"LA PALUDE"
AL CAPEZZALE DELLA GIUSTIZIA ITALIANA
Si parla ormai da anni, ed a giusta ragione, di crisi della
giustizia e sul tema sono stati ormai versati i proverbiali fiumi d’inchiostro.
Ma il libro di Massimo Martinelli, La palude (Gremese, Roma, pp. 222,
euro 18), da poco giunto in libreria, si giustifica pienamente per il suo
impianto concreto e per la ricchezza della documentazione contenuta.
Martinelli è un giornalista de “Il Messaggero” di Roma, che si occupa proprio di
cronache giudiziarie, dedicando molte ore della sua giornata a toccare con mano
Gli sprechi, le assurdità, gli eccessi e gli interessi che paralizzano la
giustizia italiana, come recita il sottotitolo dell’opera, che si avvale
della prefazione di Stefano Dambruoso, un autorevole e giovane magistrato
pugliese specializzato in terrorismo internazionale, che oggi è tra l’altro uno
dei principali collaboratori del ministro della Giustizia.
La palude, che si inserisce nella fertile scia di libri di successo,
come La casta, non è un testo monocorde e distruttivo, in cui si vede
solo il lato negativo della questione né, al contrario, si tenta un’impossibile
difesa a scatola chiusa dello status quo. Con equilibrio, Martinelli affianca le
cifre dello sfascio ad esempi altamente positivi, che hanno un nome ed un
cognome, oltre che un tribunale di riferimento. Il primo esempio positivo è
quello di Cremona, dove lavora il giudice Pierpaolo Beluzzi, che ha applicato
l’informatica al processo penale, ottenendo dei risultati molto significativi,
nel rispetto dell’attuale quadro di riferimento normativo. Si scopre, così, che
l’informatica può davvero contribuire a rendere più facile la vita agli
operatori del diritto e ai semplici cittadini; basta volerlo. E Beluzzi è uno
che ci ha creduto, lavorando sodo, senza troppi proclami e prime pagine di
giornale per arresti sensazionali.
Il libro, poi, si chiude su di un altro personaggio positivo, il procuratore
della Repubblica di Bolzano, Cuno Tarfusser, che ha reso la sua procura un vero
gioiello, con tanto di certificazione di qualità. Fatti che avvengono in Italia,
al giorno d’oggi, e che dimostrano come si possa, volendo, ottenere dei notevoli
risultati, in fatto di efficienza e capacità di rispondere alle attese dei
cittadini.
La magistratura non è fatta solo di personaggi in cerca di notorietà, magari da
spendere in politica, ma anche di gente che si concentra sui fatti concreti. Una
notizia che ci consola e che dovrebbe spingere tutti a fare un’autocritica, a
partire ovviamente dai magistrati, per i quali Dambruoso, nella prefazione,
auspica una sostanziale ripresa di autorevolezza e di credibilità, notando
l’esistenza di margini per invertire una china sempre più pericolosa per la
democrazia. Speriamo che questo libro venga letto da chi di dovere e sia
accompagnato da giuste riforme prodotte dal mondo della politica. Chiediamo
troppo?