“ALBUM DELL’OTTOCENTO”

LA STORIA FATTA CON LA MACCHINA FOTOGRAFICA      

 

         1839: NASCE LA FOTOGRAFIA

        Gli uomini sono troppo presi dal presente e sono portati a considerare normali certe acquisizioni della tecnologia che invece avrebbero fatto gridare al miracolo i nostri avi. Si pensi alla luce elettrica o alla televisione: nessuno potrebbe più vivere senza di esse, eppure si tratta di scoperte recenti, anzi recentissime, se si pensa all’intera storia dell’uomo.

        Un discorso simile si può fare per la fotografia, la scoperta che ha posto le basi dell’attuale, avvolgente civiltà delle immagini. L’occasione per meditare su di essa ci è venuta, in questi giorni, dalla pubblicazione dell’“Album dell’800”, un volume nato dalla collaborazione tra il quotidiano milanese Il Giornale e l’archivio fiorentino dei Fratelli Alinari, dal quale è tratta la maggior parte del materiale edito (a cura di Zeffiro Ciuffolotti, 2004, pp. 239, euro 9,90).

        Con questo Album si completa un discorso avviato l’anno scorso, quando protagoniste erano state le foto del Novecento; ora siamo risaliti “ab ovo”, all’inizio di un’esaltante avventura, iniziata ufficialmente negli anni Trenta dell’Ottocento. Era, infatti, il 1839, quando lo scienziato Francois Arago annunciò all’Accademia delle Scienze e delle Arti francese i risultati ottenuti da Louis Daguerre. Il termine “fotografia” si deve invece ad un altro scienziato, Charles Wheatstone.

        Fu un successo immediato, che si diffuse in tutte le nazioni e conquistò i figli del secolo borghese per eccellenza, stupito dalla possibilità di fissare le proprie fattezze o un aspetto del paesaggio. Un trionfo che fu consolidato dalle successive, rapide innovazioni, che resero la macchina fotografica una presenza indispensabile per gli uomini moderni.

        Ma quali erano i soggetti preferiti all’alba dell’era fotografica? E’ semplice: i ritratti. I pittori vengono sostituiti da un più fedele e sbrigativo mezzo di riproduzione e nell’”Album dell’800” sono rappresentati numerosi protagonisti dell’epoca, a partire da Vincenzo Gioberti, in un’immagine del 1848, per poi passare a nomi del calibro di Giuseppe Garibaldi, che non manca di evidenziare il suo carattere estroverso e tendente alla posa suggestiva, e Gabriele d’Annunzio, allora giovanissimo e con i baffi studiatamente rivolti all’insù. La foto del Vate è del 1888, il che significa che ha ancora 15 anni, ma non riesce difficile scorgervi le tracce, al di sotto di un certo provincialismo, del futuro maestro del vivere inimitabile.

       

       

        TUTTI IN POSA, DA MARX A GARIBALDI

        Di fronte all’obiettivo, è difficile trovare qualcuno che rifugga dall’innocente vezzo di vedersi ritratto. Baudelaire, ad esempio, malgrado l’ostentato disprezzo per la fotografia, accettò più volte di mettersi in posa e intorno al 1870 fu anche la volta del nemico per eccellenza della borghesia, Carlo Marx, con il fascino austero di un monaco laico, la barba bianca, una mano sotto la giacca e lo sguardo determinato di un tedesco.

          In generale, ognuno assume la posa più adatta alla sua immagine, ma talvolta le differenze tra foto ufficiali e altre più familiari sono abissali, come dimostra la duchessa di Parma e Piacenza, Maria Luisa di Borbone, ritratta accanto ai due suoi figli, nei panni di una normalissima madre.

        Tra le centinaia di foto dell’Album non mancano i gruppi, di ogni genere. Tra i tanti, spicca un “Gruppo di briganti”, formato da una ventina di persone; sono tutti seri e composti, come fosse una foto ricordo di terza liceale o come se si trattasse di un’occupazione come un’altra. Siamo intorno al 1870.

        E’ però nelle foto legate alla vita quotidiana che l’Ottocento si rivela quanto mai lontano dal nostro tempo. I venditori di frutta, di ricotta, di agrumi, di chiocciole, ci parlano di un Sud alle prese con una squallida miseria, che costringe migliaia e migliaia di popolani ad alzarsi al mattino senza sapere se e come riusciranno a sfamare il proprio stomaco e quello dei propri familiari.

        Sono storie amare, che l’obiettivo fissa senza concedere sconti e senza risparmiare i bambini, come l’arrotino napoletano del 1895, che porta sulle spalle i poveri attrezzi del suo mestiere ed ha lo sguardo assente, rivolto ad un domani privo di speranze. La stessa desolazione si scorge sul volto degli emigranti in attesa di partire dal porto di Napoli, intorno al 1880.

        Ma ancor più espressiva e significativa è la riproduzione della foto conservata a Washington, alla Libreria del Congresso, accompagnata nell’Album da questa didascalia: “New Jork. Gli italiani in America: Pietro impara a scrivere, 1890”.

         L’uomo ha già compiuto il grande viaggio che lo ha portato al di là dell’Oceano Atlantico, nel Nuovo Mondo, ed ha lo sguardo di un’infinita stanchezza e rassegnazione. Nessuno gli ha aperto le braccia al suo arrivo e la miseria delle povere suppellettili che si notano nella foto è emblematica; ma accanto al padre c’è il figlio con una penna in mano e un quaderno. E’ il simbolo dei sacrifici dei nostri connazionali, che nel giro di poche generazioni hanno saputo ritagliarsi un proprio spazio negli Stati Uniti.

        E’ un’immagine che vale più di mille parole e che suggella idealmente un libro fotografico da sfogliare e meditare.

       

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