PER CONOSCERE MEGLIO UN PROTAGONISTA DELLE LETTERE

"L'OPERA LETTERARIA DI CRISTANZIANO SERRICCHIO"       

       

          Cristanziano Serricchio, classe 1922, è, per consolidato giudizio critico, uno dei maggiori poeti viventi italiani, una vera e propria “risorsa” umana e letteraria per il territorio pugliese, che guarda a lui come ad un indiscusso maestro. Nel corso degli anni gli scritti dei critici si sono susseguiti e accumulati, formando un considerevole corpus, come attesta la recente pubblicazione di un corposo volume, intitolato “L’opera letteraria di Cristanziano Serricchio. Antologia della critica”, edito dalla casa editrice Sentieri Meridiani di Foggia, con la prefazione di Domenico Cofano (pp. 337, euro 25).                 

         Il libro segue le orme di un cammino artistico iniziato nel lontano 1950, quando un altro grande nome della cultura pugliese, Alfredo Petrucci, scriveva l’introduzione della sua prima silloge di liriche, “Nubilo et sereno”. Da allora è passata molta acqua sotto i ponti della letteratura, fino all’ora della consacrazione del valore. Gli anni più recenti, tra l’altro, sono stati particolarmente generosi, con contributi firmati da personaggi come Mario Luzi, Franco Loi e Maria Luisa Spaziani, tanto per citarne qualcuno.

          L’antologia della critica in questione si apre con le pagine dell’italianista Cofano, ordinario di Letteratura italiana nell’Università di Foggia, che esprime un caldo ed aperto consenso verso la produzione di Serricchio, che ha pubblicato lavori poetici, teatrali e narrativi, ma resta soprattutto un poeta, nel senso più alto del termine, anche quando subisce il fascino del racconto e del romanzo. Di qui, nota Cofano, i suoi temi, “che sono quelli abituali delle raccolte liriche – il tema del tempo, il tema della memoria, il tema della religiosità, il tema della natura, il tema della donna, il tema della morte”, rivissuti con grande originalità.

         Attraverso le pagine di Serricchio sale in primo piano anche il ruolo del poeta, l’impegno etico e civile di chi auspica con la parola un mondo di pace, di tolleranza, di comprensione, un obiettivo che resta ancora molto vivo nella società contemporanea e che lo scrittore pugliese ha tra l’altro posto al centro del suo romanzo “L’Islam e la Croce”, del 2002.

         Sfogliando la silloge critica si possono gustare certe notazioni profonde e incisive, come quella di Maria Luisa Spaziani, quando ricorda che “La gioia si consuma in fretta, non pone domande e non ha tempo per le definizioni, lascia nella memoria i segni che un passero incide sulla neve. Il dolore è un aratro che lacera la terra. Ma è nelle ferite della terra che il seme si annida”. Come dar torto alla poetessa che veste i panni del critico e sottolinea l’intensa presenza del tema della morte nei versi di Serricchio? Da leggere, poi, le calde parole di Mario Luzi, del 1995, che termina il suo scritto rimarcando il fatto che “è raro che si legga davvero e volentieri e senza noia e stanchezza come ho letto i suoi versi”.
         Luzi resterà sempre un sincero estimatore dei versi di Serricchio, come del resto Giacinto Spagnoletti, Giorgio Caproni, Mario Sansone, Maria Corti, Raffaele Nigro, Donato Valli, Davide Rondoni, Ettore Catalano, Daniele Pegorari e tanti altri. Davvero difficile fare tutti i nomi. Resta la certezza del ruolo conquistato, anche attraverso il suo esempio e il suo magistero, dalla Puglia nelle patrie lettere, un riconoscimento ottenuto lavorando sul campo, per così dire, in quella Manfredonia dove Serricchio, lasciando la nativa città dell’Angelo, ha vissuto ed insegnato, dove ha visto e studiato le stele daunie.

         La parola, ha ragione Cofano, per Serricchio “è verità e vita” ed è destinata per vie segrete a riaffiorare, zampillando nel tempo.

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