PARENTI POVERI DELLA PUGLIA?

LA CAPITANATA NEL DERBY TRA BARI E LECCE

 

           In quest’ultimo periodo, fatto insolito, i politici regionali si sono accorti dell’esistenza della Capitanata, lanciandosi nelle solite promesse e rivendicando segnali di attenzione che non hanno avuto nessun riscontro nella realtà. Da Bari come da Roma l’immagine che si ha della Puglia è quella di una regione dove si svolge una sorta di derby extracalcistico, Bari contro Lecce, baresi contro salentini.

         

          Una concezione che abbiamo visto all’opera anche nella scelta delle candidature dei presidenti di regione, un barese contro un leccese, per non parlare della formazione della giunta regionale uscente, nella quale c’era un’unica rappresentante della Capitanata, e per giunta con un assessorato di secondo piano,quasi fosse un contentino.

          Il controllo della sanità, delle forniture mediche, dei piani edilizi, insomma del potere intorno al quale girano centinaia di milioni di euro, con le conseguenze e i risultati che tutti conoscono, è altrove. Eppure le statistiche dicono che il voto della provincia di Foggia è stato determinante, l’altra volta, per la vittoria del candidato barese.

          Come minimo, si potrebbe pensare che si tratti di un peccato di irriconoscenza, che ha portato ad assegnare alla Capitanata le briciole.

 I palazzi che contano sono a Bari e i nemici sono a Lecce. E noi? Noi giochiamo in serie C e stiamo pure lottando per non retrocedere. Non abbiamo fatto nomi, volutamente, perché non ci va di buttarla in termini politici, entrando nel gioco delle parti; certo, ci viene da ridere quando sentiamo parlare di “rivoluzione in atto”. Se c’è, nessuno se ne è accorto, se non qualche politicante con le tasche piene di soldi pubblici.

Ma fino a quando continuerà questo gioco all’emarginazione della nostra provincia? Le eredità del passato, non c’è dubbio, si fanno sentire. La vecchia Puglia tripartita borbonica era di certo più policentrica e, staremmo per dire, più democratica. La Capitanata, a Nord, rivendicava i suoi spazi, senza dover passare per Bari e i suoi vischiosi ingranaggi burocratici. La Puglia era le Puglie, e forse funzionava meglio. Non a caso nell’immediato secondo dopoguerra la Capitanata aveva rivendicato per sé, purtroppo senza successo, uno spazio autonomo.

In seguito si sono aggiunti altri vincoli. Si pensi, ad esempio, al famigerato collegio per la Camera dei Deputati Foggia-Bari, con i baresi in maggioranza e i foggiani relegati agli ultimi posti. L’abitudine ad andare al traino di altri si è rafforzata, mentre dalla parte opposta della regione il Salento reclamava ed otteneva, giustamente, dei propri spazi. La vicenda della nascita dell’università a Foggia è quanto mai emblematica. Mentre l’Abruzzo si riempiva di sedi, gli studenti di Capitanata dovevano scegliere se trasferirsi a Bari o emigrare in città del Centro o del Nord molto più piccole di Foggia e persino di Manfredonia e San Severo. E questo fino a qualche anno fa; anzi, ci sono alcuni studenti che pensano ancora che il loro destino sia di trasferirsi altrove, come se vivessero in uno sperduto borgo di montagna.

Ovviamente non mancano delle colpe locali. Mentre l’Ente Regione vive di derby, ai quali ogni cinque anni invitano i Foggiani per il voto, i politici di Capitanata scelgono per lo più di vivere all’ombra dei potentati, limitandosi a gestire il proprio spicchio di potere senza incidere sulla realtà sociale ed economica della provincia. In questo contesto, non ci si può meravigliare della fortuna di certi progetti come la Moldaunia, che sarebbe davvero una bella innovazione, almeno sulla carta, utilissima per recidere dei cordoni ombelicali sempre più simili ad un nodo scorsoio, di quelli usati per gli impiccati.

         Periferia della periferia: questo siamo noi nell’anno di grazia 2010, alla vigilia di una nuova elezione regionale. Della questione si tornerà a parlare solo tra cinque anni?         

 

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