LE BANDIERE E GLI EBREI
SAN SEVERO E SAN NICANDRO GARGANICO NELLE PAGINE DI GIOVANNI RUSSO
Il giornalista campano Giovanni Russo, classe 1925, continua ancor oggi a far
parlare di sé per i suoi libri attenti e misurati sul Meridione d’Italia. Il
tema del viaggio, in particolare, inteso come fondamentale strumento di
conoscenza e di verifica, di controllo de visu, mostra in lui la sua vitalità,
pur ricollegandosi chiaramente al periodo della sua formazione intellettuale,
negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale.
Russo ha pubblicato tra l’altro un classico volumetto, “Baroni e contadini”,
apparso in prima edizione nel 1955 e ancor oggi ristampato, che raccoglie alcuni
suoi scritti sull’Italia a cavallo degli anni Cinquanta. Due ampi articoli, in
particolare, “Le bandiere di San Severo” e “Gli ebrei di San Nicandro”, relativi
al 1951, sono incentrati su due inquieti comuni della nostra provincia, com’è
facile desumere dal titolo.
L’importanza di queste due indagini giornalistiche è notevole e siamo stati
contenti di ritrovarle nell’antologia degli scritti di Russo approntata nel 2003
dal critico Goffredo Fofi. Il volume in questione, apparso per i tipi della
Avagliano, con il titolo “La terra inquieta”, rappresenta una lettura da
raccomandare caldamente.
Il laico e riformista Russo, collaboratore de “Il Mondo”, diretto da Mario
Pannunzio, si muove in una realtà davvero incandescente, tra tendenze
massimaliste comuniste contadine e arroccamenti di posizione da parte dei
proprietari terrieri.
San Severo era una tappa d’obbligo, visto che l’anno prima, nel 1950, una
irresponsabile rivolta, guidata dalla Camera del Lavoro e da esponenti del PCI
rimasti in parte ancora nell’ombra, aveva portato la città dell’Alto Tavoliere
sui giornali di tutto il mondo. Per una parte consistente degli abitanti della
“rossa” San Severo, città che nelle amministrative del 1946 aveva dato la
maggioranza assoluta al PCI, si trattava di una prova della rivoluzione, ma gli
esiti sono disastrosi, con un morto, molti feriti e centinaia di incarcerati.
Il laico e riformista Russo dimostra di saper evitare le insidie dell’ideologia,
le stesse che ancor oggi portano alcuni sprovveduti a mitizzare episodi che non
hanno nulla di edificante.
Intanto, va chiarito che le bandiere richiamate nel titolo non sono quelle
politiche, ma quelle che segnalano la vendita di vino: “Da ogni angolo di muro
sporge una picca su cui sventola una bandierina rossa… Sono le bandiere di San
Severo, le sue vere insegne. Indicano le cantine dove il paese custodisce la sua
ricchezza, quel vino che vengono a caricare sulle grosse autobotti le ditte
piemontesi che lo trasformeranno in vino di lusso e di esportazione”.
San Severo è ricca di contraddizioni, possiede un centro storico elegante, dei
cinema moderni, ma molte case contadine sono prive di acqua e di fogne. Russo si
scaglia contro i “catacubbi”, ossia la classe dei medi e grossi agrari,
auspicando finalmente una vera pacificazione sociale, che però verrà solo con
l’emigrazione di qualche anno dopo, quando i braccianti diventeranno operai.
A San Nicandro, invece, Russo è attratto dall’esistenza di una comunità ebraica,
guidata da Donato Manduzio. Anche questa è una vicenda molto nota e
significativa.
Il duplice viaggio in Capitanata di Russo serba ancora, nel complesso, la sua
attualità, ed è giusto che si continuino a tenere accesi i riflettori su questi
capitoli, foto in bianco e nero di un’epoca difficile, vicende da raccontare
senza sbavature, deformazioni ed anacronistiche considerazioni.