POESIA

IL NATALE DI UMBERTO FRACCACRETA

 

Era il 1931, quando, presso l'editrice “Cappelli” di Bologna, Umberto Fraccacreta pubblicava l'opera Elevazione, due anni dopo il battesimo letterario dei Poemetti.

Il tema del Natale si ritrova spesso nella produzione del poeta, e non a caso, se solo ricordiamo l’importanza che il ciclo della natura e la terra natia assumono ai suoi occhi. Le due composizioni di seguito pubblicate fissano il miracolo di una festa che non cessa di affascinare. E' la giovinezza, il desiderio della divina ingenuità, la decantazione del sentimento, la musica che giunge alle radici del mistero, trasportandoci sulle note di un magico flauto.

Il Natale di Umberto Fraccacreta è quello tradizionale della civiltà contadina, di quel mondo così rapidamente scomparso da sembrare, agli occhi dei giovani, mai esistito. Eppure ancora 70 anni fa i pastori di Betlemme non erano solo figure del presepe, ma una presenza consueta, tradizionale. L'angelo che annunciava il lieto evento nella lontana notte giudaica parlava anche ai tantissimi figli d'Abruzzo, che trascorrevano la festa lontano da casa, pensando ai propri cari, nel rimpianto di una lontananza fisica che il tradizionale fatalismo e l'atavica rassegnazione non attenuavano. Ma anche la vita dei braccianti non era migliore e le feste che scandivano l'anno lavorativo erano altrettante oasi in un deserto ostile.

Il Natale è uno scontro tra luci ed ombre, tra la fredda ed oscura tenebra e lo splendore dell'angelo, tra il silenzio e il prodigio dell'annuncio, tra la solitudine esistenziale e il colloquio vivificatore. Il Vangelo di San Giovanni, più degli altri, è basato su questa antitesi e certo la San Severo del passato, che da non molti anni aveva un impianto di illuminazione pubblica, rifletteva molto più fedelmente questo scontro primigenio. Le vie erano spesso buie e da esse si passava rapidamente agli orti, alla campagna puntellata di lontani, contorti fantasmi, avvolti dalle tenebre, gli olivi centenari di Puglia.

In questo mondo in attesa la luce rifluiva nelle case, dove la famiglia era riunita per scoprire il senso della vicinanza umana, per meditare sul mistero dell'olivo, che si pianta per i posteri, e nelle chiese, la porta del Purgatorio, dove l'angelo siede sulla soglia di diamante.

Era il periodo delle "ciaramelle", di pascoliana memoria, della calma prima del dis­astro bellico, un'epoca difficile, come sempre, del resto.

Oggi tutto è forse più uniforme. Le luminarie sfolgorano nelle vie, invogliando a spendere; la corsa agli acquisti diventa frenetica, quasi si trattasse di un dovere ineludibile.

Quanto alle tradizioni, sono spesso un peso per chi non ama i broccoli o il capitone, mentre aumenta il consumo del nordico zampone. Resiste la zuppetta, piatto semplicissimo e altrettanto succulento, che, chissà poi perché, è preparato solo a San Severo; se nei comuni vicini trova posto sulla tavola natalizia, questo è un indizio più che sicuro: in famiglia c’è qualcuno di San Severo, che ha imposto la sua tradizione, per lo più con successo.

     Tutto passa e si snatura. L'ultima delusione è offerta dagli zampognari. Calano in macchina molto prima di Natale, ben vestiti e compiti, chiedendo denaro ai passanti. Più che fonte di ricordo, sono fonte di schiamazzo, con le loro zampogne che, d'un tratto, perdono ogni alone di magia. Come sono lontani i tempi del mite Umberto!

Il segreto della saggezza, in fondo, riposa tra due ricordi letterari, tra il conte di Recanati, persuaso che la gioia consista nell'attesa, e il Vangelo, che ci invita a non preoccuparci troppo del domani, visto che ogni giorno ha già la sua pena.

 

VISIONI DI NATALE

 

I - IN PAESE

 

Viene il suono dall'alto sulle case

degli uomini: la notte cristiana

è cosparsa di stelle e di melodi.

Suona nell'alto la campana e narra

il giubilo degli uomini nei cieli.

Si rischiara di tremule fiammelle

ogni casa, e dirada nelle strade

l'ombra che pare pur essa vivente.

Dappresso al focolare stanno i bimbi

che sognano, sorridono ed aspettano.

Splende la cattedrale di lontano

nel lume della notte cristiana.

La gloria sia nei cieli, sulla terra

la pace e la giustizia! Oh benedetto

quel labbro che fiorisce la bellezza

d'un sorriso, e le ciglia che rilucono

di pie lagrime siano benedette.

Da quali sedi vien la melodia?

Non piove dalle stelle che scintillano

candide e pure su pei cieli vasti?

Or scoppiettano fuochi rosei e bianchi

e squillano i fanciulli e fanno festa

dai davanzali, mentre con chitarre

e viole la gente passa in frotte.

I pastori si prostran sulla terra:

com'è grave e solenne il loro canto!

Su nell'alto risuona la campana.

 

 

II - IN CAMPAGNA

 

Arde nel focolare un grosso ceppo

che coi guizzi lambisce le pareti

intorno affumicate. Fuori sferza

la raffica di neve sovra il piano

di Puglia avvolto nella bianca notte.

Quattro pastori sono desti e assorti

al crepitare della fiamma rossa,

ma col petto più gonfio, il cuor lontano,

essi pensano, in sogno, ai loro monti

che quella gran pianura bianca rende

ora assai più vicini e più solenni;

alle case d'Abruzzo; alle lor mogli

da cui la dura secolar vicenda

lungi li mena; ai loro figlioletti

che la notte invernale in un tepore

solo potrebbe avvolgere e scaldare.

Uno si leva e bofonchiando schiude

un uscio: più non turbina la neve,

ma vien da lungi un suono di campane

con ondate velate e larghe piane.

Si scopron, s'alzan tutti lenti e gravi,

mentre l'anziano intona la preghiera:

“E' Natale: Gesù Cristo è rinato! .. ".

Altri piange in silenzio; ma d'un tratto

ecco che un agnellino, là sbucando

fuor dai vimini, irrompe fra i pastori

tutto tremante. E quelle rozze mani,

al modo che si suole con un bimbo,

ricopron delle dolci lor carezze

quel corpo tutto palpiti e belati.

 

(da Elevazione, Cappelli, Bologna, 1931, pagg. 42-45)

 

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