UN’ANTOLOGIA DI AUTORI SANSEVERESI
NATALE TRA I CAMPANILI
L’idea di offrire ai lettori del nostro Giornale una piccola antologia di brani natalizi ha riscosso l’anno scorso un notevole successo, motivo, questo, che ci ha spinto a completare la ricerca, offrendo degli altri spunti poetici.
Di qui i brani che seguono, che illuminano alcuni dei tanti possibili volti della festa più bella, quella che ci fa ritornare, almeno per un attimo, tutti bambini. In un periodo come il nostro, denso di veleni ideologici e pseudoculturali, questa rassegna vuole essere anche una sorta di antidoto di fronte al male, di fronte a quanti vorrebbero, in nome di un malinteso ed intollerante laicismo, figlio della più perversa globalizzazione, distruggere un mondo di valori e di tradizioni che merita ben altro rispetto.
Speriamo che la dolcezza del Natale riesca ad operare il miracolo di contagiare tutti, anche quelli che ci vorrebbero simili ad alberi senza radici, fingendo di dimenticare che sono proprio le radici che ci tengono in vita. Buona lettura.
ASPETTANDO IL NATALE
Apriamo questa rassegna con una lirica che Enrico Fraccacreta ha voluto scrivere appositamente per il nostro Giornale, venendo incontro nel migliore dei modi alla nostra richiesta. Valido e stimato poeta della nostra terra, egli ha da poco pubblicato il volume di versi “Camera di guardia”, che sta ottenendo un lusinghiero successo.
“Prossimo Natale” è una composizione tutta permeata dal senso dell’attesa, da un bisogno di amore e di serenità interiore che solo il Natale può dare, il Natale cristiano, quello vero, con quel Bambino che viene ancora tra noi. La vita quotidiana è fredda, arida, stereotipata, ma la speranza non deve mai venire meno, c’è ancora qualcosa da attendere, da cercare, per guarire dalle ferite profonde della vita.
La lirica ripete e scandisce una mancanza, “tu non ci sei/prima di Natale”, per chiudere con una nota positiva, aperta alla speranza, “le nostre vite/ che stanno già guarendo”.
E’ una poesia, nel complesso, che contiene un’originale ed ispirata interpretazione della ricorrenza del venticinque Dicembre, riportata alla sua profonda e primitiva valenza.
PROSSIMO NATALE
Sono sere piovose
e vengono giù tutte le luci della città,
i semafori e le macchine
si muovono col traffico
nei negozi, nella gente con me
compressa dagli eventi.
Tu non ci sei
prima di Natale,
al grande crocevia mi vengono addosso
la pioggia, le luci delle feste
i bagliori delle ultime espressioni
piangono tutte insieme sul tergicristallo
quando si muove col solito rumore
che dice: non ci sei, non ci sei
ancora non ci sei.
La chiave gira spegnendo il motore
aprendo la porta nella voragine
delle labbra mute bagnate di pioggia
restate fuori dalle nostre case,
quando mancano pochi minuti per Te
che stai arrivando
per noi che stiamo aspettando
in tutti i nostri cuori
che finalmente prenderai
nelle piccole mani appena nate
appena cresciute, forti tanto
da prendere in braccio
le nostre ferite, le nostre vite
che stanno già guarendo.
ENRICO FRACCACRETA
LA PREGHIERA DI NATALE
“La strada d’erba” è uno dei più bei poemetti scritti da Umberto Fraccacreta. Pubblicato nel 1934, nel volume “Nuovi Poemetti”, racconta una delicata storia d’amore, quella tra un giovane abruzzese, rappresentante del mondo pastorale, sconfitto dalla storia, e la figlia di un fornaio pugliese, legato alla realtà agricola. La vicenda, dopo varie traversie, sarà coronata dal lieto fine matrimoniale.
Quella che riproduciamo è l’ultima strofa dell’opera. Nella notte di Natale, il fornaio, “il padrone”, è al lavoro, intento a preparare il pane per il giorno di festa. Il “giovine”, ossia il fidanzato della figlia, Antonio, si è recato in chiesa con la fidanzata e la madre di lei.
Il fornaio sente il suono delle campane, che annunciano la messa di mezzanotte, e ne resta colpito, pregando Dio che la terra di Capitanata possa sfamare tutti, anche i pastori, in nome di una pacifica coesistenza. E’ un inno alla pace che suggella l’opera, in nome del riconoscimento delle ragioni dell’"altro”, del superamento di una logica egoistica e utilitaristica.
Da notare nel brano il riferimento ad un’usanza ormai scomparsa da tempo, per la quale all’alba un agnello veniva portato davanti al presepe. In questo modo si ricordava che la prima visita ricevuta da Gesù Bambino era stata quella dei pastori.
Era solo il padrone dentro il forno,
ché nella notte il giovine alla chiesa
s’era già mosso con le donne; solo,
solo davanti la sua fiamma rossa.
Ma come il primo tocco udì nell’aria,
una finestra aperse, e l’onda grave
e lenta, sotto il mar degli astri, tutto
l’avvolse. E pianse allora e, sui ginocchi
ripiegando, pregò: “Questa campana
ormai annunzia, o Signore, la tua nuova
venuta fra le genti; e già al presepe
fa la prima stazione il sacerdote
cristiano nel santo sacrifizio
della messa. Indi al suon di cornamusa,
belante a Te s’accosta nell’aurora
l’agnello che più caro avesti al mondo,
simbolo d’innocenza e obbedienza.
E come hanno le stelle le vie azzurre
negli abissi del cielo, or fa’, Signore,
che seguendo l’antica strada d’erba,
dal monte alla pianura, trovi il gregge
il pascolo fiorito alla sua fame,
e pur vita il pastore, come sempre
di tutti i tempi fu, su questa terra
gran dispensiera agli uomini di pane!
UMBERTO FRACCACRETA
QUEL BAMBINO NEL PRESEPE
La poesia che segue è dell’avvocato Ernesto Mandes ed è tratta dalla raccolta “Rosai” (Leone, Foggia, 1956, seconda ed.). E’ una lirica semplice, tipica della produzione di questo singolare avvocato, nato a Casalnuovo Monterotaro nel 1874 e scomparso a San Severo nel 1959, innamorato dei versi, oltre che della politica. E’ stato sindaco della città negli anni della prima guerra mondiale e ha sempre ricordato con orgoglio il suo periodo trascorso come allievo di Giovanni Pascoli e la sua amicizia con la sorella Mariù.
La lirica è in ottonari, articolati in due strofe, con schema ababcc, e questo spiega la musicalità della composizione, visto che l’ottonario è un verso notoriamente molto cadenzato, come tutti quelli parisillabi, del resto.
Di fronte al presepe nasce un anelito di pace, un desiderio che si unisce alla richiesta di una maggiore giustizia tra gli uomini, in modo che ognuno abbia la possibilità di vivere dignitosamente. E’ una lirica che i nostri alunni delle scuole elementari potrebbero imparare proficuamente, in occasione delle feste natalizie.
NATALE
Nel presepe illuminato
c’è un bambino senza vesti:
è, stanotte, a noi calato
da le plaghe più celesti.
Il suo viso è ardente face,
il suo labbro dice: Pace.
Pace, pace su la terra
agli oppressi, ai derelitti;
non più sangue, non più guerra,
non più stragi, non delitti.
Pace, pace: a ognuno il pane
pel suo povero dimane.
ERNESTO MANDES
IL LATO IN OMBRA DEL NATALE
Talvolta la gioia della festa lascia spazio a momenti di noia, in cui il riposo si trasforma in tristezza, malinconia. Allora lo sguardo vaga e, nel caso della lirica in questione, finisce per soffermarsi su di un vecchio ubriaco, per il quale ogni giorno è buono per alzare il gomito, Natale incluso.
Edio Felice Schiavone, nato a Torremaggiore, ha risieduto per molti anni a San Severo, prima di trasferirsi in provincia di Bari. Primario pediatra in pensione, ha sempre affiancato alla sua professione l’amore per le Muse, pubblicando numerosi volumi, che si sono fregiati di autorevoli e positivi giudizi critici.
La lirica in questione, “Natale”, è inclusa in “Io e il mio Sud” (Edizioni del Leone, Venezia, 1990), seconda parte di un discorso poetico iniziato con un libro dall’omonimo titolo, apparso nel 1987 per i tipi della bolognese Cappelli.
Il Sud di Schiavone si muove tra concessioni alla tradizionale rappresentazione del nostro Meridione e momenti più realistici, in cui l’autore prende spunto anche dall’attualità. In ogni caso, il risultato è sempre di rilievo, come nell’esempio in questione, con la sua originale interpretazione della festa.
NATALE
Venticinque dicembre
Natale di Gesù.
Un giorno di minuzie - così - di ore
corrose, sonnolente…cupe a volte
lungo lo stilo della meridiana
addobbata a presepe
o di rosso papavero
nell’azzurro del cuore.
Dalla fiaschetteria
–non è Babbo Natale-
per il vicolo muro muro arzillo
che ti sorride, ti parla un vecchietto
a voce alterna con il capo a pendolo.
EDIO FELICE SCHIAVONE
IL NATALE DELL’ARTISTA
L’ins. Fedora Spinelli ha pubblicato nel 1989 la silloge di poesie intitolata “Arcobaleno infranto” (Edizioni “Il Richiamo”, Foggia), dedicata al disegnatore Andrea Pazienza, scomparso l’anno prima. In una delle liriche contenute, “Nuovo Natale”, si disegna l’immagine di una festa metafisica, al di là della cortina della vita. In un universo dominato dalla presenza di Dio, la festività natalizia assume un suo volto diverso, ma non perde il suo rilievo.
NUOVO NATALE
Tra violini d’aria
e flauti magici
sono andato incontro
al mio nuovo Natale.
Ai rami degli alberi
ho appeso le code delle stelle
e con fili dorati ho intrecciato
arabeschi disegni.
I venti
accarezzavano gli alberi di giada.
Nelle vie dello spazio
passeggiava lo stupore
della luna.
Nell’immensità
vi era solo Dio.
FEDORA SPINELLI
LA PACE E LA GUERRA
L’avv. Vittorio Emanuele Giordano, classe 1927, ha sempre coltivato la passione per la poesia, affiancandola ai suoi molteplici interessi di giurista e di docente. Nel 2001 ha pubblicato la silloge “Momenti dell’anima” (Libroitaliano, Ragusa), che contiene la lirica “Natali di guerra”, che presentiamo. E’ un ispirato e delicato confronto tra due epoche e due momenti della vita dell’autore, in cui le immagini e i pensieri appaiono limpidi e profondi, colpendo l’attenzione del lettore.
NATALI DI GUERRA
Natali di carta e di muschio
Natali di ovatta
dell'infanzia lontana
Ogni parola un canto di preghiera
e ogni preghiera una lacrima
Oggi è Natale di pace
pingue
freddo e muto
nel luccichio sfarzoso
di falsi fili d'oro e d'argento
Di vero solo il prezzo del filo
e il guadagno dei furbi
E poi la solitudine del Cristo
Natali di carta e di muschio
Natali di guerra
dell'infanzia lontana
Il mio era sempre di argilla
splendente di verità e poesia
Un miracoloso presepio
bello come la gioia nel dolore
Nella lirica che segue la guerra è invece quella che si svolge in Palestina. La terra santa per eccellenza continua ad essere bagnata dal sangue dell’odio, e il poeta in pochi, incisivi versi liberi, affonda il bisturi in questa terribile contraddizione.
La poesia in questione, “Natale in Palestina”, è compresa nel volume “Pietre sparse” (Bastogi, Foggia, 1997), a firma di Alfonso Tartarico, medico neurologo.
L’odio ha trasformato il luogo della nascita in un camposanto, facendo prevalere i peggiori istinti assassini. Cristo, insomma, nasce ancora, ma tra le armi.
NATALE IN PALESTINA
La pietraia cova l’insinuante seme;
fantocci foschi di polvere e pianto
per biblico rancore;
gli animi spenti dall’odio
nell’arida Gerusalemme;
in armi sul camposanto della storia
e pur bagnati
dal gocciolio perenne della stella.
ALFONSO TARTARINO
IL NATALE DEI RICORDI
Natale è una festa di ricordi, l’occasione per ritornare con la mente al passato, abbellendolo con i colori della nostalgia e della malinconia, come ci mostra l’ins. Maria Teresa Savino in questa lirica, intitolata “Il mio Natale”, tratta da “Calendario privato”, del 1998. Savino, presidentessa dell’associazione culturale “Lo Scrigno”, ha al suo attivo altri volumi di liriche.
IL MIO NATALE
Io non riesco a percepire il senso del Natale
tra ipocriti festoni di luci colorate
guardando le vetrine dei fiorai
dove rosseggiano caduche stelle
o curiosando in magazzini affollati
di ostentata allegria.
Il mio Natale
è quello dei ricordi: senza fronzoli e doni
odoroso di fritto e di presepe.
(Mia nonna friggeva le nevole:
nell'enorme padella
fiorivano i dolci nostrani
poi deposti nei cesti
quasi con devozione.
Mia madre abbrustoliva
sul braciere, pane raffermo e mio padre
tornava da lontano
con una vecchia borsa per bagaglio.)
Era festa di attesa!
Dopo
nessun altro Natale ebbe simile avvento
nessun altro portò al cuore
una simile gioia.
MARIA TERESA SAVINO
IL PRANZO DI NATALE
A San Severo quando si parla di tradizione si pensa subito alla zuppetta, la buonissima pietanza presente sulla tavola di tutti i concittadini, compresi i tanti che vivono altrove. Se in casa c’è un sanseverese, quasi immancabilmente il pranzo di Natale sarà incentrato sulla zuppetta, alla quale anche noi non siamo disposti a rinunciare. Non è un pranzo diffuso in provincia di Foggia, e basta spostarsi di pochi chilometri per accorgersi che le tradizioni cambiano; ma questa constatazione finisce per rendere ancora più forte il legame tra la zuppetta e la nostra città.
La lirica che segue, “Pane”, richiama proprio la preparazione della tradizionale pietanza. L’autore, Giuliano Giuliani, ha sempre avuto due passioni, quella per la politica e quella per lo scrivere; finora, in verità, aveva preferito articoli e brani in prosa, ma da qualche tempo anche la musa poetica sta facendo capolino tra le sue composizioni. Di qui quella che pubblichiamo, in cui risplende l’importanza della tradizione, di un passato ideale ancora ricco di valori e di significato, che non va distrutto o trascurato. Anzi, al contrario, va riscoperto nella sua essenza.
PANE
Calde mani premurose
di mamme sveglie all’alba
chiamate ad impastare pane
che aveva odore di festa.
Natale che riuniva famiglie
intorno al desco
e pane segnato dal fuoco
poi bagnato e consumato
a rimembrare che era nato povero
il padrone del creato.
Nuovo pane tostato
dirà a San Severo
che Natale è ritornato
altra fiamma richiamerà famiglie
avrà sapore antico la vigilia
se il pane passerà di padre in figlio.
GIULIANO GIULIANI
NATALE TRISTE
Il brano che segue appartiene al prezioso libro di Antonio Giuliani, “Piccola antologia di prose e poesie dal dialetto di San Severo alla lingua italiana”, un’opera composta nel 1926 e pubblicata per la prima volta nel 2000, per i tipi di Felice Miranda Editore. Il brano contiene il malinconico sfogo di uno scolaro, che rimpiange la scomparsa del proprio genitore. Il Natale non è più lo stesso, ormai, e la gioia si è perduta.
La composizione vuole essere un invito a non perdere mai di vista i valori veri, a non dimenticarsi, finché si è in tempo, dell’importanza della famiglia. La gioia, poi, va condivisa con il prossimo, specie se si tratta di persone che soffrono, né deve mancare un ricordo e una preghiera per quanti ci hanno lasciato, varcando la soglia della morte.
NATÈLË
(còmbëtë dë ‘nu sculërë)
Ecchëtë a Nnatèlë!... Chë mmujínë, chë ffrajàssë, chë ffèstë! Chi frìcchjë pë 'na cosë, chi pë 'n ‘àvëtë; spíjë da qqua, spíjë da llà, tutt' è rròbba magnatòrjë. Jìnd'a la chjazzèttë dë Sa nGiuwànnë sò nnúcë, so mmènnëlë, mélë, portajàllë, fëchësìcchë, manderínë, pëgnólë, castàgnë; cchjù ddrétë vènnënë 'u frummàggë, bbaccalà, casckavàllë; vútë l'òcchjë a 'n’àvëta víjë e vvìdë fëlèrë dë fenùcchjë, àccë, cardúnë, bburràccë, sckarólë, vròcchëla rósë; dë rëmbèttë stà vùnë chë ‘na casscëtèllë ca vènnë cannólë, tërrungínë, pë ppóchë prèzzë; sòp ‘a ‘n’àvëta bbanghínë cë vènnënë jòttë, nóvë pòggljë dë cëcculètë pë ccìnghë lírë; apprèssë cë vènnënë scòllë, cavëzìttë, scupèttë, spëcchjëtìllë, pèttënë, pëttënèssë, fàcciulèttë; e cchi frìcchjë dë 'na manérë, chi dë ‘n’avëtë: të nzurdìsscënë. ‘Nu crëstëjènë cë sazjarríjë sckìttë a spëjà… 'Ngë stà, però, tùttë quèlla fòllë dë ggèndë dë l'àvët’ànnë, ca spënnévë a jjòcchjë chjùsë. Awànnë cë sèndë 'a pacchërëjazjónë, e 'nu póchë púrë cë në ccòlpë la mòrtë ca fa ndurzà ‘i crëstëjènë pròpjë a li mègghjë fèstë! Ah! L’ànnë passètë jévë vívë ‘a bbonàlëmë dë tatà e a la chèsa míjë jévë ‘a chèpa prëjèzzë… ‘U magnà cë jëttévë: quelli nèvëlë, quelli nèvëlë!... E mmo tùtt’è ssolènzjë, ognúnë cë fa ‘i fàtta sójë, ‘a tòmbëlë stà bbandunètë, e ccë chjàgnë… ‘Ngë tè córë a stà allèrjë, spècjë quànnë cë manghë ‘u chèpë dë la chèsë! Sólë a ppënzà a lu magnà ca cë purtèvë jìssë, jìnd’a sti jùrnë, a la prëjèzza sójë a vvëdèrëcë tùtt’attùrnë ‘a jjìssë ndàvëlë, e mmo ‘ngë stà…, mo so nzërrètë quìll’òcchjë ca rërèvënë jìnd’a sti jùrnë…, so ccósë ca të fànnë sscì pàzzë! Quànda waggljùnë jóggë faciarrànnë fèstë, cundèndë dë tënè ‘a màmmë e ‘u pèdrë lórë! E jji ca më la chjàgnë… Sëgnórë, Sëgnórë, ca si’ nnètë mmézë a lu frìddë e ha’ purtètë ‘a crócë pë nnu’, në ndë në scurdànnë dë li mòrtë nòstrë!
NATALE
(componimento di un alunno)
Eccoti Natale!... Che gazzarra, che gridìo, che festa! Chi grida per una cosa, chi per un'altra; guarda di qua, guarda di là, son tutte cose mangerecce. Nella piazzetta di San Givanni vi sono noci, mandorle, arance, fichisecchi, mandarini, pigne, castagne; indietro vendono formaggio, baccalà, caciocavallo; volgi lo sguardo a un'altra parte e vedi file di finocchi, sedani, gobbi, borragine, indivia, cavoli a rose; rimpetto v'è uno con una cassetta che vende cannoli, torroncini, a buon mercato; su di un altro marciapiede si vendono otto, nove tavolette di cioccolata per cinque lire; più in là si vendono cravatte, calze, spazzole, piccoli specchi, pettini, forcine, fazzoletti; e chi bocia d'un modo, chi d'un altro: t'assordano addirittura. Ci si sazierebbe soltanto a guardare... Non c'è, però, tutta quella moltitudine degli altri anni, che spendeva a occhi chiusi. Quest'anno si sente la penuria, e n'è causa un po' pure la morte, che proprio nelle migliori feste amareggia la gente!... Ah! L'anno scorso era vivo papà, buon'anima, e in casa mia v'era fior d'allegria... Abbondanti erano i pasti: quelle "nevole", quelle "nevole"... Ed or tutto è silenzio, ognuno pensa a sé, la tombola donne in un cantuccio, e si piange... Non abbiamo animo a stare allegri, specialmente quando ci manca il capo di famiglia! Soltanto a voler pensare a tutto quanto ci portava da mangiare in questi giorni, al giubilo suo nel vederci tutti intorno a lui a tavola, ed or non v'è più..., or son chiusi quegli occhi che ridevano in questi giorni..., c'è da ammattire! Quanti ragazzi oggi faranno festa, contenti di avere con loro i genitori! Ed io me la passo a piangere... Oh, Signore, Signore, che sei nato nel cuore del freddo ed hai portato la croce per noi, non ti scordar di chi soffre, non ti scordar dei nostri morti!
ANTONIO GIULIANI
L’ins. Armando Perna ha al suo attivo vari volumi di genere diverso, dalla narrativa alla saggistica. Nel 1993 ha edito la silloge poetica “Veroni a sera”, nella quale è compresa la lirica “E’ Natale”. In essa, la dolcezza della festa viene distrutta dal dolente pensiero di una persona scomparsa, una figura amata che ha segnato in profondità l’esistenza di chi resta. Il freddo esterno diventa così il gelo dell’anima, che si fa sentire con ben altra intensità.
E’ NATALE
E’ nell’aria dolce un’eco
di giorni felici, lontani!
E’ nell’aria cruda
il riverbero caldo
degli anni miei bambini:
è Natale!
Di quel tempo felice, passato,
rivivo l’aura lieve;
dolce, sui vetri, cade la neve!
Tra fiocchi sonnolenti
un viso m’appare;
allungo braccia anelanti,
e mille aghi di ghiaccio
trafiggon le dita.
Con te, di là, è svanita la vita!
VISIONI DI NATALE
LA LUCE CHE SI SPENSE
La luce nel silenzio,
L’albero senza vento,
Gente di cioccolata
E sfere capricciose;
Ai piedi, terra bianca,
Un lago ed una grotta,
Pastori stupefatti
Stretti da mille doni.
Ed io, fanciullo insonne,
Nell’ombra che contemplo.
E’ una lirica che abbiamo scritto più di vent’anni fa, che per noi contiene il senso del Natale dell’infanzia. Continua a piacerci ed è per questo che abbiamo voluto includerla in questa raccolta di brani natalizi, come un omaggio alla festa più bella dell’anno e come segno d’affetto per la città in cui viviamo.
Auguri a tutti.
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