EMILE BERTAUX E LE TREMITI NEL 1899

 

 

Émile Bertaux è stato un importante storico dell’arte, autore di opere ancora ben considerate. Impossibile non ricordare il fondamentale lavoro del 1903, L’Art dans l’Italie méridionale, che rivela i suoi vivi interessi di studio.

         Nato nel 1869, Bertaux scompare ancora giovane nel 1917, a causa di una malattia contratta dopo essere stato richiamato al fronte. Un destino beffardo, il suo, che però non gli ha impedito di lasciarci una ricca bibliografia nella quale spiccano anche degli scritti giornalistici di grande interesse, apparsi negli ultimi anni dell’Ottocento. Pensiamo in particolare alla rivista Le Tour du Monde e alle pagine legate sotto il titolo de L'Italie inconnue. Voyages dans l’ancien Royaume de Naples. Si tratta, dunque, di resoconti di viaggi nell’Italia sconosciuta, ed in particolare nel cessato Regno di Napoli, che Bertaux scrive a quattro mani con Georges Yver. Nelle pagine apparse sulla rivista il 17 giugno 1899, però, è da solo e lo attendono due mete davvero particolari, ossia il Gargano e le Isole Tremiti. Il testo di Bertaux è affiancato da immagini accortamente scelte, a partire da un caratteristico popolano di Monte Sant’Angelo.

         Partito da Foggia, il giornalista francese a Manfredonia è atteso da una diligenza che deve portarlo fino alla città dell’Angelo, superando degli interminabili tornanti, vietati ai pavidi e ai deboli di cuore. Bertaux, però, arrivato ai piedi della montagna, si fa indicare la «strada vecchia» e decide di salire a piedi, come gli antichi pellegrini. Le descrizioni sono coinvolgenti. Bertaux non usa espedienti narrativi di bassa lega né esaspera le situazioni, ma ci introduce nel migliore dei modi in una realtà singolare, mostrandoci persone in costume, taciturne e dall’atteggiamento fiero, «degni guardiani di un luogo sacro». L’arrivo dei pellegrini si manifesta con un canto che echeggia e che rivela un’umanità devota e dolente, che ripete gesti e formule secolari.

         Ma Monte Sant’Angelo è solo la parte più nota del Gargano, il cuore religioso, visitato da molti altri prima di lui. C’è ancora tanta parte del promontorio da esplorare, fino all’arrivo nelle località costiere, e dunque Bertaux continua nella narrazione, desideroso di violare «la misteriosa barriera che si può scorgere da Foggia». Ecco, dunque, Rodi protesa sul mare, «abbarbicata a un promontorio», terra di giardini e di agrumi che finiscono in America. Più in là ci sono Peschici, «come una macchia splendente sui flutti verdi, bianca falesia coronata di bianche case», e Vieste, solitaria, strana e graziosa, con le sue stradine fatte a scalette.

         Le sorprese di questo viaggio sono davvero tante e il lettore non può che seguire con attenzione le descrizioni del giornalista, che potrebbe fermarsi qui, eppure ha ancora in serbo un asso nella manica. Si tratta della visita alle Tremiti, le misteriose Diomedee, appuntamento mancato e desiderato da numerosi altri viaggiatori prima di lui, che si erano dovuti accontentare di guardarle da lontano, come uno struggente miraggio circondate dalle acque. Un viaggio alle Tremiti comunque non si improvvisa e Bertaux ha già ottenuto un permesso dalle autorità italiane, come farà anni dopo Nicola Serena di Lapigio. Le isole, com’è noto, sono adibite a luogo di pena e dunque sono controllate, oltre che difese dalla loro stessa natura di isole.

         Bertaux arriva a destinazione utilizzando la barca di alcuni pescatori, al termine di un viaggio accidentato, complicato dalla bonaccia e movimentato dalle imprecazioni dei marinai che se la prendono con tutti i santi e persino con il Padre eterno. Quando, il giorno dopo, il giornalista arriva a San Nicola, trova ad accoglierlo carabinieri e carcerieri «armati fino ai denti». Esauriti i controlli, però, l’ospite francese viene trattato con cordialità dal direttore del carcere, che gli permette di conoscere meglio questo microcosmo segnato dalla presenza dei coatti. A San Nicola, con i suoi detenuti, si affiancano la verde San Domino, con le sue colture, e l’arida e deserta Capraia. Non mancano, poi, dei richiami a Pianosa e a Pelagosa, al centro di scontri con l’Austria, che se ne era impadronita.

         Le note di colore non mancano neppure nel viaggio di ritorno, anche questo compiuto su di una barca di pescatori, diretta a Termoli. Bertaux pensa al mondo classico, viaggia con la mente nel lontano passato, ma lo riportano nell’attualità i canti dei pescatori. Il giornalista scopre, così, che i canti degli anarchici e dei rivoluzionari inviati al domicilio coatto da Francesco Crispi erano diventati familiari anche agli isolani di Tremiti, con un sorprendente incontro che suggella delle belle pagine che meritano ancora attenzione.

     

          Émile Bertaux, nato a Fontenay-sous-Bois nel 1869 e scomparso prematuramente a Parigi nel 1917, è stato un autorevole storico dell’arte e un attento conoscitore del Meridione d’Italia. Di qui, oltre al classico volume L’art dans l’Italie meridionale, apparso nel 1903 e più volte ristampato, anche degli scritti giornalistici che si leggono con immutato piacere. Nel 1899, in particolare, Bertaux sulla rivista Le Tour du Monde, che si può leggere nella biblioteca digitale Gallica, ci racconta del suo inconsueto viaggio sul Gargano e nelle Isole Tremiti, dove giunge con un mezzo di fortuna e con una autorizzazione ufficiale che gli permette di vedere da vicino la dura vita dei coatti.

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