UNA GUIDA SUI MUSEI DIOCESANI PUGLIESI
SAN SEVERO TRA I CENTRI PIU’ IMPORTANTI
Per i tipi della casa editrice Schena di Fasano è da qualche tempo disponibile un interessante volumetto, intitolato “Guida dei Musei Diocesani di Puglia”, che offre un quadro completo su di una realtà recente e in fase di rapido sviluppo, quale, appunto, i musei diocesani. E’ un testo che riguarda da vicino anche la città di San Severo, dove da alcuni anni, com’è noto, è stato allestito un importante contenitore culturale di arte sacra, sito in vico Freddo, nel cuore del centro storico.
La guida, voluta dalla Conferenza Episcopale Pugliese, si avvale di una presentazione di mons. Cosmo Francesco Ruppi, arcivescovo di Lecce e presidente della conferenza dei vescovi della nostra regione, il quale ricorda l’importanza del connubio tra arte e fede, che ha scandito per secoli la vita della gente e che oggi trova una tangibile espressione nei vari musei diocesani esistenti, che coprono tutte e cinque le province della regione.
Per la precisione, la cartina presenta 15 località segnate con un cerchio rosso, e dunque sedi di un simile museo. Si parte da Ugento, Gallipoli, Lecce, Oria, Brindisi, Taranto, Monopoli, Gravina, Bitonto, Bari, Molfetta e Trani, per poi arrivare nella provincia di Foggia, con Bovino, Lucera e San Severo. A questi vanno aggiunti altri centri pugliesi nei quali i musei sono in fase di allestimento, come Foggia. Il quadro viene poi completato da realtà culturali legate ai singoli santuari, ed è il caso di San Giovanni Rotondo, dove esistono tre musei, due dedicati a Padre Pio e uno ai Frati Cappuccini, e Monte Sant’Angelo, legato all’antica basilica di San Michele.
Mons. Ruppi ha buon gioco nel sottolineare l’importanza dei risultati ottenuti in un breve volgere di anni, malgrado la carenza di finanziamenti, aggiungendo anche che i musei ecclesiastici “costituiscono una ricchezza non solo del popolo cristiano, ma delle stesse città, diventando al tempo stesso luogo ecclesiale e luogo civile, che rivela il sensum fidei e la ricchezza di fermenti culturali di cui la nostra gente è stata sempre ricca”. Il presule ha anche posto l’accento su di un accordo firmato l’anno scorso, tra la Regione Puglia e la Conferenza Episcopale Pugliese, che prevede un sostegno economico per gli archivi, i musei e le biblioteche diocesane. D’altra parte, c’è l’impegno dei vescovi a migliorare la fruizione dei beni ecclesiastici, rendendoli sempre più un patrimonio dell’intera collettività, strumento di crescita spirituale, in primo luogo, com’è giusto, ma anche culturale.
In quest’ottica, la guida in questione assume un suo più preciso significato, con le sue schede dedicate ad ognuno dei 15 musei diocesani. In poche pagine, si offrono tutte le notizie relative alla storia del museo e ai più importanti oggetti esposti.
Nel caso di San Severo, la scheda è aperta dalle parole di mons. Michele Seccia, che ricorda come il primo passo sia stato costituito, nel 1990, quand’era vescovo mons. Carmelo Cassati, dall’apertura del museo della Cattedrale, in alcuni locali del complesso di Santa Maria. In seguito, l’idea si è estesa, trasformandosi nell’attuale Museo Diocesano, nato ufficialmente nel 2000, che custodisce beni provenienti dai dieci comuni della Diocesi, alcuni di straordinaria importanza. Basti pensare, ad esempio, ai bellissimi ostensori, ai calici, ai reliquiari, ai bacili, realizzati da famosi orafi ed argentieri. Oggetti in cui la preziosità dei materiali impiegati e la perizia tecnica si sposano per esaltare la visione religiosa propria del cristianesimo. Si tratta di reperti che risalgono indietro nel tempo, anche di parecchi secoli, ma non manca anche l’ostensorio del congresso eucaristico diocesano del 2004, riprodotto in una foto presente nella guida, come a sottolineare l’attualità dell’arte sacra, per la quale, a livello generale, si notano dei segni di rinnovato interesse.
Direttore del museo, sia dalla prima ora, dal 1990, è il dr. Roberto Pasquandrea, che si dice molto soddisfatto per il rilievo assegnato a San Severo nell’ambito della guida, aggiungendo che ormai la struttura di vico Freddo è diventato un punto di passaggio obbligato per i turisti che transitano per la nostra zona. “In agenda- ci dice- ho molti gruppi di turisti, provenienti da ogni regione. E’ un segno tangibile del gradimento che il museo riesce a riscuotere nei visitatori, senza, peraltro, richiedere alcun biglietto d’ingresso. I giudizi positivi, del resto, sono attestati dal libro degli ospiti, nel quale non mancano alcuni giudizi di veri esperti nel settore”.
Il colpo d’occhio del museo è davvero notevole e, in fondo, il vero problema è oggi rappresentato dalla ristrettezza degli spazi espositivi, visto che gli oggetti continuano ad affluire, rendendo ancor più preziosa la raccolta ospitata nel contenitore culturale di vico Freddo. A tal fine, si spera che nell’immediato futuro il museo possa disporre di altri spazi, magari utilizzando una parte del vicino complesso del seminario vescovile, che è praticamente vuoto.