PELLEGRINO
DI PUGLIA, UN CLASSICO DI CESARE BRANDI
UN
OMAGGIO ALLA NOSTRA TERRA
Brandi è stato uno storico dell’arte di notevole rilievo. Nato a Siena nel 1906 e scomparso nel 1988, ha progettato, nel 1938, assieme a G.C. Argan, l’Istituto Centrale del restauro, che ha poi diretto fino al 1959. Ha insegnato nelle università di Palermo e di Roma, mentre nel 1977 ha vinto il premio Viareggio per la saggistica. Accademico dei Lincei, fondatore e collaboratore di numerose riviste specializzate, firma prestigiosa del Corriere della sera, ha prodotto un grande numero di opere.
Tra le tante, anche quella in questione, che continua ad essere riproposta al pubblico con ottimi riscontri, a distanza di anni dalla prima edizione, che è del 1960, per i tipi della barese Laterza.
Si
tratta di un’opera che attesta la profondità e la proficuità del suo legame
con la nostra regione. A differenza di altri scrittori dell’epoca, Tommaso
Fiore in primis, Brandi non si prefigge intenti di denuncia sociale, non vuole
documentare i gravi problemi della Puglia, non scende sul terreno del
giornalismo d’attacco, ma, al contrario, mira a fissare sulla pagina il legame
che si è instaurato con questa terra protesa ad Est, che lui percorre in ogni
direzione, il suo personalissimo e profondo punto di vista.
Il
suo, in altri termini, come ricorda il titolo, è un pellegrinaggio laico,
moderno, diverso da quelli religiosi del passato, ma non meno intenso e
coinvolgente. Di qui il fascino di queste pagine, che hanno attraversato con
successo gli ultimi decenni, dominati da una visione ideologica della realtà,
per arrivare alla nostra epoca post-ideologica, e dunque particolarmente incline
a recepire il messaggio dello scrittore senese.
Brandi ha l’occhio vigile e la penna affilata, ha uno spirito originale e non appesantito dalla dottrina, è insieme disincantato e pronto a cogliere l’incanto della Puglia, lasciando sempre aperta la porta alla sorpresa. I suoi capitoli sono brevi, ma densi di argute notazioni, talvolta persino felicemente bizzarre. Basta poco, pertanto, per farsi trascinare da lui nel suo itinerario pugliese, che passa, ovviamente, anche per la nostra terra.
LA
BENZINA DI SAN SEVERO
Sette
capitoli, in particolare, sono dedicati alla Capitanata, mostrando Brandi sulle
tracce di Federico II, che agita i suoi pensieri, nella visita che fa a Foggia e
a Lucera: “E lui che non credeva a niente, e che ha apertamente accusato di
impostura Mosè, Cristo, Maometto: agli indovini credeva”. Di qui l’ultimo
atto della vita di Federico, che a Castel Fiorentino si ricordò di una
predizione e dettò il suo testamento, tutto commosso.
B
randi dedica molto rilievo, com’è giusto, anche al Gargano, finendo per ritrovarsi dalle parti di San Severo, che diventa protagonista, volendo o nolendo, di un divertente episodio. Lo storico dell’arte e i suoi compagni di avventura stanno per dirigersi sullo sperone della penisola, per un viaggio più volte rimandato, ma l’autovettura ha bisogno di benzina, mentre il cielo si riempie di nubi.“Si
stava- si legge nel capitolo “Rodi Garganica”- a dieci chilometri da San
Severo: e non passava nessuno, neanche in bicicletta. Era una strada in
sciopero, o con l’interdetto pei miscredenti, che non si muovono in
pellegrinaggio”. L’aiuto ricercato viene offerto da una guardia campestre,
fortunatamente comparsa sulla strada, che offre un fiasco di benzina ai
forestieri, permettendo alla vettura di raggiungere, non senza difficoltà ed
ansie, la città dell’Alto Tavoliere. E così “i colonnini coi chilometri
passavano ragionevolmente lenti, come i misteri del Rosario: ma passavano, e
quando si arrivò a quello che ne segnava solo due da San Severo, si seppe che
ormai la disdetta era vinta. La proboscide del distributore sembrò una
trasfusione di sangue. Quando si uscì da San Severo- con quelle case a un
piano, in un lago di luce- si era buoni, amanti del prossimo, pronti a trovare
tutto bello, tutto interessante, tutto degno di ricevere un milione di turisti
all’anno”.
L’opera costituisce, al fondo, anche un atto d’amore verso la Puglia, che non può che inorgoglire in particolar modo proprio noi pugliesi, ragion per cui andrebbe letta da tutti almeno una volta nella propria vita. Meglio prima, ovviamente; magari in una di queste lunghe giornate di luglio dell’anno di grazia 2005.