L'INDAGINE STORICO-LETTERARIA NELLE OPERE DI FRANCESCO GIULIANI
di Leonardo Aucello
IL TRITTICO SAGGISTICO DI FRANCESCO GIULIANI
In quest’epoca di mode e di tendenze in cui lo
charme
formale di ogni tipo è il vero valore aggiunto nella
valutazione oggettiva di ogni aspetto fisico, morale o
intellettivo, non fa una grinza, è il caso di dire, il
trittico saggistico di Francesco Giuliani, italianista di
San Severo, che ha pubblicato il terzo volume di studi
storico-letterari della Puglia del Novecento, attraverso le
figure più rappresentative di questa terra abbastanza
prodiga, sembra strano, di poeti e studiosi. Come nei due
volumi precedenti, anche in quello attuale Giuliani sa
fondere in maniera precisa, con un ritmo incalzante dal
punto di vista dello scandaglio critico di ogni opera o
autore, analisi e ricerca con il piglio di chi vuole
scoprire il motivo recondito da cui scaturisce il
particolare tipo di scrittura e di ispirazione che è a
fondamento della personalità di ogni letterato preso in
esame.
Per queste ragioni la Collana
Testimonianze,
diretta egregiamente da Benito Mundi, anch’egli di San
Severo, per conto delle Edizioni del Rosone di Foggia, ha
voluto completare il lavoro di Giuliani con la pubblicazione
della sua ultima fatica che continua sia nel titolo che
nell’impostazione le prime due,
Saggi, scrittori e paesaggi. L’autore, in
sostanza, completa l’itinerario saggistico-narrativo
iniziato nel 2002 con
Viaggi letterari
nella pianura
e continuato successivamente nel 2004 con
Occasioni letterarie
pugliesi.
Come si accennava, il filo conduttore è unico: affrontare lo
studio delle tante opere sparse, poco conosciute dal grande
pubblico, riguardanti la vita, il mondo, i personaggi e le
situazioni della Puglia in genere, e, più specificatamente,
della Capitanata, dal periodo che va dall’Unità d’Italia ad
oggi. In questo movimento cronologico Giuliani non perde
qualsiasi tassello per formare un mosaico completo di idee
e immagini poetiche che fanno più ricco e armonioso il
variegato mondo culturale e intellettuale pugliese.
Sono apparsi negli anni passati altri testi di questo
genere, di impostazione più antologica che analitica vera e
propria, alcuni dei quali pregevoli, ma altri piuttosto
asfittici e poco ariosi con la volontà del breve quanto
irrisorio successo editoriale e al solo scopo venale; tra
l’altro, interamente finanziati da Enti pubblici, il più
delle volte, questi ultimi, poco obiettivi nel valorizzare
libri ed autori del posto. Ma questi volumi di Giuliani
hanno una marcia in più poiché costituiscono il frutto di
una lunga ricerca sul campo in cui l’autore non si sofferma
alla semplice pagina introduttiva ma va a fondo nello studio
degli autori, dei personaggi e delle opere edite ed inedite
in cui egli cerca sistematicamente di esaminare le
caratteristiche ideologico-formali ed espressivo-strutturali.
Tanto è vero, proprio perché si può parlare di trittico
saggistico-letterario, la materia analizzata presenta un elemento comune di
richiamo ispirativo, attraverso il quale l’autore sa condurre per mano
anche il semplice lettore, per aprirgli un varco di conoscenze, le più
svariate, e, spesso, più intime, così da tracciare un quadro chiaro e ben
congegnato che nulla lascia di intentato, se non la semplice curiosità di
attendere il passo successivo della lettura per un arricchimento di intere
generazioni di critici, studiosi, poeti e narratori di un lungo secolo di
vita culturale e intellettuale, senza frammentazione di sorta, ma con un
costante richiamo alle radici umane e sociali del territorio in cui
l’indagine si colloca.
Ecco perché, oltre al plauso editoriale che va riconosciuto all’autore, c’è quasi, oserei dire, il debito morale da parte di noi frequentatori delle patrie memorie, di questo suo omaggio in quanto ci offre numerosi spunti non solo per un ulteriore approfondimento in merito, ma soprattutto per aver permesso ad ognuno di scoprire notizie biografiche e scritti particolari e segreti di cui nessuno sarebbe potuto giammai venire a conoscenza.
Anche in questi saggi
Giuliani affronta lo studio su aspetti direttamente collegati alla sua
terra, ma che appartengono pure alla grande tradizione letteraria tra Otto e
Novecento, a partire da una novella di Verga, al mondo poetico-musicale di
D'Annunzio e Mascagni alle prese con la civiltà suburbana e contadina del
basso Tavoliere; per continuare con i viaggi per l’Italia di autori
novecenteschi come Baldini, Alvaro e Piovene; per concludere con
intellettuali oriundi pugliesi, a cominciare dal caso letterario di
Mariateresa Di Lascia, scomparsa prematuramente, originaria del Subappenino
dauno.
L’autore, inoltre, svolge la sua indagine parlando in maniera dettagliata dello scrittore sanseverese Nino Casiglio, esempio fulgido di scrittura e narrativa meridionale; insieme a quest’ultimo egli affronta lo studio su due scrittori garganici, Giuseppe Cassieri, romanziere di fama nazionale, e il suo professore liceale, nonché studioso e cantore dell’amata terra di Capitanata, Pasquale Soccio. Il volume termina con un bravo, ma sconosciuto autore, amico di Bacchelli, decano dei poeti in vernacolo garganico, l’avvocato e poeta Giustiniano Serrilli, di San Marco in Lamis, Amministratore provinciale durante il Regime.
Insieme a questi si muovono altri
personaggi e intellettuali dal raro gusto di critici di razza come Giacinto
Spagnoletti, Mario Sansone, Michele Dell’Aquila, originari pugliesi: quasi
come una palingenesi letteraria leopardiana, in cui affiora un vero e
proprio monitoraggio storico-letterario della nostra terra.
Lo stile sobrio e misurato di Giuliani, con dei balzi poetici dal timbro
elegiaco, concede all’opera un motivo di riscoperta di alcuni valori
fondamentali che fanno di uno scrittore e della sua produzione
poetico-narrativa l’elemento di congiunzione tra l’autore della ricerca e
gli argomenti trattati.
Ho ricevuto e letto con interesse il volume
Viaggi novecenteschi
in terra di Puglia - Nicola Serena di Lapigio, Kazimiera Alberti, Cesare
Brandi
-,
Prefazione di
Benito Mundi, Edizione del Rosone, Foggia, 2009. Esso mi pare molto
interessante non solo perla completezza bibliografica degli autori, ma anche
per l’analisi strutturale dei testi, del mondo poetico e narrativo, come
pure paesaggistico, degli ambienti descritti. Il libro, oltre a una chiara e
completa interpretazione filologica, riporta pure dei brani antologici, di
N. Serena di Lapigio e della Alberti, delle opere prese in esame.
Ho dato subito una buona e, credo, esaustiva lettura dei vari testi, poiché, anche se in maniera molto differente, li conosco comunque tutti e tre. Avevo già apprezzato quasi dieci anni fa il testo Panorami garganici di Nicola Serena di Lapigio, edito nel 1934, che mi aveva prestato per un mio studio su alcuni personaggi sammarchesi del primo Novecento l’amico Gabriele Tardio.
Anche il libro di viaggi pubblicato a Napoli nel 1951 ed intitolato
Segreti di Puglia della scrittrice ed esule polacca Kazimiera Szymanska,
naturalizzata in Alberti, dal nome del primo marito, viene presentato in
modo organico e quasi surreale in quanto la magia della civiltà pugliese si
presenta come un mistero di incanto all'occhio stravolgente di una profuga
dell’Est, quale è stata l’autrice del saggio presentato.
Mentre, credo, non abbia bisogno di un quadro espositivo l’opera di Cesare
Brandi, cultore di quella società letteraria novecentesca italiana che
riscopre nella civiltà dei costumi il mistero di un mondo poetico da non
profanare con alchimie prosastico-rappresentative di alcun genere.
Nell’ampio volume, affronta, tra l’altro, lo studio, come accennato, del
libro
Pellegrino di Puglia,
apparso per i tipi della Laterza di Bari nel 1960.
Come ricordavo in precedenza,
sono molto contento di questo nuovo lavoro critico-letterario poiché
l’autore colma un vuoto nella conoscenza di immagini pittoresche di
reportage
riguardanti sempre la nostra tanto decantata terra circondata da imprese di
eroi e da fervori umani e spirituali, oltre che poetici: una via di mezzo
tra la cultura etnolinguistica e demoantropologica, con scalfiture di
intrecci giornalistico-letterari di elevata cultura.
Ho notato che le raccolte di scritti di Davide Grittani
Verso Sud
e di Antonio Motta
Cento Puglie non citano per nulla questi
volumi di primaria importanza documentaristica: se si eccettua un brano di
Brandi riportato nel testo di Motta, ma senza alcun profilo
storico-biografico dell’autore. Ecco perché, ripeto, l’autore costituisce
l’apripista in questo senso.
Effettivamente proprio a San Marco, soprattutto dei testi di N. Serena di
Lapigio,
Panorami garganici, e
Pellegrino di Puglia,
di Cesare Brandi, se ne trovano più di una copia in alcune biblioteche
private. Però grazie a Giuliani, viene non solo pubblicizzato il nome, ma
fatte conoscere in senso ampio e completo le loro opere.
La tecnica analitica è sempre quella più congeniale all’autore: unire
l’intera descrizione, attraverso un’indagine comparativa con altre opere e
autori che hanno trattato lo stesso tema, magari da visioni e angolature
diverse, per giungere a un punto fermo che è quello di far conoscere il
mistero di una letteratura apparentemente secondaria che va a commisurarsi
con i personaggi, i volti, le tradizioni, gli ambienti, le storie, le
immagine pittoresche e il mondo arcaico-contadino, tra cui le donne con
il
fazzoletto colorato degli anni trenta di San Marco in Lamis di Serena di
Lapigio, che appartengono interamente non solo all’antica civiltà garganica,
ma anche più estesamente a quella dauna.
Queste stesso impressioni furono provate trent’anni prima di Serena di Lapigio da un altro scrittore di viaggi, il romagnolo Antonio Beltramelli.
Oltre
alla
malia del mondo contadino garganico, questa terra viene rivestita dagli
autori
trattati
di
una magia di sacralità come gli incontri avuti con sommesso pudore con il futuro
Santo delle Stimmate, Padre Pio da Pietrelcina, in San Giovanni Rotondo,
attraverso quasi una trasfigurazione mistica del Cappuccino scrutatore e
maestro delle coscienze da emendare ed educare. Come pure lo scrittore
viaggiatore
si
immerge nella svettante maestosità paesaggistica di Monte Sant’Angelo, dove
vige,
in
un connubio di secolare tradizione, fede e splendore urbanistico-architettonico,
a partire dai gloriosi albori medievali: aspetti multiformi presenti in
tante opere
e autori scelti e analizzati con sensibilità e acume.
Ed è in questo scenario poetico-popolare con composita leggiadria
strutturale, nel senso che riesce bene ad amalgamare figure e ambienti
diversi che assurgono a valore poetico-leggendario, come il mistero di ogni
personaggio e paesaggio pugliese in generale e garganico-dauno in
particolare, che si muove questo genere di critica letteraria, dal tono tra
il melodioso e l’elegiaco, soprattutto nel rincorrere sprazzi
di
vita vissuta nella spontaneità e genuinità di un mondo apparentemente
sommerso.
Il
tutto poi si trasforma nel contempo in una elegante prosa illustrativa e
lungimirante in quanto l’incanto tra passato e presente storico si
proiettano all’unisono verso un orizzonte più ampio di immagini e profili
umano-psicologici del tutto originali.
Ecco perché, come ho più volte scritto e ricordato, gli siamo tutti fortemente riconoscenti per i vari volumi dedicati alla cultura letteraria di Capitanata e più estesamente della Puglia: diversamente, come ho ricordato in altri miei interventi giornalistici, tante opere pregevoli sarebbero rimaste sconosciute a lettori più giovani; soprattutto perché irreperibili dal grande pubblico locale e non.
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LA RICERCA DEL PASSATO DI FRANCESCO GIULIANI NELLE "NOSTALGIE" DI MICHELE VOCINO
Prima che avessi tra le mani l’ultimo volume curato dall’italianista di San
Severo, il professor Francesco Giuliani, di una delle opere maggiori di
Michele Vocino, nativo di Peschici nel 1881 (da madre del posto e padre
sannicandrese) e morto a Roma nel 1965, intitolata
Nostalgie di mari
lontani (con la Puglia nel cuore), in
Testimonianze,
collana diretta da Benito Mundi, Edizioni del Rosone, Foggia, 2010 (apparsa
la prima volta nell’edizione curata dall’autore nel 1937, in piena era
fascista), mi ero soffermato nella lettura di un breve saggio-ricordo
sull’altro grande garganico, Pasquale Soccio, a dieci anni dalla morte,
incluso in una raccolta a cura di Michele Galante, scritto dallo stesso
studioso sanseverese, e già allora apprezzavo non solo la profonda
conoscenza dell’argomento trattato, ma anche la capacità di rivedere alcune
proprie posizioni, soprattutto dopo aver consultato documenti e testi
particolari su personaggi e argomenti di una certa rilevanza.
Infatti il medaglione socciano di Giuliani, per quanto riproponga il
suo intervento al Convegno sul Cantore garganico per eccellenza, tenutosi a
San Marco in Lamis subito dopo la morte avvenuta 2001 nello stesso paese,
tuttavia si intuisce subito che il lavoro critico è stato composto di
recente poiché si nota l’impianto generale dell’analisi che è il risultato
di un’accurata ricerca scaturita da anni di studi e di approfondimento. E
qui che ho notato la maturità di intellettuale puntuale e premuroso da parte
del Giuliani: io ero presente a quel convegno e devo confessare che il suo
intervento era stato il frutto più di una testimonianza a caldo, tra
l’altro, non vissuta direttamente, che di una conoscenza vera e propria.
Lo stesso critico letterario, qualche anno dopo, ha incluso in una sua
raccolta di saggi su celebri autori di Capitanata un lungo e preciso studio
sulla figura e l’opera di Soccio; ed ora, da uomo responsabile quale è, ha
fatto
tabula rasa del suo intervento alla
commemorazione sammarchese e ha rivisto di sana pianta, con ottimi
risultati, ciò che a mio modestissimo parere era scaturito da una buona e
corretta improvvisazione.
A distanza di brevissimo tempo, si ripresenta con la riedizione, parecchi
decenni dopo la pubblicazione, come ricordavo, di una delle opere di ampio
respiro del “poligrafo” garganico Michele Vocino. Quanti abbiano affrontato
letture di vario genere sul carattere e la cultura di uomini illustri del
Gargano, si saranno certamente imbattuti in quella esemplare di Vocino. Ci
sono, come ricorda lo stesso Giuliani, delle vie e una scuola intitolate nei
paesi del Promontorio e non solo a questa figura di intellettuale poliedrico
e profondo.
Il libro
Nostalgie,
composto di oltre un paio di centinaia di pagine, è suddiviso in due parti
più o meno uguali: nella prima si gusta un lungo e preciso saggio del
Giuliani di quasi un centinaio di pagine; per il resto si affronta la
preziosa e colta lettura del testo del Vocino, ricca di argomenti e
suggestioni, le più vivaci e perspicaci, con un linguaggio altalenante che
va dall’immagine viva e sofferta, al confronto costante tra le terre di
origine e le “scoperte” di città, metropoli, fiumi e luoghi di buona parte
del Continente americano, alle emozioni di incontri con gente nuova e vecchi
connazionali, ma sempre con lo spunto della sagace curiosità dell’uomo colto
il quale descrive ogni piccola e grande impressione con una scrittura alta
e certosina, nell’intento di meravigliare se stesso prima che i suoi
numerosi lettori.
Giuliani, prima di soffermarsi lungamente e con acume particolarmente
attento a cogliere i punti essenziali dell’ispirazione dell’opera trattata,
come fa in modo completo di ogni capitolo e argomento sia delle parole che
delle suggestioni di un vero e proprio
reportage
di immagini, tradizioni e suggestioni attraverso una visione reale, mista a
un surrealismo quasi onirico, riesce a fornire al lettore un quadro
esaustivo dell’intera produzione dell’autore garganico, con un profilo
biografico minuzioso.
Vocino ha pubblicato, come ricorda il curatore, circa una trentina di volumi
di varia natura che va dal diritto, alla esperienza marittima di cui è stato
un abile ufficiale, all’analisi storica e politica di cui è stato Deputato
al Parlamento nella prima quinquennale legislatura repubblicana dal 1948 al
’53, di ispirazione liberale conservatore, eletto nelle file della
Democrazia Cristiana, nel Collegio Bari-Foggia, alla collaborazione
giornalistica su quotidiani e riviste a carattere regionale e nazionale;
oltre, come si accennava, a un’ampia descrizione della vita culturale,
sociale, documentaristica, paesaggistica e storica dell’amata terra di
Capitanata, in special modo garganica, lasciando, tra l’altro, alla
consultazione e alla conservazione di alcune migliaia di volumi, la sua
biblioteca personale a quella pubblica e ben organizzata della Provincia di
Foggia, situata nel capoluogo dauno.
Giuliani non è alla sua prima esperienza di studioso e curatore di autori e
opere riguardanti il Promontorio: infatti ha già dato alle stampe due volumi
(inclusi nella stessa
Collana editoriale
diretta da Benito Mundi) sullo scrittore e critico d’arte di Sannicandro
Garganico, Alfredo Petrucci, pubblicando, attraverso alcuni saggi sulle
lettere, l’ispirazione e la cura della sua prima raccolta di racconti,
La povera vita.
Mentre, precedentemente, aveva illustrato con precisi richiami
storico-etnografici un libro di viaggi degli inizi del Novecento, edito per
i tipi della Treves di Milano, di uno scrittore romagnolo allora in voga,
Antonio Beltramelli, futuro amico del Duce, nonché camerata, intitolato
stringatamente
II Gargano.
Per questo crediamo opportuno che egli continui non solo lungo questa via
tracciata, come fa ormai da anni, ma, eventualmente, se dovesse interessarsi
ancora dell’opera di Michele Vocino, sarebbe utile ripubblicare qualche
testo, di quelli più riusciti, che trattino specificamente della sua terra
di origine; e certamente il curatore avrebbe a disposizione una vasta
pubblicistica di circa una decina di testi.
Resta, comunque, un grande riconoscimento culturale da attribuire al
Giuliani per la sua grande perizia analitico-letteraria, nonché
archivistico-documentaristica, unica nel suo genere, che ci ha permesso di
conoscere, da parecchi anni, personaggi e intellettuali colti e raffinati
non solo del Gargano e della Capitanata in genere, ma anche di buona parte
della Puglia, la cui produzione, con specifici profili bio-bibliografici,
sarebbe rimasta a disposizione di un numero abbastanza sparuto di
intellettuali, lettori, o semplici eredi di aviti fondi librari privati, che
hanno avuto la fortuna di possedere una copia della prima e unica edizione.
Mentre, attraverso questo lavoro di analisi e ricerca di un certo livello,
ognuno può addentrarsi nei meandri di una cultura letteraria dell’intero
corso novecentesco della terra dauna: patria di poeti, saggisti e scrittori
di ottima levatura. Per questo un grazie al critico letterario sanseverese
non è mai sufficiente.