MARIO SOLDATI, QUEL VIAGGIO TRA
CAPITANATA E VALLE D’ITRIA
Il torinese Soldati (1903-1999) con la sua intensa attività di scrittore
e la sua abilità nel muoversi nel mondo della comunicazione è riuscito a
ritagliarsi un posto nell’affollato quadro del Novecento italiano, puntellando
la sua posizione grazie alla sua inconfondibile prosa.
Alla fine degli anni Sessanta l’Italia stava conoscendo un periodo molto
particolare e questa fase cruciale non sfugge all’attenzione di Soldati, che
nota la positività di un certo progresso industriale, di certe acquisizioni
della modernità, ma lamenta anche la perdita di tradizioni e valori che
meritano, al contrario, di essere salvati. Entra in crisi la stessa civiltà del
vino e lo scrittore nota come molti non sappiano più giudicare la qualità di un
prodotto, accontentandosi di vini imbevibili. Come si legge nell’Introduzione,
da quando gli italiani hanno reciso i legami con la campagna, mandano giù «con
paurosa disinvoltura e talvolta con tragico entusiasmo il contenuto di bottiglie
che i nostri nonni non avrebbero esitato un istante a vuotare nel lavandino».
Insomma, nella mente di Soldati il vino è un prodotto reale, materiale,
da gustare con i sensi, ma, insieme, è un simbolo dei valori positivi da
difendere. Ecco, dunque, che lo scrittore intraprende il suo viaggio per la
penisola, alla ricerca dei vini migliori, con la consapevolezza, più volte
espressa, che la bevanda di Bacco è un prodotto artigianale, dalla forte
individualità, che va diffuso con una mentalità industriale.
I vini ideali, quindi, sono quelli prodotti in modo genuino, in piccole
quantità, con un immutato amore e un uso misurato degli strumenti della
modernità. Questi vini si possono trovare in tutte le regioni e sono di solito
quelli che costano meno, mentre quelli più cari, ad un attento esame, deludono
il palato. Soldati non si ritiene un esperto, ma ha le idee chiare sui suoi
obiettivi, rifiutando, nel contempo, l’idea di stare affrontando una battaglia
di retroguardia. Privilegiando la qualità artigianale, egli compie un’opera di
civiltà e di vero progresso.
Nei tre volumi in cui è articolato Vino al vino, Soldati non segue
un itinerario sistematico. Se nel primo viaggio inizia dalla Sicilia e termina
in Valle d’Aosta, nel secondo, che si svolge nell’autunno del 1970, si ferma in
Puglia, provenendo dall’Abruzzo e dal Molise. La prima tappa descritta, in
Capitanata, è la tenuta di Torre Quarto, a Cerignola, di cui ricostruisce le
vicende storiche. Le pagine di Soldati sono dense di dati, curiose, analitiche,
concrete, e dal mondo di Bacco l’osservazione si allarga alla gastronomia
pugliese, ricca di sorprese positive e ancora poco note.
In quella che lui stessa definisce la «tre giorni gastronomica pugliese»,
Soldati sperimenta la squisita ospitalità della regione, bevendo vini saporiti
ed eccellenti, come il Cacc’e mitte di Lucera, e mangiando specialità
come i torcinelli, che descrive con cura, «budelle di agnello, ripiene di
animelle, prezzemolo, pecorino, e fortemente arrostite», che gli ricordano la
pagliata romana e lo haggis scozzese. Sulla burrata provata a Foggia, inoltre,
Soldati spende delle parole di entusiasmo che rendono il vivo piacere provato
nell’assaggio.
Dalla Capitanata, poi, l’attenzione si sposta verso il Barese e la Valle
d’Itria, «La piccola e capricciosa Svizzera dei Trulli». L’ammirazione di
Soldati è ancora una volta palpabile: «Si parla di piccola Svizzera: ma, senza
far torto alla Svizzera, non bisogna fare torto neanche alla Murgia dei Trulli,
dove l’ordine, il progresso, la pulizia, la precisione e l’attività, che fanno
pensare alla Svizzera, vengono però corretti da una costante fantasia, e da
individuale capricciosità: mentre la libertà e la dignità di ciascun cittadino
sono salvaguardate».
Soldati giunge ad Alberobello, dove incontra il direttore dell’Istituto
Tecnico Agrario di Locorotondo, Mutinati, che gli vanta il suo vino fatto «con
acqua e sapone», ossia rispettando le norme igieniche, e gli svela anche
l’arcano dei ‘Fornelli Pronti’, nato di fronte alle tante macellerie che
possiedono un forno a legna per cuocere la carne che vendono. Soldati si congeda
dalla regione in un’azienda vinicola di Martina Franca, non senza aver
sottolineato che il Meridione non è inferiore dal punto di vista enologico
rispetto alla Toscana o al Piemonte.
Nel terzo e ultimo viaggio di Vino al vino lo scrittore dedica
anche alcune pagine alla Basilicata. Pensando a certi paesi dell’interno, il
pensiero corre a Carlo Levi, che avrebbe voluto avere come guida (lo scrittore
però era scomparso all’inizio del 1975), e a Giustino Fortunato, di cui vede la
casa, ridotta in cattive condizioni, a Rionero.
Il vino, insomma, offre a Soldati lo spunto per una serie di importanti
considerazioni, affidate a pagine di gradevolissima lettura. In 50 anni molte
cose sono cambiate, ma resta sempre viva e impellente, sullo sfondo, la
necessità di valorizzare le peculiarità del territorio, coniugando nel migliore
dei modi la modernità con la tradizione.
Mario Soldati, nato a Torino
nel 1903 e scomparso nel 1999 a Tellaro, una frazione di Lerici, in provincia de
La Spezia, ci ha lasciato numerose opere letterarie. Nel 1969, dunque
esattamente 50 anni fa, è apparso il primo volume di Vino al vino, un
viaggio alla ricerca dei vini genuini italiani, come ribadisce il sottotitolo.
Al primo volume, di poco più di 200 pagine, ne seguirono altri due, nel 1971 e
nel 1976, poi, nel 1977, apparve l’edizione completa, per i tipi della
Mondadori, che ha conosciuto varie riedizioni, sancendone il duraturo successo.
L’ultima ristampa, per i tipi della Bompiani, è del 2017.
Nel secondo volume, Soldati dedica delle pagine ai vini, ma anche, in
generale, alla tradizione gastronomica, della Puglia. Dopo aver sostato a
Cerignola, Foggia, Lucera a San Severo, lo scrittore, passando attraverso
Putignano e Noci, giunge ad Alberobello e Martina Franca, parlando con molto
entusiasmo dei pregi della Valle d’Itria. Nel terzo viaggio, inoltre, non
mancano anche delle pagine sulla Basilicata enologica e civile.