UNA RACCOLTA DI ARTICOLI

PASQUALE SOCCIO E IL SUBAPPENNINO DAUNO

 

E’ stato da poco pubblicato un volumetto postumo che contiene alcuni articoli pubblicati dal compianto Pasquale Soccio. Si tratta di “Pagine sul Subappennino e dintorni” (a cura di Michele Galante, Edizioni Sudest, Manfredonia, pp. 98, euro 6).

Soccio è scomparso nel 2001, in età avanzata, a 94 anni. Un’esistenza operosa la sua, che lo ha visto protagonista di numerose iniziative culturali legate al territorio dauno. Un grande vecchio del mondo pugliese, insomma, che ha composto opere di narrativa, tra cui quel “Gargano segreto” che resta il suo indiscusso capolavoro, e di storia locale, incentrate sulle vicende del brigantaggio, sul mondo garganico, sulle città che più ha amato, come Foggia e Lucera.

Ora, a completare il quadro, giunge questo bel volumetto, nel quale sono raccolti 10 articoli, 8 apparsi sulle pagine culturali della “Gazzetta del Mezzogiorno”, alla fine degli anni Ottanta, e 2 pubblicati sul periodico lucerino “Il Centro, nel 1990 e nel 1991. Tema dominante in questa produzione, come rimarca la scelta del titolo, è il mondo del Subappennino, quella parte della provincia di Foggia così bella, ma purtroppo così penalizzata dal predominio moderno della pianura.

Un tempo in comuni come Biccari, Roseto, Volturara e Alberona c’erano molti più abitanti, poi l’emigrazione li ha svuotati, condannandoli ad un oblio che dura ancora oggi. Alla fine degli anni Ottanta, quando Soccio li descrive, l’esodo si è già compiuto e il lettore si imbatte in un ritratto bifronte, quello di una realtà svantaggiata per la sua posizione, ma pur sempre bellissima. E’ un’oasi per molti versi felice, in cui domina una natura incontaminata.

Ritroviamo in queste pagine la felice vena narrativa del preside, che costruisce dei pezzi che si pongono sulla scia degli articoli di autori a lui cari, come i rondisti Baldini e Bacchelli. Sono le avventure di un viaggiatore curioso, che incontra amici e persone singolari, unendo al fascino del presente quello del passato, grazie a delle riuscite e argute divagazioni storiche. Non c’è nulla di didascalico e di scontato, insomma, in questi pezzi, che iniziano felicemente ex abrupto, come nel caso di “A Roseto Valfortore. Tra i faggi fuggono ancora i carbonari”, che presenta nel primo capoverso l’immagine di un ragazzo che “attaccò l’asino a un faggio e sedette su un tronco fradicio. Si aggiustò la folta chioma, tirò fuori una sigaretta e si frugava per un cerino”. Di qui Soccio parte per una ricostruzione d’ambiente ricca di particolari e di curiosità, ancor più notevoli, a ben pensarci, vista la sua nota cecità.

Non mancano, poi, gli aneddoti e i richiami ai personaggi famosi da lui incontrati, come Giuseppe Di Vittorio. E’ un vezzo caro al preside, che altrove, ad esempio, ricorda Virgilio Lilli, un giornalista e scrittore calabrese, un tempo molto noto, che ha dedicato alcune belle pagine alla Puglia.

Tipica di Soccio è anche la lingua, sempre elegante e sostenuta, talvolta un po’ antica, con i suoi chiari echi della tradizione letteraria italiana. Sempre, comunque, l’autore è padrone della pagina, riuscendo a rendere l’operosa vita di queste comunità subappenniniche, a suggerire il fascino dei vasti orizzonti che si schiudono dalla cima delle alture, ad evocare la magia di boschi ancora ricchi di misteri.

Nel complesso, in questi 10 articoli Soccio offre una conferma delle sue qualità di narratore, esaltate dal suo amore per la terra dauna, amata in tutti i suoi angoli, anche quelli meno noti.

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