MARIO SOLDATI, QUEL VIAGGIO TRA CAPITANATA E VALLE D’ITRIA

 

         Nel 1969 iniziava la storia editoriale di uno dei testi più interessanti di Mario Soldati, Vino al vino, sottotitolato Alla ricerca dei vini genuini.

         Il torinese Soldati (1903-1999) con la sua intensa attività di scrittore e la sua abilità nel muoversi nel mondo della comunicazione è riuscito a ritagliarsi un posto nell’affollato quadro del Novecento italiano, puntellando la sua posizione grazie alla sua inconfondibile prosa.

         Alla fine degli anni Sessanta l’Italia stava conoscendo un periodo molto particolare e questa fase cruciale non sfugge all’attenzione di Soldati, che nota la positività di un certo progresso industriale, di certe acquisizioni della modernità, ma lamenta anche la perdita di tradizioni e valori che meritano, al contrario, di essere salvati. Entra in crisi la stessa civiltà del vino e lo scrittore nota come molti non sappiano più giudicare la qualità di un prodotto, accontentandosi di vini imbevibili. Come si legge nell’Introduzione, da quando gli italiani hanno reciso i legami con la campagna, mandano giù «con paurosa disinvoltura e talvolta con tragico entusiasmo il contenuto di bottiglie che i nostri nonni non avrebbero esitato un istante a vuotare nel lavandino».

         Insomma, nella mente di Soldati il vino è un prodotto reale, materiale, da gustare con i sensi, ma, insieme, è un simbolo dei valori positivi da difendere. Ecco, dunque, che lo scrittore intraprende il suo viaggio per la penisola, alla ricerca dei vini migliori, con la consapevolezza, più volte espressa, che la bevanda di Bacco è un prodotto artigianale, dalla forte individualità, che va diffuso con una mentalità industriale.

         I vini ideali, quindi, sono quelli prodotti in modo genuino, in piccole quantità, con un immutato amore e un uso misurato degli strumenti della modernità. Questi vini si possono trovare in tutte le regioni e sono di solito quelli che costano meno, mentre quelli più cari, ad un attento esame, deludono il palato. Soldati non si ritiene un esperto, ma ha le idee chiare sui suoi obiettivi, rifiutando, nel contempo, l’idea di stare affrontando una battaglia di retroguardia. Privilegiando la qualità artigianale, egli compie un’opera di civiltà e di vero progresso.

         Nei tre volumi in cui è articolato Vino al vino, Soldati non segue un itinerario sistematico. Se nel primo viaggio inizia dalla Sicilia e termina in Valle d’Aosta, nel secondo, che si svolge nell’autunno del 1970, si ferma in Puglia, provenendo dall’Abruzzo e dal Molise. La prima tappa descritta, in Capitanata, è la tenuta di Torre Quarto, a Cerignola, di cui ricostruisce le vicende storiche. Le pagine di Soldati sono dense di dati, curiose, analitiche, concrete, e dal mondo di Bacco l’osservazione si allarga alla gastronomia pugliese, ricca di sorprese positive e ancora poco note.

         In quella che lui stessa definisce la «tre giorni gastronomica pugliese», Soldati sperimenta la squisita ospitalità della regione, bevendo vini saporiti ed eccellenti, come il Cacc’e mitte di Lucera, e mangiando specialità come i torcinelli, che descrive con cura, «budelle di agnello, ripiene di animelle, prezzemolo, pecorino, e fortemente arrostite», che gli ricordano la pagliata romana e lo haggis scozzese. Sulla burrata provata a Foggia, inoltre, Soldati spende delle parole di entusiasmo che rendono il vivo piacere provato nell’assaggio.

         Dalla Capitanata, poi, l’attenzione si sposta verso il Barese e la Valle d’Itria, «La piccola e capricciosa Svizzera dei Trulli». L’ammirazione di Soldati è ancora una volta palpabile: «Si parla di piccola Svizzera: ma, senza far torto alla Svizzera, non bisogna fare torto neanche alla Murgia dei Trulli, dove l’ordine, il progresso, la pulizia, la precisione e l’attività, che fanno pensare alla Svizzera, vengono però corretti da una costante fantasia, e da individuale capricciosità: mentre la libertà e la dignità di ciascun cittadino sono salvaguardate».

         Soldati giunge ad Alberobello, dove incontra il direttore dell’Istituto Tecnico Agrario di Locorotondo, Mutinati, che gli vanta il suo vino fatto «con acqua e sapone», ossia rispettando le norme igieniche, e gli svela anche l’arcano dei ‘Fornelli Pronti’, nato di fronte alle tante macellerie che possiedono un forno a legna per cuocere la carne che vendono. Soldati si congeda dalla regione in un’azienda vinicola di Martina Franca, non senza aver sottolineato che il Meridione non è inferiore dal punto di vista enologico rispetto alla Toscana o al Piemonte.

         Nel terzo e ultimo viaggio di Vino al vino lo scrittore dedica anche alcune pagine alla Basilicata. Pensando a certi paesi dell’interno, il pensiero corre a Carlo Levi, che avrebbe voluto avere come guida (lo scrittore però era scomparso all’inizio del 1975), e a Giustino Fortunato, di cui vede la casa, ridotta in cattive condizioni, a Rionero.

         Il vino, insomma, offre a Soldati lo spunto per una serie di importanti considerazioni, affidate a pagine di gradevolissima lettura. In 50 anni molte cose sono cambiate, ma resta sempre viva e impellente, sullo sfondo, la necessità di valorizzare le peculiarità del territorio, coniugando nel migliore dei modi la modernità con la tradizione.      

        

Mario Soldati a San Severo

         Dalla Puglia alla Basilicata     

          Mario Soldati, nato a Torino nel 1903 e scomparso nel 1999 a Tellaro, una frazione di Lerici, in provincia de La Spezia, ci ha lasciato numerose opere letterarie. Nel 1969, dunque esattamente 50 anni fa, è apparso il primo volume di Vino al vino, un viaggio alla ricerca dei vini genuini italiani, come ribadisce il sottotitolo. Al primo volume, di poco più di 200 pagine, ne seguirono altri due, nel 1971 e nel 1976, poi, nel 1977, apparve l’edizione completa, per i tipi della Mondadori, che ha conosciuto varie riedizioni, sancendone il duraturo successo. L’ultima ristampa, per i tipi della Bompiani, è del 2017.

         Nel secondo volume, Soldati dedica delle pagine ai vini, ma anche, in generale, alla tradizione gastronomica, della Puglia. Dopo aver sostato a Cerignola, Foggia, Lucera a San Severo, lo scrittore, passando attraverso Putignano e Noci, giunge ad Alberobello e Martina Franca, parlando con molto entusiasmo dei pregi della Valle d’Itria. Nel terzo viaggio, inoltre, non mancano anche delle pagine sulla Basilicata enologica e civile.

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