GARGANO, ANNI SESSANTA TRA MAGIA ED EMIGRAZIONE
LA GUIDA SENTIMENTALE DI FRANCESCO ROSSO
Francesco Rosso è stato un notevole giornalista e scrittore del secolo
scorso, che ha tra l’altro scritto un libro intitolato Gargano magico,
apparso nel 1964, che merita un’attenta lettura, sia per i suoi pregi letterari
che per la sua rilevanza storico-sociale.
Il nome di Rosso è incluso, non a caso, nella raccolta dei Meridiani
della Mondadori dedicati al giornalismo italiano, curati da Franco Contorbia.
Nato a Pertengo, un piccolo centro della provincia di Vercelli, nel 1909, Rosso
inizia a lavorare come docente di lettere, poi si lascia trasportare dal fascino
del giornalismo e nel 1954 viene assunto come inviato dalla Stampa di
Torino, dove resterà per oltre un ventennio. La sua professione lo porta in giro
per il mondo, dall’Africa, di cui era un attento osservatore, alle Americhe.
Giramondo per lavoro e passione, Rosso, spentosi a Torino nel 1991, ha
mostrato una viva attenzione verso la Puglia, ed in particolare verso il
Gargano, che ha frequentato a lungo. Allo Sperone, infatti, ha dedicato vari
articoli e poi, per l’appunto, il volume Gargano magico (Editrice Teca,
Torino), corredato da una sezione iconografica, che nello stesso 1964 ha
ricevuto dei premi letterari sia in Puglia che in Piemonte.
Rosso, Cecco per gli amici, racchiude nel libro la summa dei suoi
rapporti con il Gargano, descrivendolo in un momento di delicato trapasso. La
zona, bellissima e ancora in sostanza intatta, è stata però duramente colpita
dall’emigrazione e, d’altra parte, subisce già i primi colpi di uno sviluppo
turistico che rischia di stravolgere in profondità lo Sperone. Di qui i
caratteri originali e compositi del libro, di cui l’autore appare ben
consapevole, visto che la parte introduttiva termina con queste parole, con le
quali definisce il Gargano: «un paese povero, civile, felice, diverso da tutti
gli altri, compiuto in se stesso, elementare e complesso, un continente umano
contraddittorio e bellissimo».
Siamo di fronte, insomma, ad una «guida sentimentale», per usare ancora
le parole di Rosso, in cui il viaggio tra i vari comuni dello Sperone è condotto
con una certa libertà, dando conto delle esperienze personali dell’autore, ma
offrendo anche, nel contempo, delle precise notazioni sull’ambiente e sugli
abitanti della zona, in cui emerge il tratto dell’esperto ed abile giornalista.
Il titolo pone in primo piano le tante vicende a carattere spirituale che
hanno segnato il territorio. Il Gargano, da questo punto di vista, è
paragonabile solo con l’Umbria francescana, anche se la sincera vocazione
religiosa dei garganici ha qualcosa di più aggressivo e forzato. Questa
tradizione si attualizza, ovviamente, dato il periodo, in padre Pio, che vive la
sua santità non accorgendosi del traffico di denaro che condiziona il villaggio
garganico trasformatosi in città. Le pagine dedicate da Rosso a San Giovanni
Rotondo, molto acute, mostrano, dunque, «il dinamico prodigio» di una città
«esplosa intorno alla santità di un uomo ignaro».
Rosso percorre sia i paesi dell’interno che quelli costieri. Conosce i
pregi, ma anche la povertà, di Carpino, si addentra nella Foresta Umbra,
descrive la «piccola capitale» dello Sperone, ossia Rodi Garganico, «cittadina
più che borgo, con pretese di civiltà meccanizzata», dove il progresso sembra
giunto più rapidamente, ma perdura la magia degli agrumeti.
La località che ama di più è Peschici, alla quale non esita a dedicare
delle pennellate liriche, che rendono la magia del tramonto e del paesaggio («I
colori di Peschici sono il grigio rosato dei muri antichi, il bianco e
l’azzurro. Sulle case scialbate a calce, pochi ghirighori tracciati da incerti
pennelli artigianali creano irreali disegni intinti di cielo»). Qui, seduto
davanti ad un noto bar degli anni Sessanta, si sente a casa, ha degli amici, e
può penetrare meglio nella complessa realtà garganica.
All’opposto di queste pagine, si
segnalano quelle dove sale in primo piano un fenomeno dirompente come quello
dell’emigrazione. Il giovane Michele sta lasciando Mattinata per andare a
lavorare in Germania. Tutto il paese accompagna il giovane fino alla corriera e
«gli amici più intimi lo chiudevano in un cerchio di silenzio». Sembra in tutto
e per tutto il funerale di un vivo, un congedo straziante che priva il Gargano
di un altro giovane, lasciando in giro solo donne, vecchi e bambini.
Negli anni Sessanta lo Sperone inizia ad aprirsi alla modernità, ai più
ampi circuiti del turismo, che si configura però soprattutto come una rovinosa
speculazione. Rosso si congeda con la soddisfazione di chi ha conosciuto un
Gargano intatto, che porta nel suo cuore. Il progresso allevierà la povertà
economica della zona, ma gli effetti rischiano di essere molto negativi. Lo
scrittore, pertanto, non nasconde le sue preoccupazioni, mentre si appresta a
ritornare nella sua Torino.
Oggi sappiamo che i timori di Rosso erano fondati e che le mille
contraddizioni di questa terra bellissima sono rimaste, sia pure modificandosi
in rapporto con i più generali cambiamenti dell’Italia e del mondo occidentale.
Questo Gargano magico, con le sue belle pagine, ha il merito di aiutarci
a riflettere.
Nel 1964 viene edito a Torino, per i tipi dell’Editrice Teca, un
singolare libro di viaggi, intitolato Gargano magico. L’autore è
Francesco Rosso (1909-1991), giornalista e scrittore, che ha realizzato anche la
maggior parte delle fotografie che compongono l’appendice iconografica. Inviato
di primo piano della Stampa, dove ha lavorato dal 1954 fino agli anni
Settanta, abituato a recarsi in ogni parte del mondo, Rosso ha trovato nel
Gargano un luogo dell’anima, entrando nel novero dei suoi grandi estimatori. Di
qui la pubblicazione di Gargano magico, con cui Rosso si aggiudica anche
dei premi di letteratura. L’opera è il resoconto di un viaggio tra i paesi dello
Sperone, ma anche lo sforzo di riassumere l’intenso rapporto venutosi a creare
tra l’autore e il territorio. Ai momenti lirici si affiancano anche le pagine in
cui sale in primo piano l’acuto giornalista, che fissa il Gargano in un momento
di delicato trapasso.