SI E’ SPENTO A 79 ANNI

ROMANO MUSSOLINI, UN AMICO DI SAN SEVERO

 

 L’ULTIMO FIGLIO DI BENITO MUSSOLINI

 La scomparsa di Romano Mussolini ha trovato un ampio risalto su tutte le televisioni nazionali, a partire dalle reti Rai, e su ogni quotidiano italiano. I motivi di tanta attenzione sono duplici: era figlio di Benito Mussolini, ma anche un jazzista noto in tutto il mondo.

Romano era nato a Forlì nel 1927 ed aveva, di conseguenza, 18 anni quando la pagina storica del Fascismo si era chiusa con la tragica esecuzione del padre e di numerosi gerarchi, esposti a Piazzale Loreto. Sono immagini che immaginiamo dovettero rimanere a lungo nei suoi occhi di adolescente, poi di uomo e infine di nonno, senza sbiadirsi mai per il tempo. Egli portava un nome ingombrante, non c’è dubbio, specie nell’immediato dopoguerra, ma aveva saputo costruirsi con tenacia una propria solida reputazione di musicista, facendo pian piano breccia in tutti i patiti di questo genere musicale. All’inizio, si capisce, l’attenzione era rivolta solo al suo cognome, poi, però, le sale iniziarono a riempirsi ovunque di semplici innamorati del jazz, senza pensare troppo alla politica e alle vicende storiche.

Avvenne così anche per San Severo, città dove aveva tanti amici ed estimatori, dove, si può dire tranquillamente, era di casa. Il suo più caro amico è stato di certo Giuliano Giuliani, che qualche giorno fa ci aveva letto con dispiacere un articolo apparso su “Il Giornale”, nel quale si dava notizia del ricovero di Romano e delle sue condizioni gravissime. L’articolista non dava alcuna speranza al jazzista e purtroppo non esagerava. Giuliani voleva recarsi a trovarlo, ma l’amico era ricoverato in rianimazione: sarebbe stato inutile.

L’ultima volta che lo avevamo incontrato era stato due anni fa, proprio in occasione del matrimonio di un figlio dell’ex sindaco di San Severo. Romano, come sempre, non appena ricevuta la telefonata d’invito, si era immediatamente precipitato, pur trovandosi lontano dalla Puglia. In quell’occasione ci apparve un po’ appesantito e alquanto provato, privo della solita vena brillante di musicista. Forse era solo stanco, ma è anche vero che gli anni passano per tutti e che la sua esistenza era stata densa di vicende che lui nell’ultimo periodo ha anche raccontato, pubblicando due libri.

Romano era rimasto ormai l’ultimo dei figli di Benito e di Rachele Guidi ancora in vita, e soprattutto, era quello che amava di più la nostra San Severo. Del fratello Vittorio, il comandante, l’appassionato di cinema, che oggi riposa accanto al padre nel cimitero di Predappio, ricordiamo una sola visita, agli inizi degli anni Novanta, per commemorare Attilio De Cicco, in una brillante manifestazione. Romano, invece, era una presenza consueta.

 

I TANTI CONCERTI NEL “VERDI”

 

Molte volte si era esibito nel teatro “Verdi”, interpretando il suo vastissimo repertorio. Era un jazz classico, melodico, piacevolissimo anche per quanti non erano molto a proprio agio con il genere, ma in ogni caso si trattava di concerti di altissima qualità, nei quali era spesso accompagnato da artisti di calibro straordinario. L’elenco dei suoi collaboratori sarebbe troppo lungo.

Anche noi, più abituati a gustare le note di Mozart o di Beethoven, uscivamo dalla sala con nelle orecchie le melodie che sapeva interpretare con la sua perizia di autodidatta, di musicista che si era fatto da sé, come amava ripetere. Anche le improvvisazioni jazzistiche riuscivano gradevoli, senza asprezze ed eccessi, e comunque qualche brano più noto portava subito la bilancia in equilibrio. Alla fine, le richieste di “bis” fioccavano.

Il “Verdi” era quasi sempre pieno e i “camerati” accorsi per rispetto del cognome erano solo una parte del pubblico. Ogni tanto il solito antifascista in servizio permanente effettivo provava a sollevare qualche polemica prendendo spunto dal cognome, ma trovava poco ascolto. La musica buona, in fondo, piace a tutti.

Accanto alla musica, Romano Mussolini univa la passione per la pittura e in molte case di sanseveresi si ritrovano appesi i suoi lavori. Sono quadri che hanno un certo valore, a quanto ci dicono, anche se, personalmente, lo preferivamo come jazzista. I soggetti sono per lo più semplici, comunicativi, e i suoi ammiratori non si facevano pregare per acquistarli. Una di queste tele, rappresentante un pagliaccio, è stata per molti anni una presenza costante a casa mia.

Di sicuro, la pittura si affiancava alle sette note nel permettergli di vivere con dignità. Nessuno, del resto, gli ha mai regalato nulla e lui si è sempre comportato con grande signorilità, nella sua vita di artista nomade, sempre in giro per il mondo.

Disponibile ma fermo, rivelava anche una notevole cultura, che impressionava. Una volta andammo a trovarlo in albergo, qualche ora prima dell’immancabile concerto. Avevamo preparato le nostre brave domande, per non sfigurare, ma lui tagliò corto: “Ma che intervista! Parliamo un poco, poi, con calma, ti sistemi il pezzo come vuoi”. Si fidava di me per interposta persona, per via delle rassicurazioni del suo migliore amico sanseverese, che ovviamente era vicino a noi.

Fu così che finimmo per discutere di libri e di letteratura. Aveva un gusto sicuro, proprio di chi ne ha viste tante nella vita, e molti suoi giudizi erano perfettamente condivisibili. Della nostra città, poi, sapeva davvero tante cose, conosceva uomini e luoghi. Era un amore sincero e, ovviamente, ricambiato.

Con la sua scomparsa è calato il silenzio sui figli legittimi di Benito Mussolini e Rachele Guidi. San Severo perde un amico affezionato che sicuramente mancherà ai tantissimi che lo hanno conosciuto ed apprezzato.

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