PREFAZIONE

 

La riconsiderazione dei contributi alla storia delle patrie lettere venuti da regioni eccentriche e tradizionalmente non iscritte nel Gotha della grande letteratura nazionale conosce ogni giorno nuovi sviluppi, fino a legittimare una decisa inversione di tendenza intesa a rilevare più le specificità e le convergenze dei singoli fatti e artisti sui grandi fenomeni e movimenti, che non le storie unificanti non di rado schematiche e parziali.

La cosa appare tanto più interessante in quanto l'orizzonte va facendosi europeo e mondiale, da nazionale e provinciale che era, e grandi movimenti dello spirito o atteggiamenti del gusto e della cultura, come umanesimo, barocco, manierismo, illuminismo, romanticismo, decadentismo, conoscono diversità e specificazioni, convergenze e opposizioni a seconda del punto di intersezione storico e geografico in cui li si esamina, con un risultato di maggior comprensione e verità, anche di sintesi, nel tratteggio delle differenze e delle peculiarità specifiche.

Così anche regioni letterariamente non privilegiate, quali la Puglia, tradizionalmente fra l'altro appiattita nella più generica definizione di cultura o letteratura meridionale identificata nello stereotipo egemone napoletano o siciliano, possono mostrare i loro apporti e dimostrare una consistenza ed originalità imprevedibili nel frettoloso sconoscimento di cose fatti e persone.

Sarà da salutare perciò con simpatia e consenso questo volume che offre al cultore di cose letterarie una attenta raccolta antologica dei versi di Umberto Fraccacreta, poeta di San Severo ma di esperienza e frequentazioni europee, colto e fine intellettuale del primo Novecento che risulta esser stato finora fin troppo ristretto nella formula di "poeta del Tavoliere".

Quell'afflato georgico di remota matrice virgiliana che attraversa ed innalza non poca parte della sua ispirazione non può, infatti, essere ascritto ad un generico filone bozzettistico/rurale e neppure ad un carduccianesimo o pascolismo d'accatto ed in ritardo. Anche se forse non vi fu estraneo l'entusiasmo che la politica rurale del fascismo anni '30 produceva sugli intellettuali (non vi si sottrasse neppure Alvaro dinanzi al "miracolo" della bonifica pontina), è l'onda lunga del decadentismo più maturo ed inquieto che arriva fino a lui attraverso i modelli nostrani e stranieri, le ascendenze della cultura sua filosofica di matrice tedesca, l'esperienza panica e quella orfica, le malinconie e gli slanci di una poesia che aveva conosciuto ansie esistenziali, rovelli d'isolamento e di rinuncia, tormenti formali.

Di essa, nelle nostre storie letterarie è traccia nelle vicende di certa Scapigliatura (penso a Camerana più che a Praga e Boito), nei toni "minori" di Betteloni, in certo tardo carduccianesimo di Carducci e degli epigoni (Manzoni, Chiarini, Ferrari), in Pascoli maggiore e minore, perfino in certo D'Annunzio stanco ed estenuato, per arrivare al misticismo di Onofri, a Palazzeschi e Govoni, all'ironia catafratta di Gozzano: un'onda che si frangerà nell'innovazione degli sperimentalismi primonovecenteschi, nell'ermetismo, per riaffiorare qua e là in Onofri e in Comi, per esempio, che bisognerà forse accostare più di quanto non si sia fatto finora al nostro Fraccacreta.

La rilettura di questi versi, che Francesco Giuliani fa precedere da una accurata ed utilissima prefazione critico-bibliografica e Nino Casiglio da alcune pagine di intensa e penetrante rievocazione della figura del poeta di San Severo, si offre così come una occasione non solo di riscoperta di una esperienza poetica ed umana rimasta finora piuttosto in ombra, ma anche di riflessione sulle diverse forme che il decadentismo è venuto assumendo, della sua durata temporale, delle sue specificazioni, dei contributi originali che anche da regioni eccentriche sono venuti, da quella soglia d'attesa del nuovo che era già nell'aria ed altrove era perfino operante, e però non toglieva forza né svuotava ancora quell'onda lunga e la sua risonanza interiore.

MICHELE DELL'AQUILA

 

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