DA RODI ALL'AMERICA
"ROMANZO MERIDIONALE" DI SERGIO D'AMARO
Sergio D’Amaro è un noto scrittore della nostra terra. Nato
a Rodi Garganico nel 1951, risiede da tempo a San Marco in Lamis, dove insegna
in una scuola superiore. Nella sua produzione spiccano numerosi testi di critica
e di letteratura creativa. Al secondo ambito appartiene il “Romanzo
meridionale”, da poco arrivato in libreria per i tipi della casa editrice
salentina Besa (pp. 71, euro 12). Si tratta dell’edizione integrale dell’opera
che nel 2006, in una versione ridotta, aveva vinto il Premio Vico del Gargano
per la narrativa inedita.
Un romanzo di agile respiro, com’è facile
constatare, ma senz’altro denso e significativo, che si ricollega in pieno anche
agli studi e agli interessi culturali di D’Amaro, che a più riprese ha indagato
sul mondo degli agrumi della sua città natale e sulla forte incidenza
dell’emigrazione, specie verso l’America. Al centro dell’opera ci sono proprio
due personaggi che vivono in modo diverso il rapporto con il Nuovo Mondo, con la
terra promessa di tanti poveri diavoli, strappati ai propri luoghi di nascita e
costretti a confrontarsi con una società completamente diversa. L’America, terra
delle opportunità, sa essere generosa, ma anche crudele.
Uno scorcio del Lago di Varano
Il primo personaggio, Isidoro Tomas, ha fatto fortuna
all’ombra della statua della Libertà e muore in un suntuoso letto del Queens,
assistito dalla sua amante. Il secondo, invece, Cristoforo Zoja, arriva in
America aiutato dal primo, ma l’idillio dura poco, ragion per cui finisce per
ritornare a Rodi, chiamata, nella finzione letteraria, con il nome di Garrodi.
Cristoforo comprende che “la Merica” era il
suo cuore, quello che voleva essere, e ritrova l’abbraccio della sua terra,
riconciliandosi con essa. Quando muore, in tarda età, ha accanto la moglie,
mentre nel “piccolo giardino contornato da una stretta macera fiorivano le
zagare di una bionda, sull’albero che per prima aveva piantato tornando
dall’altra parte del mondo”. La sua esistenza dunque non è stata inutile e
produce dei frutti per il futuro, attestando l’importanza della fedeltà alle
radici.
In “Romanzo meridionale” ritroviamo la
durezza della vita, tra stenti e timori continui, rappresentati dalle famigerate
gelate, in grado di distruggere tanto lavoro, prosciugando gli agrumi del loro
prezioso succo. I giardini di Rodi sono incantevoli, così come li hanno
descritti tanti viaggiatori, ma anche estremamente delicati e i repentini sbalzi
di temperatura sono stati vissuti dagli abitanti dello Sperone come veri e
propri flagelli collettivi, che coinvolgevano l’intera comunità.
La vena realistica, però, si apre
costantemente alla presenza di brani tradizionali, di richiami alle usanze del
passato, con grande libertà. Ne deriva un impasto linguistico ricco, che include
anche termini tratti dal dialetto e dall’itanglese, ossia l’inglese contaminato
da termini vernacolari, parlato dai nostri tanti emigrati oltreoceano. Proprio
in apertura, tra l’altro, in una “Nota dell’Autore”, D’Amaro fornisce un breve
elenco di questi vocaboli, che sicuramente colpiscono l’attenzione del lettore,
come “marchetta” per market, mercato, e “cippo” per cheap, a buon prezzo.
Il Gargano in questo romanzo appare più che
mai una terra protesa verso il mare, tagliata fuori dalle vie di comunicazione
terrestri e necessariamente portata a confrontarsi con l’altra costa
dell’Adriatico o, appunto, con l’Oceano Atlantico, l’immensa distesa d’acqua che
anche Cristoforo attraversa, come tanti altri prima e dopo di lui.