POESIE E PROSE PER LA MADONNA DEL SOCCORSO

IN ONORE DELLA NOSTRA PATRONA

 

        

        Siamo ormai prossimi alla festa patronale, edizione 2006, e per l’occasione abbiamo pensato di unire alcuni brani significativi legati alla ricorrenza per eccellenza. Si tratta di poesie e prose di autori diversi, che formano una piccola antologia su di un tema molto caro ai sanseveresi.

Nelle intenzioni, il nostro vuole essere un atto di omaggio alla Vergine e ai concittadini, un atto di fiducia nei valori della fede e della cultura, che non dovrebbero mai venir meno e che però ci sembrano, anno dopo anno, sempre più oscurati dal prevalere di note volgari e stonate. Oggi il simbolo della festa patronale sembra essere rappresentato da quella sorta di “sballo” collettivo che celebra il suo trionfo nella marea umana di corridori, di gente che si agita pericolosamente dietro le batterie. Per non parlare di certe cialtronate pseudo-culturali, figlie dell’ignoranza.

Non è questa la nostra festa, e ci permettiamo di dirlo, senza nasconderci dietro le parole, come da sempre siamo abituati a fare, trovando conforto nella letteratura.

 

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Ma veniamo ai brani. Umberto Fraccacreta (1892-1947) è noto per aver celebrato nel poemetto “Il Pane”, compreso nel suo primo libro di versi, la “Madonna nostra/ del Maggio”. Anche altrove, però, ritorna la figura della celeste Patrona: il riferimento è alla lirica “La processione”, compresa nella sezione “Un uomo canta nella notte”, compresa negli “Ultimi canti”, apparsi postumi nel 1948. E’ una descrizione attenta e felice del solenne incedere processionale della Vergine, portatrice di gioia e di speranza, capace di ridare il sorriso e di asciugare le lacrime. I particolari si susseguono, con efficacia, fino al finale, davvero molto bello, con le sue note cromatiche. La “cesarie d’oro” del v. 8 è la bionda chioma della Vergine.

 

LA PROCESSIONE

 

    Nel mese di maggio,

    quando il grano è in fiore,

    nel mio paese

    va la Madonna in processione.

    

    Ha il manto ricamato

    di pura filigrana,

    su cui ruscellando cade

    la cesarie d'oro;

    la palma dell’olivo

    e la spiga piena

    reca nella sua mano.

 

    Fluttuan le cappe seriche,

    suonano gli ottoni;

    nembi di rose

    sciamano dai balconi;

    scoppian gli spari

    e la Madonna,

    rivolta ai campi,

    i rotondi occhi neri

    tuffa nei verdi seminati.

 

    In un soave flutto

    va la benedizione,

    e tocca il contadino,

    il reduce soldato;

    i lucidi occhi

    figge a Lei la sposa,

    e la stampella lieve

    diventa al mutilato;

    e verdazzurro si fa l’orto

    e biondo si fa il grano.

 

    Di sosta in sosta, lenta

    procede la Madonna

    fra la calca enorme,

    in una selva di ceri

    d'aste e di pennoni.    

    Dal giro esterno svolta

    nell'interna via,

    e va piú lenta ancora,

    sotto al balcone sosta

    dove una donna pia,

 

    a Lei dinanzi in petali

    sparse le rose,

    cade dietro i ferri e prega:

    «Madonna bella,

    piú fulgida che la stella,

    il mio cuor tu vedi,

    benedici la casa mia!».

    E in cuor si stringe i figli

    lontani che deserta

    hanno la grande casa,

    la casa che risuona nel silenzio

    della sua dolce voce sola.

 

    E la Madonna ondeggia

    si muove e s'allontana

    in una nube d'oro,

    al suon della campana.

    Dirada la nera gente

    e bianca divien la strada,

    e verdazzurro si fa l'orto

    e biondo si fa il grano.

         UMBERTO FRACCACRETA

 

 

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Ernesto Mandes, poeta, avvocato e politico, nato a Casalnuovo Monterotaro nel 1874 e scomparso a San Severo, dove viveva, nel 1959, ha dedicato una lirica, per la precisione un sonetto, alla Madonna del Soccorso. Non si tratta di un capolavoro, in verità, ma i versi di questa composizione spesso sono riportati sui bigliettini colorati che animano la festa patronale, che si depositano a terra, dopo lunghi volteggi, per la gioia dei bambini, ma anche dei meno giovani.

Il sonetto appartiene alla raccolta “Rosai”, la cui edizione definitiva è del 1956. Anche in questa visione poetica la Vergine è l’alta protettrice di una città operosa e desiderosa di pace, dove si può levare al cielo un inno di gioia. La forma “Sansevero”, com’è noto, nel passato era quella consueta. 

 

 

        MADONNA DEL SOCCORSO

 

 

    Madonna del Soccorso, Sansevero

t’ha proclamato l'alta sua Regina;

la sua Patrona; e fervido il pensiero

devoto volge a Te, sera e mattina.

    Sempre il suo cuore con affetto vero

a Te, potente Immagine, s'inchina

e implora che giammai il nembo nero

su la sua terra porti la rovina.

    Vergine del Soccorso, benedici

le messi a primavera mareggianti

ed i superbi splendidi vigneti.

     Tranquilla è la città sotto gli auspici

divini tuoi; e innalza al Cielo i canti

con le strofe dei suoi dolci poeti.

                              ERNESTO MANDES

 

 

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Emanuele Italia, nato nel 1927 a Camerino, nelle Marche, ma da molto tempo residente nella nostra città, nel 1998 offrì al “Giornale di San Severo” un bel frammento, che poi ha riproposto in “Dialoghi e diavoli” (Bastogi, 1999), dove però la data della festa è spostata a marzo.

Nel brano che presentiamo, il protagonista è un ragazzo, colto nel contesto della festa della Madonna del Soccorso (della “Madonna Ausiliatrice”). Ritroviamo, descritti con la libertà tipica dello scrittore, numerosi elementi che caratterizzano la ricorrenza per antonomasia della nostra città. Italia, dal suo punto di vista laico, pone l’accento sugli elementi scenografici e barocchi, e ci ricorda che, in fondo, la fede è anche spettacolo, nel senso migliore del termine, un modo per contentare i sensi, oltre che l’anima. Anche attraverso questo brano si colgono le notevoli qualità letterarie dell’autore.   

 

 

UN RAGAZZO TRA FUOCHI E PROCESSIONI

 

Il ragazzo che ha dato fuoco alla miccia guarda il crepitio fumoso avanzare verso la prima castagnuola. Trattiene il respiro e nello sguardo gli ride una felicità tutta nuova. Si sente protagonista, oggi è il giorno della festa patronale ed è il ventuno di maggio. Un botto fragoroso, come il soprassalto d'un cuore aggredito da un subito guizzo di gioia. Dentro la sua maglietta da due soldi, che sa di mercato, s’inebria all'odore acre della polvere bruciata e urlando "caricaa!” tra il vocio della folla che s'apre inneggiando, si slancia a capofitto ad inseguire le nuvolette azzurrine che fioriscono lungo il viale. Poi la fanfara, un gruppetto d'imberbi orfanelli coi vestiti neri stirati di fresco e il berretto a visiera, trombe, tromboni, clarinetti, piatti, tamburi, fa esplodere le note di una marcia sacra e pagana, suadente ed allegra. Il corteo si muove. La Madonna Ausiliatrice, dagli occhi sbarrati, come una principessa moresca del teatrino dei pupi, incoronata e ingioiellata, con la veste bianca trapunta di fili d'oro, traballa ad ogni passo dei portatori incappucciati. E lui è li, davanti ai chierichetti che fanno oscillare i turiboli fumiganti e alla schiera dei preti con le mani giunte e le bocche rotonde di preghiera, è lì che segna il percorso e pare voglia guidare la processione. Dietro vengono, legnosi e barocchi, i quattordici santi. Dalle finestre e dai balconi pendono drappi colorati e scende una pioggia di petali. La musica si fa più grave, è un dilagare di note maestose. Infine la cattedrale ingoia la Madonna, i santi, i chierichetti, i preti e tutta la calca pregante. Più tardi, tra le bancarelle di dolciumi e i friggitori di pizze, guarderà lassù, nel cielo di mezzanotte, i fuochi d'artificio disegnare fiori e fontane. Sarà ancora festa.

EMANUELE ITALIA

 

 

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         Giorgio Sernia, già preside, ha pubblicato numerosi volumi, tra cui la silloge di poesie “Luci di anime”, apparsa nel 1989, da cui traiamo la lirica che segue.

L’autore si sofferma in particolare sui fuochi d’artificio, sulla magia che segna la parte conclusiva dei festeggiamenti in onore della Vergine. E’ un epilogo felice, com’è facile notare, che alimenta delle rosee speranze per il futuro dell’intera comunità.

 

 

            Casella di testo:  
LA FESTA DELLA MADONNA DEL SOCCORSO

 

    La festa della Madonna

    è finita di notte...

    Dietro l'angolo della torre

    a intervalli di sprizzi

    di fuoco e fiori

    di vario colore

    che diventano rubini, zaffiri

    smeraldi infiniti preziosi

    con scoppi assordanti

    fa luce il fuoco d'artificio.

 

    Ogni scoppio

    è un grido d'aiuto,

    ogni scoppio

    è un grido di gioia,

    ogni scoppio

    è un'offerta d'amore.

 

    Boccioli d'oro e d'argento

    baciano il cielo chinandosi

    devoti ai piedi della Madonna

    che accoglie il saluto di amore

    che i figli fedeli le mandano.

    Gioisce la gente festosa

    e a ogni pausa batte le mani

    dimentica di odi e di affanni

    vicini e lontani.

 

    Quel buio nel cielo

    ha l'aspetto di un tempio

    illuminato da mille candele

    che cantano inni di fede

    con musica che nasce

    da fiocchi di luce

    che s'inchinano in preghiera

    e poi scendono a terra

    dalla Madonna ridati

    ai fervidi devoti giulivi

    che godono la festa

    con promesse di reciproco amore.

                   GIORGIO SERNIA      

 

 

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        Enrico Fraccacreta, classe 1955, è un poeta affermato, che è in attesa di pubblicare il suo nuovo volume di versi. Oltre a ciò, ha ottenuto un notevole successo ricostruendo i suoi rapporti con Andrea Pazienza, amico degli anni verdi. Di Fraccacreta presentiamo un brano in prosa e una lirica.

La prima composizione, apparsa in due numeri diversi del “Giornale di San Severo”, è tutta permeata dalla dolcezza della ricostruzione memoriale. I particolari sono vividi, ma immersi nella luce di un passato dominato dalla presenza della Vergine e dalla processione che si svolge in suo onore.

 

 

SAN SEVERO HA SEMPRE BISOGNO DI SOCCORSO!

 

 

Erano le prime volte, da bambino. I balconi della casa, come mai li avevo visti: le coperte di raso azzurro appese, e i petali di rose nel fondo dei bacili. Io passavo di balcone in balcone, uscendo e rientrando nelle stanze intercomunicanti; una giostra frenetica nell’attesa di un evento che avrebbe placato la mia cronica insoddisfazione. Sotto, nella strada, si riuniva la folla. La scena nei vari balconi della casa, era sempre la stessa: le vecchie prozie composte, sorridenti, vestite bene, sedute sulle sedie, appena un po' ansiose nell'attesa. Mio nonno stava fermo, in piedi, con i suoi imperscrutabili occhiali scuri. Dopo le mie tante corse, di camera in camera, alla fine andavo sempre da lui. Lo tempestavo di domande: "Nonno perché oggi non fumi?" (lui fumava sempre). "Nonno perché sorridi?" (lui sorrideva poco). "Nonno, perché zia Emma oggi non ha freddo? Perché zia Ghita parla così volentieri con zia Pina? Perché zia Elena oggi non dà consigli? E zia Maria perché s'è fatta il segno della croce, lei che è sempre stata alla larga dai preti? Nonno, perché zia Emilia, che è sempre vestita di nero da quando tanti anni fa morì il marito, oggi ha un velo bianco sulla testa? E la bisnonna Chiarina, perché è uscita sulla sedia a rotelle all'aria del balcone con uno scialle di perline?

Ero un bambino saccente e presuntuoso, ma sapevo che la risposta di mio nonno sarebbe stata una sola, buona per tutte le domande; e sapevo anche che poi, per il resto della giornata, non avrei avuto più nulla da chiedere.

Il nonno mi rispose, voltandosi appena, con le mani ferme sulla ringhiera: "Oggi è il giorno del Soccorso", disse, "oggi il Soccorso passa per noi. per tutta la gente che è qui fuori. Tu, se da grande vivrai ancora a San Severo, non lasciare mai la casa, né dovranno farlo i tuoi figli, nel giorno del Soccorso”.

I santi cominciarono a sfilare uno ad uno, io aspettavo il Soccorso. Passò l’angelo con la spada, e il nostro santo che mise in fuga i francesi: pensai fosse quello il Soccorso. Quando poi passò Lei, e vidi le mie vecchie zie inginocchiarsi e mio nonno chinare la testa dinanzi a quella meraviglia, io sentii un brivido sulla testa, poi l'urlo della gente e il vento di maggio tra i capelli.

Ci furono altre feste del Soccorso, ma la bisnonna Chiarina non ne poté più vedere. I nostri balconi comincia­rono a spopolarsi; al compimento dei miei tredici anni morì zia Elena, e per me, nella mia immaginazione di ragazzo, lei divenne la vespa della casa, che entrava tra le persiane della cucina tutte le volte che mio padre mi rimproverava. Zia Emilia e zia Maria, erano già da tempo vestite di bianco, e mi venivano a trovare di notte nella mia stanza, si sedevano quiete e tessevano reti nel buio, forse per custodirmi o per imbrigliare i sogni. Ebbi la fortuna di avere ancora con me il nonno, per molti anni. Insieme a lui capii che ogni terza domenica di maggio, la Madonna, la Stella del mattino, Colei che indica il cammino, l'Avvocata nostra, qui, a San Severo, è la Madonna del Santissimo Soccorso, perché, me lo dicevano le parole di mio nonno, qui c'è bisogno di Soccorso. A San Severo c'è sempre stato bisogno di Soccorso. I sanseveresi hanno un bisogno infinito del Soccorso.

 

***

 

Eravamo i più giovani; i più giovani portano gli Angeli o i Santi. Guardavamo con rispetto quegli uomini già fatti, i loro volti bruni dietro gli occhiali da sole, i guanti bianchi, le mantelline finissime: gli uomini della Madonna. Calcolavamo la loro forza, il loro passo lento e inesorabile nel portare una statua di legno con tutti gli addobbi e i candelieri ed una base intarsiata, forse pesantissima. Facevamo commenti, nessuno lo diceva, ma tutti pensavamo: è certo il Soccorso che li aiuta, che rende sopportabile, sino alle quattro del pomeriggio, quel peso sotto il sole. Quando da ragazzi portavamo gli Angeli in processione, ci spingevamo sempre troppo avanti, forse era la nostra furia giovanile, o forse erano gli Angeli impazienti di svolazzare per le strade della città ad annunziare l'arrivo della Madonna. L'ordine si ristabiliva con l'arrivo di qualcuno addetto alla processione che, quasi fuori dai denti, sibilar a in dialetto: -aspettate la Madonna-. Allora ci tiravamo indietro, e Lei ci guardava da lontano, sino ai frastuono della banda, al fumo degli spari e alla moltitudine dei petali di rose in alto tra i balconi e le coperte appese. Si avvicinava piano, col passo cadenzato e perfetto di chi ha saputo accettare tutto, col veicolo del dolore più estremo, per arrivare alla beatitudine massima.

Quando passavamo sotto le nostre case eravamo emozionati, io, sotto la casa di mio padre, la vidi incastonata come "Stella del mattino" tra l'azzurro della coperta antica di zia Elena e quello del cielo sopra il sorriso benevolo dei miei parenti. La processione è un problema di distanze. Allora - da portatori di Angeli - ci separavano tre o quattro statue dalla Madonna; non potevamo fare altrimenti e comunque non eravamo distanti, avevamo poi tanto tempo ancora per avvici­narci, per crescere spiritualmente. Ma adesso, qual è la reale distanza tra la mia generazione e quel bene incommensurabile che passa per le nostre strade? "Dove sei tu, dove sei tu distanza immisurata e tempo senza rapporto, e ciò ch'è Dio la unica fragranza"?, diceva il poeta simbolista Cortes. Come dire, dove siamo finiti noi e quanta distanza è restata, e quanto tempo ancora rimane per poter percorrere quella distanza? Forse si è allungata, diluita com'è nelle pieghe vane dell'esistenza. Sarà allora per questo che veneriamo la Madonna, e il nome a Lei forse più appropriato, per noi che il Soccorso invochiamo, che di Soccorso, abbiamo bisogno.

         ENRICO FRACCACRETA

 

 

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La poesia che segue, apparsa sul numero del 23 maggio 1999 del nostro Giornale, non è di facilissima lettura, ma di sicuro “Colei che indica il cammino” è proprio la Madonna del Soccorso. E’ una lirica dolcissima, questa di Enrico Fraccacreta, in cui la nostra campagna, inconfondibile, si accompagna alla Vergine, presenza più o meno avvertita, ma sempre viva. Misericordiosa e buona, la Presenza si lega a delle immagini originali ed efficaci, che connotano una lirica di grande rilievo.

 

 

UN RAGAZZO E LA VERGINE DEL SOCCORSO

 

    Nel fruscio del mattino

    quando toglievano le frasche

    sfrondando il cuore dai sospiri,

    Lei appariva tra le foglie.

 

    Si levava di solito ad ogni turbamento

    così, in mezzo agli ulivi

    su ogni divina penitenza

 

    nelle cornici delle camere

    con lo sguardo che seguiva sino a scuola

 

    o quando mi calavo da terrazzo

    col Suo laccio di misericordia.

 

    Noi, tornati dal sottobosco

    sotto il pulsare di un cedro debole

    l’abbiamo vista poche volte, forse tre

    forse solo sentita

    nel mezzo del tentativo titanico

    sul crinale doloroso della chiocciola,

    Colei che indica il cammino.

                   ENRICO FRACCACRETA   

 

         In tutti i brani riportati si ritrova, in modo diverso, il senso della comunità, il nesso che lega i sanseveresi alla Vergine del Soccorso e che dovrebbe spingere verso il meglio, verso i valori più elevati e positivi. Il condizionale è d’obbligo, dati i tempi.

In ogni caso, è bene che anche la letteratura offra il suo piccolo contributo alla giusta causa.

 

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