MADEMOISELLE DI ENRICO FRACCACRETA          

         

           A distanza di sei anni dall’ultima silloge, Enrico Fraccacreta si ripresenta al pubblico degli amanti della poesia con un nuovo lavoro, intitolato Mademoiselle (Ellerani, San Vito al Tagliamento, 2012, pp. 70, euro 14). E’ un nuovo traguardo nella sua produzione in versi, che ha preso le mosse nel 1995, con la raccolta I nostri pomeriggi, con la quale si è aggiudicato il Premio Montale per l’inedito. Nel 1996 è stata la volta di Tempo medio, mentre nel 2006 è apparsa la silloge Camera di guardia, che ha giustamente riscosso unanimi consensi, vincendo anche alcuni premi nazionali di poesia.

           Fraccacreta, come si vede, è abituato a centellinare la sua produzione, a distillare i suoi versi, come fosse un liquore dall’antica e rara ricetta. Sa attendere, con la sua fiducia di agronomo che conosce i ritmi della natura, i segreti della terra pugliese, che ascolta il respiro dell’erba mentre asseconda i soffi del vento.

           Mademoiselle è un ispirato e delicato canzoniere d’amore, ricco di echi e di ascendenze illustri, un omaggio ad una donna che si carica di molteplici significati, creatura reale e, insieme, simbolo di una felicità che illumina la teoria dei giorni, che abbellisce il cammino dell’esistenza.

           Nella breve introduzione, Fraccacreta ricorda che Mademoiselle è il titolo di una rivista della cultura underground statunitense degli anni Cinquanta, ma è soprattutto un diretto richiamo alla donna della sua vita, la moglie, la presenza fedele e costante che lo accompagna da circa un trentennio e che gli ha dato due figli, ai quali non a caso è dedicato il libro, con un plurale molto significativo (“ai nostri figli”). 

           Non è facile scrivere d’amore sfuggendo alla banalità, da una parte, o alla fredda complicazione intellettualistica, dall’altra. Il sentimento è sempre quello, uguale a se stesso, nella sua essenza, ma Fraccacreta è riuscito ad innestare il canto amoroso sul tronco vitale della sua vena più profonda, immergendo l’immagine femminile nel suo mondo natale, dai vasti orizzonti, sensibile al fascino della natura e del passato, nel quale tutto ritrova un suo profondo significato. L’immagine muliebre, insomma, diventa tutt’uno con i luoghi cari alla sua poesia, illuminandoli e approfondendoli, come si trattasse di una divinità, di un prodigio che rende più vivida e pura la luce delle ore. La donna cantata appartiene, per certi versi, alla stessa famiglia delle donne angelicate del passato, ma, com’è giusto che sia, è anche immersa nella materia, nella realtà, e di qui l’emergere di particolari che emergono dal fondo dei ricordi e delle impressioni, di richiami alla quotidianità che completano il ritratto di una tersa immagine poetica.          

La silloge è divisa in tre parti, la prima e più ampia ha lo stesso titolo del libro, sia pure con l’iniziale minuscola, mademoiselle, mentre le altre due si intitolano geografica e mistica.

          Ovunque, Fraccacreta riprende il suo tipico gusto della concentrazione espressiva, quel suo amore per il verso intenso e condensato, che però non rinuncia mai alla narrazione, alla rappresentazione. I suoi versi liberi si accendono, fino a trasportare il lettore in una maglia di nessi analogici mai gratuiti e sempre vitali. Forse in questa silloge l’esigenza comunicativa si esprime in modo più diretto, ma i caratteri peculiari della sua ispirazione si ritrovano tutti.

           Tra l’altro, un’ottima chiave di lettura al libro viene fornita dalla prefatrice Marina Moretti, che è anche la direttrice della collana “Poesia sin pureza”, giunta con l’opera di Fraccacreta al suo quarto titolo. La Moretti, nella sua introduzione, sottolinea tra l’altro il ruolo della Puglia, che “dilaga, nella linee del paesaggio, nei colori delle stagioni, sottesa ai gesti del quotidiano, centro pulsante di amore, studio, sapienza, coltivata attraverso un linguaggio che conosce la precisione di un’esperienza diretta con la terra”, cogliendo con acume le varie sfaccettature di questa mademoiselle insieme moderna ed antica.

          La prima sezione contiene una serie di liriche di grande efficacia, a partire da quella iniziale, in cui i volti della donna angelo s’impastano originalmente di materia. Il prodigio della sua apparizione (“non c’era brillante che potesse incantarti/ né tela intessuta da nessun ragno”) si apre, così, subito dopo, all’emergere di un più quotidiano flash del passato (“dovevano passare trent’anni/ per stupirti ad Urbania/ con due tappetini da bagno”).

          Di fronte alla luce della donna, il poeta cerca di superare la sua irresolutezza, seguendo i suoi passi, cogliendo e assaporando, come può, le gioie di un trentennio, il gioiello di un sorriso, di uno sguardo. Le dimensioni temporali si intrecciano, lasciando emergere ricordi resi lievi dal fascino della poesia, passando dai tempi della scuola al presente, in cui si insinua, com’è fatale che sia, il senso del trascorrere del tempo.

           Se in geografica troviamo dei costanti riferimenti a luoghi diversi, da Montecarlo a San Candido, fino al Gargano, giustificando la scelta del titolo, nell’ultima sezione, mistica, la donna svela sempre più la sua essenza angelica, di creatura celeste, che il poeta immagina, alla fine dei suoi giorni terreni, proiettata verso l’abbraccio del Signore (“non voltarti per vedere se ci sono/ il tempo dei miracoli è concluso/ ho rubato un po’ di gioie per trent’anni/ piccoli brillanti del tuo viso/ riportando alla finestra le parole”). Un bagno finale di bellezza e di dolcezza, che chiude nel migliore dei modi questa raccolta, nella quale Enrico Fraccacreta conferma lo spessore della sua vena, ribadendo l’importanza della sua produzione poetica, non a caso apprezzata da vari ed autorevoli estimatori nel mondo della critica nazionale.

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