"PREMETURE", UNA STRAORDINARIA SILLOGE DI FRANCESCO GRANATIERO
Continua a ritmo sostenuto
l’attività poetica e linguistica di Francesco Granatiero, che ha dato alle
stampe un volume denso e significativo, intitolato Premeture, ossia
‘Guidaleschi’, che raccoglie una corposa antologia di liriche in vernacolo dal
1975 al 2019 (Aguaplano, Perugia, con antologia della critica e biobibliografia
a cura di Raffaele Marciano). Si è trattato del regalo che Granatiero ha voluto
farsi ed ha fatto ai suoi lettori in occasione dei suoi 70 anni, ed è stata di
certo un’idea felice, visto che offre un quadro completo di un’avventura poetica
di notevole spessore.
Nato a Mattinata, sul Gargano, nel 1949, Granatiero si è poi trasferito
in Piemonte, a Torino, dove vive ancora oggi, ma, quasi a conferma che tutto
avviene nei primi anni, ha cercato la chiave della sua vicenda esistenziale
nella fedeltà ad un vernacolo arcaico e aspro, retaggio di un mondo
contadino-pastorale pugliese scomparso da almeno mezzo secolo. In questa lingua,
che non ha più parlanti e che viene sempre accompagnata dalla fedele traduzione
in italiano, Granatiero ha raccontato, libro dopo libro, la sua ricerca
attraverso grotte, voragini e balzi montuosi, della propria verità, del proprio
destino di sradicato.
Dagli anni Settanta in poi, dopo l’iniziale produzione in lingua
nazionale, il poeta garganico ha seguito la sua pista, la sua traccia, dando un
rilievo mitico e metaforico a cose e momenti di quel mondo originario e ormai
irrimediabilmente spento. Una fedeltà, quella di Granatiero, che non contiene
nulla di nostalgico e di languido, ma che si avvale di figure che si stagliano
in modo essenziale e secco, anche se l’autore tende sempre a mostrare un
compiuto dominio della forma e della metrica. Di qui la fedeltà alle forme
chiuse, alle rime e ai suoi inconfondibili sonetti di settenari, che scorrono
nelle pagine di Premeture. I guidaleschi, termine che i vocabolari
segnalano come non comune, sono, negli animali da soma o da tiro, i segni
lasciati sulla pelle dai finimenti, che si sfregano sopra il garrese. Si tratta,
insomma, di piaghe, delle ferite che la vita lascia su tutti, uomini o animali
che siano, giorno dopo giorno, e che Granatiero coglie su di sé e intorno a sé.
La raccolta antologizza pagine a partire da All’acchjitte (ossia
‘Al riparo dal vento’), del 1976, il libro d’esordio, per poi proseguire
attraverso momenti centrali come Iréve (‘La voragine’), del 1995, La
chiéve de l’úrte (‘La chiave dell’orto’), del 2011, fino all’ultima, recente
raccolta, che è Spòreve (‘Potatura’), del 2019, edita da Aragno con
postfazione di Giovanni Tesio. In tutti i casi, si coglie con chiarezza il
valore simbolico dei titoli come anche delle singole liriche, che contengono il
travaglio di una ricerca che non si illumina di troppi riferimenti esterni ed
estrinseci, che sonda il volto più materiale della realtà, ma confida pur sempre
in quelle sillabe storte e insieme sorvegliate che provengono da questo
metaforico pozzo del vernacolo.
Premeture contiene anche una utilissima antologia critica, in cui
spiccano le interviste rilasciate dallo stesso Granatiero, che rendono più
chiaro un percorso segnato dall’assenza della madre, dalla rievocazione del
padre, dal dolore per la morte della sorella, dallo sbalzo che dall’arido
orizzonte garganico lo ha portato ad indossare un camice in Piemonte, senza però
dimenticare quelle lontane parole, ricercate con tenacia fino ad oggi anche in
tanti studi dialettologici. La formula magica che forse aprirà la porta del
mistero va recitata nel vernacolo di Mattinata, e Granatiero non dispera di
trovarla, prima o poi.