VIRGILIO SABEL, GIUSEPPE BERTO E GIOSE RIMANELLI
1958: IL VIAGGIO TELEVISIVO NEL SUD
Negli anni Cinquanta
inizia l’era televisiva in Italia e le novità non si fanno attendere. Alla fine
del 1957 l’emittente di Stato inizia a trasmettere le prime puntate (saranno in
tutto 12) del Viaggio nella valle del Po di Mario Soldati, un reportage
enogastronomico ben riuscito. Qualche mese dopo, invece, sale in primo piano il
Meridione d’Italia, grazie al Viaggio nel Sud, una serie di 10 puntate
che si può tranquillamente rivedere su RaiPlay. Per questa narrazione affidata
al piccolo schermo vengono scelti personaggi di valore, a partire dal regista,
Virgilio Sabel (1920-1989), un torinese sensibile al fascino del Sud, e dagli
autori dei testi, il veneto Giuseppe Berto (1914-1978) e il molisano Giose
Rimanelli. Il primo è ben noto ai cultori delle patrie lettere, mentre il
secondo, nato nel 1925 a Casacalenda ed emigrato più tardi negli Stati Uniti,
dove si è spento nel 2018, attende ancora una più equa considerazione. Quanto
alle voci, ci si affida ad Arnoldo Foà e a Pino Locchi.
Il risultato non tradisce le aspettative
, offrendo un prezioso documento visivo di un periodo cruciale, nel quale
l’Italia è impegnata nel lasciarsi alle spalle i momenti peggiori, alla ricerca
di un benessere sempre più condiviso. Il cammino da percorrere è ancora lungo,
ma programmi come Viaggio al Sud, con le sue puntate che durano poco meno
di mezz’ora, puntano ad offrire un incentivo a proseguire nell’impresa.
La serie consta di una puntata iniziale, che affronta proprio il tema
della questione meridionale, e di una conclusiva, in cui si riepilogano le
argomentazioni e i temi affrontati. In mezzo, ci sono 8 itinerari considerati
emblematici, da Manfredonia a Ragusa ed Augusta, da Metaponto a Carpinone. Le
tesi di fondo sono esplicite: il Meridione nel corso dei secoli ha accumulato un
grave ritardo che nel secondo dopoguerra è stato finalmente affrontato su basi
scientifiche ed economiche, così da completare la lunga fase storica del
Risorgimento. Di qui la scelta della riforma fondiaria e dei finanziamenti
affidati alla Cassa per il Mezzogiorno, che hanno dato un grande slancio al Sud.
Nel programma, insomma, si esprime un chiaro apprezzamento per gli sforzi
del governo democristiano, per un riformismo ‘bianco’ che vuole trasformare i
braccianti in piccoli proprietari, puntando a cambiare in meglio vecchie realtà
economiche. Di qui l’entusiasmo per le innovazioni che hanno rivitalizzato il
Tavoliere delle Puglie, come si nota nella seconda puntata, incentrata su
Manfredonia. La città, si afferma, negli ultimi anni ha conosciuto un aumento
del benessere, come confermano le immagini girate nel suo interno. C’è voglia di
vivere e possibilità di concedersi qualche piccolo lusso. Nell’agro, poi, si
sviluppano le aziende agricole. A Macchiarotonda, in agro di Manfredonia, c’è
lavoro per molte persone che possono programmare meglio la propria esistenza.
Anche in Basilicata, a Metaponto, si notano i segni del progresso e le case
coloniche si popolano di abitanti trasformati in proprietari che hanno vinto le
proprie diffidenze.
Ma Viaggio al Sud è un lavoro molto più articolato e fotografa ad
ampio spettro la realtà. La riforma fondiaria e gli strumenti messi a
disposizione dalla Cassa per il Mezzogiorno non sempre sono sufficienti, e
dunque c’è bisogno di completare l’opera dando prova di buona volontà. I
meridionali, si afferma, devono mettere a frutto quanto già realizzato dallo
Stato, puntando sullo sviluppo della terra e sulla creazione di industrie di
trasformazione dei prodotti agricoli. Lo sforzo non sarà semplice, visto che
esistono ancora vaste sacche di povertà, sulle quali si posa, nelle varie
puntate, l’obiettivo. Le donne non hanno ancora consapevolezza dei propri
diritti, si accontentano di poco, mentre le aree arretrate del Meridione
appaiono difficilmente redimibili senza delle industrie.
Inoltre, ad un secolo dall’Unità d’Italia, Nord e Sud sono ancora
distanti, e il simbolo di questa mancata integrazione, nella prima puntata,
diventa una donna di Legnago, in provincia di Verona, stabilitasi da qualche
tempo a Policoro, dove il marito lavora come tecnico. La donna afferma di non
avere rapporti con gli abitanti della zona, e dunque non sa nulla di loro, ma la
voce del narratore afferma esplicitamente che questo è un errore. Bisogna
abbattere i muri. Il Meridione, del resto, possiede zone belle come Manfredonia,
dove i settentrionali potrebbero proficuamente venire in villeggiatura.
Insomma, in Viaggio nel Sud l’appoggio alle politiche economiche
degli anni Cinquanta si intreccia con la netta consapevolezza delle difficoltà
esistenti. Il Sud è una terra bella, ma anche piena di problemi, e Sabel fissa
paesi dove regna la miseria, ma raccoglie anche segnali di speranza, parlando di
un mondo meridionale sfaccettato, che va conosciuto e sostenuto. Dieci puntate
in cui c’è ancora molto da imparare.
*****
Nel 1958 la televisione di Stato manda in onda un ciclo di 12 puntate,
intitolate Viaggio nel Sud. Il progetto, partito l’anno prima, si
realizza grazie alla collaborazione di importanti protagonisti del periodo, come
il regista Sabel e gli scrittori Berto e Rimanelli. L’obiettivo è ambizioso: far
conoscere meglio la situazione delle antiche terre borboniche, incoraggiando le
trasformazioni e le innovazioni degli anni Cinquanta. Ma lo sforzo di
rappresentare la realtà, di ascendenza neorealistica, porta anche ad esaminare
un Meridione in cui emergono molti problemi, dando un segno evidente delle
difficoltà di un’opera di avvicinamento tra Nord e Sud che doveva rimanere, a
tutt’oggi, lettera morta.