autore si sforza di decantare i passaggi logici, evitando di complicare ad arte la trattazione, magari, come fanno certi scrittori, per sembrare più colto e pensoso.
Il libro, insomma, si propone di introdurre ad un filone di studi di per sé insidioso, e riesce a centrare il suo obiettivo. Anche per questo, immaginiamo, il prefatore, Mario Martini, dell’Università di Perugia, non ha difficoltà a riconoscere che questo testo “è la prima introduzione monografica, che appare in Italia sull’argomento”, affiancandola a qualche altro lavoro collettaneo. Non è poco. Vigilante ha una formazione eminentemente filosofica, di cui si avvale per tessere la rete dei collegamenti e delle esplicazioni, intorno ad una realtà, come la nonviolenza, ancora giovane e sfuggente, dai confini incerti. Come avverte lo stesso autore, non siamo di fronte ad una autonoma corrente del pensiero contemporaneo, ad un “sistema filosofico”, ma ad una “rete aperta di contributi”.
Per questo motivo, vengono individuati dei punti di riferimento, rappresentati da alcuni personaggi che non hanno bisogno di presentazione, come Gandhi e Tolstoi, ai quali sono affiancati altri nomi meno noti (o, meglio, meno conosciuti al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori), come il monaco zen vietnamita Thich Nhat Hanh, il filosofo Aldo Capitini, che nel 1961 ha organizzato la prima marcia della pace tra Perugia ed Assisi, e il pugliese Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto. Quest’ultimo, nativo di San Vito dei Normanni, ha viaggiato a lungo, ampliando i suoi orizzonti mentali e culturali, fino alla scomparsa, nel 1981, avvenuta in Spagna.
Sono questi, dunque, i punti cardinali della bussola nonviolenta, senza dimenticare, però, don Primo Mazzolari, don Tonino Bello e don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, polemico contro le barriere nell’istruzione e contro il militarismo.
La violenza è sempre intorno a noi, in ogni momento, e l’accezione accolta nel libro in questione è la più ampia possibile: “La vita…è violenta. Questa considerazione potrebbe condurre ad accettare come necessaria e naturale la stessa violenza umana. Invece ha spinto il pensiero nonviolento alla ricerca di un diverso principio, di una diversa interpretazione della realtà”.
Da queste parole si comprende benissimo come il pensiero nonviolento spazi a 360 gradi, contestando la tesi machiavelliana dell’impossibilità di modificare la natura umana, ma pensando anche che si tratta di una lotta (ovviamente incruenta) da portare avanti con decisione. Di certo, l’opzione nonviolenta non va confusa con l’apatia, con la rassegnazione, con la sterile speculazione, e Vigilante si preoccupa a più riprese di chiarire il valore pragmatico di questo pensiero, prendendo come modello, appunto, i personaggi sopra citati.
Per molti versi, è simile ad una fede religiosa, che presuppone una conversione interiore, capace di modificare punti di riferimento e di pensiero consolidati, ma che sono solo frutto di abitudine e di una pesante eredità storica.
In questa cornice, si inseriscono le polemiche contro la guerra, che non è mai giustificata e tanto meno è santa, si esaltano gli ideali di una democrazia che faccia crescere gli uomini, ben al di là dei limiti delle ideologie e dei partiti, che offrono solo un approccio riduttivo al tema, se non semplicemente strumentale.
Tra le concrete scelte di vita che derivano dalla conversione nonviolenta, notiamo l’opzione vegetariana. Da Gandhi a Capitini, tutti hanno rifiutato la violenza che si abbatte sugli animali, e queste pagine ci sono sembrate particolarmente incisive e capaci di chiamare in causa la sensibilità di ogni lettore. Tolstoi, tra l’altro, ha descritto nelle sue pagine un macello, facendo risaltare l’ordinaria crudeltà di tali luoghi.
Che diritto ha l’uomo di far soffrire altri esseri viventi? L’idea vegetariana, seguendo il filosofo inglese Henry Salt, finisce per diventare un mezzo per portare avanti una nuova liberazione, quella degli animali, dopo aver emancipato gli uomini dalla schiavitù.
C’è da meditare, senz’altro, seguendo il disegno di un universo permeato di una violenza antica e feroce, che proprio per questo non deve lasciare l’uomo indifferente.
Il libro di Vigilante non pretende di esaurire il discorso, ma offre gli strumenti per entrare in media re, per continuare lo studio di queste tematiche, e a tal fine risulta molto utile anche l’ampia ed aggiornata Bibliografia, divisa per autori e per temi, che funge da utile bussola.
L’approccio scientifico-filosofico di Vigilante salva il libro dalla pletora di manualetti alla moda o new age.
Il pensiero nonviolento, a libro chiuso, è una speranza rivolta ad un futuro lontano, quasi fosse l’antico sole dell’avvenire, ma l’autore non dispera e cerca nel frattempo di fare la sua parte.
Torna ad Archivio Letterario Pugliese