GIORGIO ORIGO, "INCONTRO NELLA NEBBIA"

 

E’ stato appena pubblicato, per i tipi delle Edizioni del Rosone, un interessante libro in cui si rievocano le vicende più tragiche del periodo bellico in Capitanata, ed in particolare a Foggia. Si tratta di “Incontro nella nebbia”, un’opera autobiografica scritta da Giorgio Origo (pp. 127, euro 13). L’autore è nato a Genova nel 1925, ma dal 1935 al 1947 ha vissuto a Foggia, in un periodo, com’è facile comprendere, particolarmente delicato.

L’occasione per riandare a quegli anni gli è stata offerta, come racconta lo stesso Origo nella prefazione, da una ricerca sulla seconda guerra mondiale, assegnata a scuola ad una sua nipote; la ragazza ovviamente si rivolge al nonno, e così fa, l’anno dopo, anche un altro nipote. Da questo spunto, attraverso successive aggiunte, è nato “Incontro nella nebbia”, che si avvale della presentazione dell’attuale preside dell’Istituto Tecnico Industriale “Saverio Altamura”, Annamaria Novelli. Origo, infatti, ha frequentato a suo tempo proprio questa scuola superiore, che ha lasciato un segno nella sua formazione, visto che dopo ha lavorato in un’azienda siderurgica, dalla quale si è congedato come dirigente.

La stazione di Foggia dopo i bombardamenti

 

Per la Novelli questo libro colpisce soprattutto per l’importanza che assegna alla scuola nella formazione dei giovani di allora; ed in effetti è indubbio che l’istruzione aveva in passato un ruolo ben più plasmante e incisivo.

Origo racconta le pagine della sua giovinezza in terza persona, con uno stile asciutto e misurato, attento ad evitare le eccessive cadute nel sentimentalismo. Egli, in compenso, rivive quel periodo con molti particolari, ricostruendo luoghi, persone e fatti che sono rimasti nel fondo della sua memoria.

La narrazione si apre con un evento tragico, quel 10 giugno del 1940, quando Mussolini, “maestro abile nella tecnica teatrale, fece il suo memorabile discorso”, ascoltato dalla folla festante anche a Foggia. Solo in pochi capirono quale tragedia stava per iniziare e Giorgio, con il senno del poi, capì una lezione importante: “se più di tre persone gridano in coro lo stesso slogan, bisogna allontanarsene di corsa e riflettere. Dietro alla folla che grida: - Liberate Barabba – c’è sempre un fariseo”. E’ una lezione, questa, che viene suggerita alla fine del capitolo, in una parte in corsivo, con la quale si vuole suggerire una morale. E’ un espediente che Origo usa anche in altre pagine, evidenziando lo stacco cronologico.

Tutte quelle grida di giubilo diventeranno grida di dolore anche per il protagonista, che racconta la fuga nei rifugi antiaerei e i terribili bombardamenti di Foggia. La città cambia aspetto, appare irriconoscibile, e cumuli di macerie prendono il posto di un caseggiato di quattro piani, “attorno al quale militari, pompieri e gente comune scavava alacremente in cerca di sopravvissuti”.

I rosari delle donne restarono interrotti di fronte alla morte, scrive Origo, che con la sua famiglia è costretto a rifugiarsi in Molise, in una serie di pericolosi spostamenti. Il ritorno a Foggia è nel segno della rovina e della devastazione, mentre la fame imperversa.

Il libro di Origo contiene molti episodi che meritano di essere letti e commentati, anche a livello scolastico, come quello della fila fatta per acquistare un pezzo di carne in occasione delle feste di fine anno, non appena si sparge la notizia della riapertura di una macelleria, in corso Giannone. E’ bene non dimenticare mai, e nonno Origo ha pienamente ragione.

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