“LUNGO LA STRADA CHE NON CURVA”, I SONETTI MODERNI DI F. GIULIANI
Avevo segnalato un po’ di tempo fa la capacità che possiede Giuliani di
assalire e sorprendere il lettore; questa volta l'italianista, il critico
militante,utilizza l’inossidabile fioretto del poemetto in prosa, in un duello
sentimentale dove la storia viene originalmente riannodata tra le sterpaglie e i
fili d'erba nei campi e lungo le strade della pianura. La breve nota
biobibliografica in quarta di copertina non rende molta giustizia a Francesco
Giuliani che in realtà, non ancora cinquantenne, ha già riempito con le sue
opere saggistiche almeno un paio di scaffali di una degna biblioteca.
Ho sempre, umilmente, rilevato l'approccio creativo di Giuliani agli
autori di cui si è occupato. Approcci audaci, proprio perché creativi, e quindi
con un valore
aggiunto. La creatività è una pressione, ha ragione Giuliani: "La pressione è
aumentata a dismisura, come nella camera d'aria della vecchia bicicletta
conservata in garage. C'era il rischio di uno scoppio". E lo scoppio,
controllato nelle sue terribili scansioni, terribili come solo la poesia sa
fare, ha enucleato cinquantasette brani in prosa poetica di ottima fattura e
straordinaria efficacia. A margine di essi "La conchiglia sul colle", sei brani
perfetti nella pascoliana descrizione di una collana fotografica, premiata a
livello nazionale, di Antonio Criscuoli; forse il vertice professionale per un
fotografo di rara immediatezza.
Ma tutto il libro è corredato dalle notevoli fotografie di Criscuoli, che
abbandona il suo obiettivo nella fantasmagorica luce di una speculare piana
cielo-terra. Qui potente e seducente pare quasi ergersi la pianura viva di
Giuliani, quando la strada che non curva non si è curvata negli anni, lasciando
dritta anche la spina dorsale dell'uomo-scrittore, nei dolori accumulati in
prima persona, sapientemente mescolati con la storia dei suoi indimenticati
personaggi: i lavoratori della campagna, i fiori, i frutti, i colori della
pianura, la sua storia e il suo destino, gli interpreti degli autori più amati,
via via studiati in questi anni, che adesso come in un debito di riconoscenza
sembrano quasi affollarsi intorno a Giuliani, in questo riuscitissimo lavoro
creativo. Ma anche le città nella loro sciagurata contemporaneità si allineano
alle figure storiche, e con l'autore stesso, scendono in pianura e dal
piedistallo della mera analisi scientifica per entrare nei territori metafisici
sfumati dalle nuvole basse e potenti di Antonio Criscuoli, tra i confini
indefiniti, affascinanti, della parola poetica.
ENRICO FRACCACRETA
---------------------------------------------------------------
LUNGO L’ANTICA STRADA CHE CORRE LIBERA NELLA PIANURA
L'uomo e i
suoi luoghi, l'uomo e il suo destino. Da sempre è così, da sempre spazio e tempo
tracciano coordinate di storia e sentimenti, di mito e di memoria. La strada è
indicata fin dall'infanzia, si nutre di piccole minuscole esperienze, si
arricchisce di ansie e di desideri, si complica in vie di fuga e in percorsi
alternativi. Ma il cuore resta là, fermo ad una densità di sangue sempre nuovo,
in passi che rifanno i passi antichi e procedono per il mondo, a confermarlo
piuttosto che a ripudiarlo.
Il Tavoliere di Puglia è quello proprio a Francesco Giuliani. Era da
molto che Giuliani voleva raccontare come riconobbe nella penna il suo ambito
naturale, i suoi confini illimitati, le mille combinazioni con un cielo ora
sereno ora corrucciato, quasi sempre occupato da imponenti architetture di
nuvole. Era un'immagine che si portava dentro del suo spazio più intimo, ma che
forse non osava esternare. L'incontro col fotografo Antonio Criscuoli ha fatto
il miracolo: ha fatto scattare un cortocircuito di sentimenti e di racconti, di
lastre memoriali e di lacerti di storia. Giuliani attraversa così idealmente la
sua terra rivedendone le maestose sovrapposizioni, ma anche le
innumerevoli ferite che esigono oggi interventi immediati e soluzioni efficaci.
Tra i brani più riusciti, perché suscitati da un'emozione che affonda nel bios, leggiamo quelli dedicati agli scenari naturalistici. La Pianura è un intrico di sensazioni, il richiamo pittorico di un'arte superiore: "Ha tutto il tempo che vuole, l'artista, e allora si trasforma in un maestro barocco che prova orrore del vuoto ed ha un pensiero gentile per tutto quello che osserva. Modella le nuvole con dolci carezze di bianco, fiocchi di cotone o zucchero filante che nessuno mangerà. Poi, giacché la chioma è sollevata, dipinge la chioma agli alberi. Due per due, e fanno quattro, poi è colto da un dubbio e ne disegna altri due, ma li lascia da soli sulla strada". Ecco le vegetazioni, le masserie, i venti, le chiesette rurali, i fantasmi di campieri e briganti, le cavalcate selvagge, le mandrie chiassose. Un mondo in cui estendere lo sguardo fino ad intuire l'alterità e un viaggio ancora più lungo, che conduce ai confini dei monti lontani, al sentore di un Gargano segreto e inaccessibile.
La Pianura non finisce mai: è come l'infanzia. È’ come quei
bambini dell'ultima sequenza di immagini che giocano eternamente attaccati alla
felicità della loro palla. In quegli occhi infantili si riflette la natura
primigenia e il candore assoluto di una speranza. Chi potrà mai rubarci il
futuro? Chi potrà mai sottrarci l'incanto supremo di vivere una vita illimitata
nella sua gratuità?
Lungo quelle
strade, all’interno di quelle piazze, si è forgiato il cuore dell'autore e
nostro. Ragazzi liberi e generazioni aperte alla parola, all'amicizia, alla
letteratura, alla scoperta generosa del mondo: generazioni nutrite del pane
antico e tenace delle terre del Sud, nell'attesa di altre stagioni cantate da
Bodini e Scotellaro, ora barocche ora disperate.
SERGIO D’AMARO