ORMAI L’UOMO PARLAVA CON LA TERRA
Una desolata tristezza domina in quest’ultimo lavoro della sezione, nella descrizione del ripiegamento del protagonista, che ha escluso dal suo mondo tutti gli uomini, bandendo la parola come un inutile strumento, come un veicolo di menzogna e di falsità. Il verbo perde ogni motivo di esistere, di fronte alla verità che si mostra senza veli nelle cose, nella pagina eloquente del suo campo, e che emerge anche dall’incontro con i suoi animali.
Tutto parla, tutto comunica, ma senza passare attraverso la parola, e soprattutto senza bisogno degli uomini, portatori di insidie e di malafede. Al protagonista non serve nient’altro per essere soddisfatto, ma nel suo silenzio emerge con chiarezza la sua disillusione, la sua mancanza di speranze, che avvicina il brano ad altri compresi, al di fuori dei Ruralia, negli Ultimi canti, come alcuni della sezione intitolata Un uomo canta nella notte.
Lineare ed essenziale è la struttura dell’opera, con due strofe che riproducono, rispettivamente, il suo colloquio muto con la terra e con gli animali.
Ormai l’uomo parlava con la terra,
in segreto; parlava con le bestie,
anche: non più con gli uomini[1]. Veniva
in campo quando andavano gli aratri,
ma non moveva incontro a interrogare 5
i suoi garzoni. Fermo, alla lontana
era, con gli occhi fissi sulla grande
pagina che la terra, al ciel rivolta,
gli offriva tutta aperta, perché dentro
ei[2] vi leggesse. In piedi, dolcemente 10
chino, gli allineati bruni solchi
contemplava in silenzio, veritieri
segni della fatica[3]. E, alla richiesta,
umile rispondeva a lui la terra
con la forma e il colore delle zolle 15
rimosse dall’acciaio[4]. Né s’udiva
parola alcuna rompere le labbra:
le atteggiava in un tremito sì tenue,
che parea mormorasse una preghiera
dinanzi ad un invisibile altare. 20
Parlava con le bestie, anche[5]. Veniva
giù nella stalla quando eran legate
l’una vicina all’altra, e s’accostava
a palparne la groppa, senza nulla
richiedere ai garzoni[6]. Fiso[7], a lungo 25
le guardava, e le bestie, a lui rivolti
i larghi pacati occhi, alle domande
rispondevan soffiando nelle froge[8],
crollando[9] la criniera, pure a terra
zappando[10]: no, colloquio più eloquente 30
di quello allor non v’era! Salutava
un nitrito la fine, così come
il suo primo apparire. Ciò bastava
all’uom conoscitore d’ogni astuzia,
usato a tutte le vigilie[11]. Ormai 35
avuto in amichevol confidenza
il lor segreto[12], non chiedea più nulla.
E paghe eran le bestie, come paga
era la terra, della pia parola
che l’uom dei campi loro rivolgeva[13]. 40
[1] E’ qui riassunto tutto il tema dell’opera; quello che segue, non è altro che lo sviluppo di questi primi tre pregnanti endecasillabi.
[2] ei: egli.
[3] veritieri...fatica: all’uomo basta vedere l’aspetto del campo, per rendersi conto del modo in cui erano stati svolti i lavori, senza bisogno di ascoltare le vane parole dei lavoratori.
[4] dall’acciaio: dalle lame dell’aratro.
[5] La seconda strofa, dopo la prima dedicata alla terra, si sofferma sul rapporto con gli animali, con una perfetta bipartizione, scandita anche dall’eguale numero di versi.
[6] senza...garzoni: anche in questo caso, come ai vv. 5-6, non domanda nulla a chi gli sta intorno.
[7] Fiso: fisso, attento; una forma poetica che veniva incontro al gusto letterario del poeta.
[8] froge: estremità carnose del naso degli animali.
[9] crollando: agitando, scuotendo.
[10] pure...zappando: oppure battendo il terreno con gli zoccoli (zappando).
[11] usato...vigilie: abituato alle tensioni che precedono i momenti importanti della vita dei campi.
[12] avuto...segreto: l’uomo s’informa del modo in cui vengono trattate, in cui vengono svolti i compiti dagli addetti, fidandosi molto più degli animali che degli uomini.
[13] Il finale sottolinea il valore positivo che assume il comportamento dell’uomo nei confronti dei suoi interlocutori, la terra e gli animali. Non c’è bisogno d’altro, per vivere bene, per procurarsi il necessario, pur vivendo in mezzo alle altre persone. In questo modo, però, si riafferma soprattutto la visione pessimistica che permea la composizione.