GLI ANIMALI NELLA LETTERATURA ITALIANA 

 

Nel mondo gli animali stanno diminuendo ad un ritmo preoccupante e non sono poche le specie che esistono ormai solo nei libri di scienze. Ogni anno la caccia e il bracconaggio provocano delle stragi ingiustificate e i volgari interessi economici spingono, praticamente, verso un pianeta sempre più violentemente controllato dall’uomo. Eppure, per reazione, non manca una maggiore sensibilità verso gli animali, che si esprime in diversi modi, come il rifiuto della caccia, ritenuta ormai un’attività barbara dall’80 per cento degli italiani. Ma cosa sarebbe la vita dell’uomo senza gli animali? Parte da una domanda simile un interessante libro, intitolato “Animali della letteratura italiana”, curato da  Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi (Carocci, Roma, pp. 287, euro 25).

Gli autori sono due docenti universitari di letteratura italiana, in servizio presso l’Ateneo di Bologna, che hanno coordinato una nutrita schiera di collaboratori, offrendo un’ampia panoramica sull’argomento. E’ una metodologia già sperimentata in due volumi precedenti, dedicati, rispettivamente, ai luoghi e agli oggetti della letteratura italiana, editi nel 2003 e nel 2008.

I due curatori sono ben consapevoli della complessità dell’argomento scelto e lo affermano esplicitamente nell’introduzione. Essi non si sono proposti “un catalogo enciclopedico ma alcuni percorsi esemplari”, delle vie privilegiate che offrono, attraverso i 26 saggi che formano il libro, numerose chiavi di lettura, relative a singoli animali o a animali affini. L’analisi contenutistica si sofferma, come ricorda il titolo dell’opera, in particolar modo sulla letteratura italiana, dalle origini in poi. Le varie specie sono disposte in ordine alfabetico, dalle api ai serpenti, dalle aquile ai topi, e non mancano degli esseri fantastici, come i centauri e i draghi.

Negli ultimi anni l’argomento è stato al centro di non pochi volumi, a conferma di una crescente attenzione verso il tema. In libreria sono giunti molti titoli, tra cui, ad esempio, delle antologie relative ai cani e ai gatti, come pure libri e saggi sui riferimenti al mondo animalesco presenti in alcuni grandi scrittori, come Verga.

Gli scrittori si sono sempre ispirati agli animali, descrivendoli direttamente, ma anche  caricandoli di molteplici significati. Tutti conoscono le tre fiere che Dante incontra all’inizio del suo viaggio nell’aldilà, che costringono il poeta ad una deviazione che forma il corpus della “Divina Commedia”, e tutti hanno letto la lirica leopardiana in cui si celebra la presenza del passero solitario. Sono pagine che appartengono alla memoria collettiva, alle quali non possiamo non affiancare il passo dell’Odissea sul cane Argo, agli inizi della letteratura occidentale. Il cane Argo muore felice, dopo aver riconosciuto il suo antico padrone, tornato in incognita ad Itaca, e la sua suggestione opera anche in altri passi della letteratura italiana, come si desume dal capitolo di Gian Mario Anselmi (“Cani”).

Nei saggi del volume, brevi ma estremamente concisi, c’è solo l’imbarazzo della scelta. In parole povere, ci imbattiamo in una raffica di spunti, che si completa con alcuni opportuni riferimenti bibliografici finali. Si tratta di un libro per molti versi specialistico, sia ben chiaro, che offre tra l’altro degli utili esempi metodologici, ma anche da esso si può trarre una preziosa lezione, che ci invita ad amare di più gli animali, quelli domestici, ma anche quelli feroci. In fondo è facile ricordare che non esiste nessun animale feroce come l’uomo. Una conclusione amara, ma indiscutibile.

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