UN ROMANZO APPENA EDITO
"LA STAGIONE IMPOSSIBILE" DI GIANCARLO LAMEDICA
E’
appena giunto in libreria, per i tipi delle Edizioni del Rosone di Foggia, il
romanzo “La stagione impossibile”, opera prima di Giancarlo Lamedica (pp.199,
euro 15). L’autore, classe 1956, è nato a Torremaggiore, dove dirige il locale
Liceo “Fiani”; in precedenza, ha insegnato per molti anni materie economiche
nelle scuole superiori. In apparenza, sembrerebbe di poter cogliere nell’autore
un’improvvisa conversione letteraria, ma in verità si tratta di un’opera alla
quale Lamedica ha lavorato per parecchio tempo e che può essere letta in diversi
modi.
Prima di tutto, appare significativa l’ambientazione del romanzo: si
tratta proprio della città natale dell’autore, indicata in modo esplicito. E’
qui che si muove il protagonista, Matteo Testa, inserito in un ambiente agricolo
nel quale la tenacia e l’impegno devono fare i conti con la grettezza e
l’invidia, talvolta persino con la malvagità. La Torremaggiore di qualche
decennio fa è perfettamente riconoscibile. L’autore non stravolge o idealizza la
realtà, ma la lascia parlare, mostrandone i due proverbiali lati della medaglia.
Matteo Testa si tuffa nel suo lavoro, senza risparmiarsi. Gli imprevisti
però non mancano. Un giorno viene costretto a sposare Carmela, cadendo vittima
di un espediente messo in atto dai genitori di lei, preoccupati per il suo
futuro. Stare soli, in certi contesti, è come fare l’amore, aveva scritto
qualcuno, e per lui, colto in flagrante a stringere le mani di una ragazza, non
c’è altra scelta che quella di un matrimonio riparatore, anche se non era
avvenuto nulla di irrimediabile. Di qui i rituali preparativi delle nozze, tra
corredi, dote e sacrifici economici, che Lamedica ricostruisce in modo vivo e
puntale.
Gli anni passano, tra gioie e incomprensioni coniugali, mentre il
progresso comincia ad arrivare. Purtroppo, però, le sorprese per Matteo non sono
finite e così, proprio quando tutto sembra andare per il meglio, una grandinata
si abbatte sull’agro di Torremaggiore e un incidente di lavoro costringe Matteo
a sborsare una somma astronomica, benché non avesse alcuna colpa. E’ la fine per
lui, che non regge alla situazione e decide di gettarsi in un pozzo (“Allora non
pensò più a nulla. Mise il piede in alto, si diede una spinta, montò sul bordo e
si buttò, prima nel vuoto, poi nell’acqua scura senza ossigeno. Provò la stessa
sensazione di quando la mamma e la nonna ripiegavano le lenzuola appena lavate e
lui vi si infilava sotto e chiudeva gli occhi, percependo là sotto di stare in
un luogo protetto, al riparo dei conflitti di fuori, senza mostri da
fronteggiare”).
La moglie riesce a superare le difficoltà e il dolore, presa dall’amore
di madre. Tra l’altro, proprio all’indomani del suicidio, scopre di attendere un
secondo figlio. E’ la speranza che si riaccende, l’invito a guardare al futuro,
e nel suo nome si chiude il romanzo. Il dolore è sempre in agguato nella vita
degli uomini, che ritrovano in loro l’eredità di Cristo, ma questo non li esime
dalla sforzo di reagire, dalla necessità di riprendere il cammino, dopo ogni
battuta d’arresto.
Lamedica fa riscoprire a Carmela una verità tanto profonda quanto antica,
che porta un bagliore di luce sui miseri giorni dell’uomo, sempre inquieti e
precari, esposti a mille avversità, come una nave in alto mare. E’ questo il
messaggio che si coglie alla fine, la possibilità che si apre agli uomini per
rendere più “possibile” l’avventura terrena.
La trama di questo romanzo, per molti versi corale, è sicuramente
interessante. I lettori più anziani vi si riconosceranno, ritornando a quella
dura stagione degli anni Cinquanta-Sessanta nella quale la povertà angustiava e
avvelenava i rapporti umani, ma li rendeva talvolta anche più veri. Ma l’opera
può essere gustata anche da quanti sono nati a cavallo del secondo e del terzo
millennio, spesso ignari dei tanti cambiamenti che hanno modificato la società
pugliese e, più in generale, italiana. Tra questi, c’è anche la studentessa del
“Fiani” che ha disegnato la copertina del libro.
Quel mondo non era né migliore né peggiore di quello attuale; era di
certo diverso. Mentre la morale della favola suggerita da Lamedica resta sempre
attuale e viva, quale che sia l’età del lettore.